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Adelaide Antici Leopardi (Recanati, 1778 – Recanati, 1857)
è stata la madre di Giacomo Leopardi.
Biografia
«Era una fanciulla di bellezza severa, da gli occhi di
zaffiro splendenti e intelligenti, benché velati da una
pensosa malinconia; dai corti capelli ricciuti d'un castano chiaro
tendente al biondo, da l'aspetto maestoso, che pareva accordarsi
perfettamente al carattere del vetusto palazzo di cui diveniva
signora; alta e con un portamento da regina, ella nelle graziose
acconciature e nelle succinte vesti, di cui la moda era venuta
allora da Parigi, nulla perdeva de l'austerità naturale; e
il viso, soprattutto gli occhi e la fronte, restavano severamente
assorti, come in un mesto pensiero, sotto i diffusi riccioli
ornati da un filo di perle, da un nastro di velluto e da un
capriccioso spennacchietto. Tale ci appare in una miniatura sopra
una tabacchiera di Monaldo; nessun sorriso, nessuna mollezza nelle
austere sembianze: non sembra una delle graziose, voluttuose donne
del secolo passato, ma un'antica matrona travestita».
Gli Antici costituivano una famiglia della nobiltà
recanatese e Monaldo Leopardi, altro giovane rampollo della
nobiltà di Recanati, che conobbe la diciannovenne Adelaide
il 15 giugno 1797, superò in pochi giorni la concorrenza
alla sua mano dei conti Castracane di Cagli e Borgogelli di Fano,
non però l'ostilità al fidanzamento opposta da sua
madre Virginia Mosca Leopardi, che agli Antici non perdonava la
lite giudiziaria in corso per la proprietà di alcune terre;
ma il consenso materno al matrimonio non era necessario e i due
giovani si sposarono il seguente 27 settembre e il formale assenso
alla nozze venne dalla madre Virginia dopo la cerimonia nuziale.
Dopo nove mesi, il 29 giugno 1798 nasceva Giacomo (1798-1837) e
l’anno dopo Carlo (1799-1878), e quello dopo ancora Paolina
(1800-1869). Nel 1803 Luigi Gradolone non sopravvisse che pochi
giorni, mentre Luigi Morione, nato nel 1804, morirà giovane
nel 1828; dopo un aborto, nel 1807 venne alla luce Francesco
Saverio, che si spegnerà infante due anni dopo, e nel 1808
Raimondo visse un giorno solo. Poi fu la volta di Pierfrancesco
(1813-1851), mentre i successivi Giuseppe e Ignazio ebbero il
destino di non diventare adulti.
Un tempo, la mortalità infantile era molto elevata, ma il
dolore per quelle perdite premature non doveva essere attenuato da
questa consapevolezza. Sembra tuttavia che il comportamento di
Adelaide Antici fosse, a questo proposito, molto singolare.
Giacomo ha scritto una nota nel suo Zibaldone, nella quale i
critici hanno visto un indiscutibile riferimento alla madre:
«Io ho conosciuto intimamente una madre di famiglia che non
era punto superstiziosa, ma saldissima ed esattissima nella
credenza cristiana, e negli esercizi della religione. Questa non
solamente non compiangeva quei genitori che perdevano i loro figli
bambini, ma gl'invidiava intimamente e sinceramente, perché
questi eran volati al paradiso senza pericoli, e avevan liberato i
genitori dall'incomodo di mantenerli. Trovandosi più volte
in pericolo di perdere i suoi figli nella stessa età, non
pregava Dio che li facesse morire, perché la religione non
lo permette, ma gioiva cordialmente; e vedendo piangere o
affliggersi il marito, si rannicchiava in se stessa, e provava un
vero e sensibile dispetto. Vedendo ne' malati qualche segno di
morte vicina, sentiva una gioia profonda (che si sforzava di
dissimulare solamente con quelli che la condannavano); e il giorno
della loro morte, se accadeva, era per lei un giorno allegro ed
ameno, né sapeva comprendere come il marito fosse sì
poco savio da attristarsene».
L'incapacità del capo famiglia Monaldo di gestire il
patrimonio della famiglia portarono nel 1803 a decretarne
l'interdizione fino al 10 febbraio 1820, con il conseguente
affidamento ad Adelaide delle responsabilità
dell'amministrazione dei beni di casa Leopardi. Così, tra
una gravidanza e l'altra, si prese cura degli affari, impose un
regime di economie che, senza degradare il decoro della famiglia,
permise di pagare i debiti contratti dal dissipatore Monaldo fino
a tornare in un trentennio a una condizione di ripristinato
benessere, ottenuto, come testimoniò il marito,
«senza avere nessuna eredità, senza trovare
ripostini, senza vincere al lotto, senza commerciare e senza
sottoporsi a rigorose privazioni, ma solo per la buona e moderata
economia di Adelaide mia moglie, la quale è stata il
restauro e la benedizione della nostra casa».
Se Adelaide Antici, per poter amministrare i beni familiari in
quelle stringenti circostanze, dovette imporre un rigoroso regime,
altrettanto rigore, in termini di affetti, impose a sé
stessa e ai figli: «mancò all'infanzia dei giovani
Leopardi, anime irrequiete e ardenti, la gioia ineffabile della
tenerezza visibile e delle carezze della madre. La contessa
Adelaide amava i suoi figli, ma da cristiana austera [...] essa
spinse all'estremo la riserbatezza che regnava nelle antiche
famiglie [...] tenendo per massima di non cedere a nessuna
dimostrazione di tenerezza. Essa stendeva la sua mano alle labbra
de' suoi figli, ma non se li strinse mai al seno».
Aveva un modo tutto suo di occuparsi dei figli, leggendo la loro
corrispondenza e osservando tutto quello che facevano: «lo
sguardo di nostra madre ci accompagnava sempre, era l'unica sua
carezza», ricorda il figlio Carlo, mentre la figlia Paolina
scrisse di sentirsi oppressa da una madre che «gira per
tutta la casa, si trova per tutto e a tutte le ore». Persona
religiosissima, impose anche «regole di austerità
assolutamente impraticabili», e la fede della sua religione
«era la fede rigida, tirannica e benché, con la
potenza della religione sincera, le desse forza e conforto nei
più dolorosi momenti della sua vita, diveniva non di rado
un tormento per lei e per chi le stava intorno».
Ma è ancora Giacomo a dare della madre il ritratto
più impietoso e drammatico: «Considerava la bellezza
come una vera disgrazia, e vedendo i suoi figli brutti o deformi,
ne ringraziava Dio, non per eroismo, ma di tutta voglia. Non
procurava in nessun modo di aiutarli a nascondere i loro difetti,
anzi pretendeva che in vista di essi, rinunziassero intieramente
alla vita nella loro prima gioventù; se resistevano, se
cercavano il contrario, se vi riuscivano in qualche minima parte,
n'era indispettita, scemava quanto poteva nell'opinione sua i loro
successi (tanto de' brutti quanto de' belli, perché n'ebbe
molti) e non lasciava passare, anzi cercava studiosamente
l'occasione di rinfacciar loro, e far loro ben conoscere i loro
difetti, e le conseguenze che ne dovevano aspettare, e persuaderli
della loro inevitabile miseria, con una veracità spietata e
feroce. Sentiva i cattivi successi de' suoi figli in questo o
simili particolari, con vera consolazione, e si tratteneva di
preferenza con loro sopra ciò che aveva sentito in loro
disfavore. Tutto questo per liberarli dai pericoli dell'anima, e
nello stesso modo si regolava in tutto quello che spetta
all'educazione de' figli, al produrli nel mondo, al collocarli
[...] questa donna aveva sortito dalla natura un carattere
sensibilissimo ed era stata così ridotta dalla sola
religione».
Adelaide pagò le spese di pubblicazione - 13,75 scudi -
avvenuta a Roma nel 1819, delle due canzoni di Giacomo All'Italia
e Sopra il monumento di Dante, vendendo alcuni gioielli.
Pochissime sono le lettere che madre e figlio si scambiarono
quando Giacomo lasciò Recanati, dal momento che ella gli
proibì - ma se ne ignora il motivo - di scriverle. Lo
sappiamo dalla lettera inviatale da Giacomo il 22 gennaio 1823:
«Cara Mamma. Io mi ricordo ch'Ella quasi mi proibì di
scriverle, ma intanto non vorrei che pian piano Ella si scordasse
di me. Per questo timore rompo la sua proibizione e le scrivo, ma
brevemente», e dalla risposta di Adelaide del 26 gennaio:
«Carissimo ed amatissimo Figlio. Ad onta del divieto mi
avete scritto due volte con tanta cordialità; ve ne sono
tenuta [...] Addio, Figlio d'oro, continuatemi il vostro affetto
sincero».
Giacomo fu ancora «costretto» a scrivere a lei e non
al padre, il 17 novembre 1832, per chiederle di corrispondergli un
assegno mensile di «12 francesconi», dal momento che
Monaldo non aveva titolo alla gestione economica della casa:
«Io non le scrivo mai, ed ora lo fo per disturbarla con una
preghiera. Ciò è molto dispiacevole per me, ma Ella
sa le cagioni del mio silenzio ordinario». L'assegno gli fu
garantito e Giacomo ringraziò l'11 dicembre 1832: con
questa lettera si chiuse la loro corrispondenza.
Adelaide Antici morì nel 1857, venti anni dopo Giacomo e
dieci dopo Monaldo. Le sopravvissero i figli Carlo - che nel 1829
si era sposato, allontanandosi da Recanati - e Paolina, «la
quale vivrà la morte della madre come una vera e propria
liberazione dalle catene che Adelaide aveva imposto soprattutto a
lei, l'unica donna della numerosa nidiata, sperimentando sulla
figlia la possibilità di mettere in pratica i suoi rigorosi
principi morali».