Dionisio Anzilotti


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Dionisio Anzilotti (Pescia, 20 febbraio 1867 – Uzzano, 23 agosto 1950) è stato un giurista e diplomatico italiano, grande studioso di diritto internazionale nel XX secolo.

Nato nel capoluogo della Valdinievole da Giuliano e Isolina Allegretti, compì gli studi universitari presso la facoltà di legge dell'Università di Pisa, dove si laureò il 7 luglio 1888 con una tesi in diritto privato internazionale. Iniziò la carriera come giudice alla Corte d'Appello di Firenze. Nella stessa città, dal 1892 al 1902, insegnò "Diritto civile e privato internazionale" al Regio Istituto di Scienze Sociali "Cesare Alfieri". Ottenuta la libera docenza in "Diritto internazionale" all'università statale, lasciò Firenze per le Università di Palermo prima (1902 – 1903), e di Bologna poi (1904 – 1911). Ottenne la nomina di professore ordinario nel 1906, e nel 1911 fu assegnato alla cattedra di "Diritto internazionale" dell'Università di Roma, dove rimase fino al suo ritiro nel 1937.

Nel 1906, assieme ad Arturo Ricci Busatti e Leone Adolfo Senigallia, fondò la "Rivista di Diritto Internazionale", che pubblicò e promosse attivamente per circa venti anni.

Fu membro del Consiglio del contenzioso diplomatico del Ministero degli Affari Esteri, fino alla sua riforma, e consigliere del ministro o membro di consigli temporanei in molte occasioni (casi "Carthage", "Manouba" e "Tavignano") nel 1912-13 presso la Corte permanente di arbitrato.

Nel 1919 fu consigliere legale e delegato tecnico del governo italiano alla Conferenza di pace di Parigi. Dal 1916 fu sottosegretario generale della Società delle Nazioni e in tale veste partecipò nel 1920 ai lavori preparatori dello statuto della Corte Permanente di Giustizia Internazionale. Il 14 settembre 1921, fu giudice presso tale Corte e ne tenne la presidenzara il 1928 e il 1930; nel 1930 fu rieletto per un secondo mandato di nove anni. Nel caso del Vapore Wimbledon passò alla storia della Corte come l'unico giudice ad aver votato contro un ricorso presentato dallo Stato che l'aveva designato come componente del collegio giurisdizionale.

Fu membro internazionale dell'Accademia dei Lincei nel campo delle scienze morali (dal 1926) e socio della Reale Accademia d'Italia dal 27 settembre 1929. Fu inoltre membro associato dell' Institut de droit international dal 1908, e ottenne la piena affiliazione nel 1921, mentre tra il 1932 e il 1934 fu il primo vicepresidente dello stesso "Istitute". Fece ancora parte di molte altre istituzioni culturali in Italia e all'estero, come l'Accademia dei Georgofili, l'Accademia delle Scienze di Bologna, l'Istituto americano di diritto internazionale, l' Académie de droit comparé, il Comitato consultivo per le conferenze di diritto privato internazionale e l'Accademia delle scienze di Utrecht. Scrisse la sua ultima fatica accademica nel 1932 con un lavoro sui limiti della giurisdizione italiana nei confronti delle compagnie straniere.

Al termine delle sue attività scientifiche e diplomatiche, Anzilotti si ritirò presso la Villa del Castellaccio, sulla collina di Uzzano, che aveva acquistato nel 1926, assieme ai circostanti, ubertosi vigneti dai conti Orsi-Bertolini. Qui, si dedicò alla produzione e commercializzazione del vino ("Bianco di Valdinievole"). Durante la Seconda guerra mondiale, egli aprì le porte della sua villa a molti rifugiati e alle brigate partigiane operanti nella zona.

Morì nell'estate del 1950. Riposa nella Cappella del cimitero di Uzzano Castello.

DBI

di Gian Paolo Nitti

Laureatosi in diritto internazionale privato presso l'università di Pisa, insegnò la medesima disciplina, dal 1892 al 19o2, nel R. Istituto di Scienze Sociali "Cesare Alfieri" di Firenze. Divenuto professore straordinario di diritto internazionale presso l'università di Palermo, vi rimase dal 1902 al 1903. Nominato all'università di Bologna, vi insegnò fino al 19o6. Chiamato a coprire la cattedra di diritto internazionale nell'università di Roma, la tenne dal 1911 fino a quando lasciò l'insegnamento nel 1937. Aveva intanto fondato, nel 19o6, assieme ad Arturo Ricci Busatti e a Leone Adolfo Senigallia la Rivista di diritto internazionale,di cui fu il direttore e il principale animatore per circa venti anni.

Membro del Consiglio del contenzioso diplomatico e consulente del governo in varie occasioni, fra l'altro per gli arbitrati per la questione del fermo dei piroscafi francesi "Carthage" e "Manouba" (1912-13), fece parte della delegazione italiana alla Conferenza della Pace del 1919. Nel 1920 fu nominato sottosegretario generale della Società delle Nazioni e in tale qualità ebbe una parte notevole nell'elaborazione dello statuto della Corte permanente di giustizia internazionale, della quale, il 14 sett. 1921, fu eletto giudice dall'Assemblea e dal Consiglio della Società delle Nazioni. La Corte lo ebbe suo presidente per il triennio 1928-3o. Nel 1930 fu rieletto giudice per il novennio 1931-40.

Già socio nazionale dell'Accademia dei Lincei, fu nominato accademico d'Italia il 22 sett. 1929. Membro dell'Institut de droit international, ne tenne la vice-presidenza dal 1932 al 1934. Fu, inoltre, socio corrispondente della Accademia dei Georgofili, accademico onorario in soprannumero dell'Accademia delle Scienze di Bologna e membro di numerose altre istituzioni culturali italiane e straniere.

La prima fase dell'attività scientifica dell'A. si svolse nell'ambito del diritto internazionale privato. Sostenne, in contrasto con la scuola dominante di P. S. Mancini, che le norme di diritto internazionale privato, lungi dal costituire un sistema del tutto indipendente dal riconoscimento concreto, sarebbero invece legate a tale riconoscimento, da parte degli stati, e che tutt'al più concorrerebbero a formare un ordine giuridico privato internazionale che, nonostante tutte le sue imperfezioni e lacune, si manifesterebbe con caratteristiche proprie. In seguito, fu portato a modificare profondamente questa sua primitiva concezione ed affermò, nel suo Corso di diritto internazionale privato (1925),rimasto incompiuto, che le norme di diritto internazionale privato finiscono con il costituire un semplice capitolo del diritto interno. Il loro duplice ufficio sarebbe quello di definire i presupposti di applicabilità di altre norme interne e di stabilire quali norme straniere potrebbero essere applicate invece di quelle interne. Il loro effetto caratteristico sarebbe pertanto quello di attribuire valore giuridico a norme che, pur essendo giuridiche in altri ordinamenti, non lo sarebbero nel nostro.

Anche nell'ambito del diritto internazionale pubblico le sue concezioni giuridiche furono informate, oltre che allo stesso bisogno di revisione dei problemi , alla sua particolare predilezione per il diritto internazionale privato. Fu così che delineò, in pagine rimaste definitive della sua Teoria generale della responsabilità dello Stato nel diritto internazionale (Firenze 19o2),la tesi della responsabilità dello Stato per fatti commessi da individui, sostenendo che il fatto contrario al diritto internazionale non sorge dall'azione dell'individuo, ma dal contegno dello Stato riguardo all'atto compiuto dal privato. Successivamente, in un'altra opera fondamentale, Il diritto internazionale nei giudizi interni (Bologna 19o5),accentuò ancora la tesi, detta dualista,della separazione del diritto internazionale dal diritto interno, svolgendola in tutta la sua portata e investigando il rapporto, che non era stato ancora approfondito, della posizione del giudice interno rispetto al diritto internazionale.

Agli importanti contributi sulle questioni fondamentali del diritto internazionale aggiunse numerose ricerche su questioni particolari di diritto internazionale di pace e di guerra, di diritto internazionale privato e di diritto processuale civile internazionale. La sua opera scientifica, il suo gusto per l'insegnamento e la sua grande esperienza in campo internazionale fecero di lui un maestro ascoltato e una guida preziosa. Il suo Corso di diritto internazionale (Roma 1912), fu, in realtà, un vero e proprio trattato in tre volumi, sul quale si formarono diverse generazioni. Oltre a numerose ristampe, il Corso ebbe tre edizioni, la migliore delle quali (Roma 1928), fu più volte tradotta e per l'ultima volta ristampata, con aggiunte e note tratte dagli appunti dell'autore, nel 1955.

Morì a Pescia il 23 ag. 1950.