L'Azione Cattolica.



Q 20 §1

L'Azione Cattolica, nata specificatamente dopo il 1848, era molto diversa da quella attuale, riorganizzata da Pio XI. La posizione originaria dell'Azione Cattolica dopo il 1848 (e in parte anche nel periodo di incubazione che va dal 1789 al 1848, quando sorge e si sviluppa il fatto e il concetto di nazione e di patria che diventa l'elemento ordinatore – intellettualmente e moralmente – delle grandi masse popolari in concorrenza vittoriosa con la Chiesa e la religione cattolica) può essere caratterizzata estendendo alla religione cattolica l'osservazione che uno storico francese (verificare) ha fatto a proposito della monarchia «legittimista» e di Luigi XVIII: pare che Luigi XVIII non riuscisse a persuadersi che nella Francia dopo il 1815 la monarchia dovesse avere un partito politico specifico per sostenersi.

Tutti i ragionamenti fatti dagli storici cattolici (e le affermazioni apodittiche dei pontefici nelle Encicliche) per spiegare la nascita dell'Azione Cattolica e per riallacciare questa nuova formazione a movimenti e attività «sempre esistiti» da Cristo in poi, sono di una estrema fallacia. Dopo il 1848 in tutta l'Europa (in Italia la crisi assume la forma specifica e diretta dell'anticlericalismo e della lotta anche militare contro la Chiesa) la crisi storico-politico-intellettuale è superata con la netta vittoria del liberalismo (inteso come concezione del mondo oltre che come particolare corrente politica) sulla concezione cosmopolitica e «papalina» del cattolicismo. Prima del 1848 si formavano partiti piú o meno effimeri e insorgevano singole personalità contro il cattolicismo; dopo il 1848 il cattolicismo e la Chiesa «devono» avere un proprio partito per difendersi, e arretrare il meno possibile, non possono piú parlare (altro che ufficialmente, perché la Chiesa non confesserà mai l'irrevocabilità di tale stato di cose) come se sapessero di essere la premessa necessaria e universale di ogni modo di pensare e di operare. Molti oggi non riescono piú neanche a persuadersi che cosí potesse essere una volta. Per dare un'idea di questo fatto, si può offrire questo modello: oggi nessuno può pensare sul serio a fondare un'associazione contro il suicidio (è possibile che in qualche parte esista una qualche società del genere, ma si tratta di altra cosa), perché non esiste nessuna corrente d'opinione che cerchi persuadere gli uomini (e riesca sia pure parzialmente) che occorre suicidarsi in massa (sebbene siano esistiti singoli individui e anche piccoli gruppi che hanno sostenuto tali forme di nichilismo radicale, pare in Ispagna): la «vita» è la premessa necessaria di ogni manifestazione di vita, evidentemente. Il cattolicismo ha avuto una tale funzione e di ciò rimangono tracce abbondanti nel linguaggio e nei modi di pensare specialmente dei contadini: cristiano e uomo sono sinonimi, anzi sono sinonimi cristiano e «uomo incivilito». («Non sono cristiano!» – «E allora cosa sei, una bestia?») I coatti dicono ancora: «cristiani e coatti» (ad Ustica prime meraviglie quando all'arrivo del vaporetto si sentiva dire dai coatti: «sono tutti cristiani, non ci sono che cristiani, non c'è neanche un cristiano»). I carcerati invece dicono piú comunemente: «borghesi e detenuti», o scherzosamente: «soldati e borghesi», sebbene i meridionali dicano anche «cristiani e detenuti». Sarebbe cosí interessante studiare tutta la serie di passaggi storico-semantici per cui nel francese da «cristiano» si è ottenuto «crétin» (donde l'italiano «cretino») e addirittura «grédin»; il fenomeno deve essere simile a quello per cui «villano» da «uomo di campagna» ha finito per significare «screanzato» e addirittura «gaglioffo e mascalzone», cioè il nome «cristiano» impiegato dai contadini (pare dai contadini di alcune regioni alpine) per indicare se stessi come «uomini», si è, in alcuni casi di pronunzia locale, staccato dal significato religioso ed ha avuto la stessa sorte di «manant». Forse anche il russo «krestianin» = contadino ha la stessa origine, mentre «cristiano» in senso religioso, forma piú colta, ha mantenuto l'aspirazione X greco (in senso spregiativo si diceva «mugik»). A questa concezione è forse da legare anche il fatto che in alcuni paesi, dove gli ebrei non sono conosciuti si crede o si credeva che essi avessero la coda e le orecchie di porco o altro attributo animalesco.

L'esame storico critico del movimento d'Azione Cattolica può dar luogo, analiticamente, a diverse serie di ricerche e di studi.

I Congressi nazionali. Come sono preparati dalla stampa centrale e locale. Il materiale ufficiale preparatorio: relazioni ufficiali e d'opposizione.

L'Azione Cattolica è stata sempre un organismo complesso, anche prima della costituzione della Confederazione bianca del Lavoro e del Partito Popolare. La Confederazione del Lavoro era considerata organicamente una parte costitutiva dell'Azione Cattolica, il Partito Popolare invece no, ma lo era di fatto. Oltre che alle altre ragioni, la costituzione del Partito Popolare fu consigliata da ciò che si riteneva inevitabile nel dopo guerra una avanzata democratica, alla quale occorreva dare un organo e un freno, senza mettere in rischio la struttura autoritaria dell'Azione Cattolica che ufficialmente è diretta personalmente dal Papa e dai Vescovi: senza il Partito Popolare e le innovazioni in senso democratico portate nella Confederazione sindacale, la spinta popolaresca avrebbe sovvertito tutta la struttura dell'Azione Cattolica, mettendo in quistione l'autorità assoluta delle gerarchie ecclesiastiche. La stessa complessità si verificava e si verifica ancora nel campo internazionale; sebbene il Papa rappresenti un centro internazionale per eccellenza, di fatto esistono alcuni uffici che funzionano per coordinare e dirigere il movimento politico e sindacale cattolico in tutti i paesi, come l'Ufficio di Malines che ha compilato il Codice Sociale e l'Ufficio di Friburgo per l'azione sindacale (è da verificare la funzionalità di questi uffici dopo i mutamenti avvenuti nei paesi tedeschi oltre che in Italia nel campo dell'organizzazione politica e sindacale cattolica).

Svolgimento dei Congressi. Argomenti messi all'ordine del giorno e argomenti omessi per evitare conflitti radicali. L'ordine del giorno dovrebbe risultare dai problemi concreti che si sono imposti all'attenzione nello spazio tra un Congresso e l'altro e dalle prospettive avvenire, oltre che dai punti dottrinari intorno ai quali si formano le correnti generali d'opinione e si raggruppano le frazioni.

Su quale base e con quali criteri vengono scelte o rinnovate le direzioni? Sulla base di una tendenza dottrinaria generica, dando alla nuova Direzione una fiducia generica, oppure dopo che il Congresso ha fissato un indirizzo concreto e preciso di attività? La democrazia interna di un movimento (cioè il grado piú o meno grande di democrazia interna, cioè di partecipazione degli elementi di base alla decisione e alla fissazione della linea di attività) si può misurare e giudicare anche e forse specialmente a questa stregua.

Altro elemento importante è la composizione sociale dei Congressi, del gruppo degli oratori e della direzione eletta, in rapporto alla composizione sociale del movimento nel suo complesso.

Rapporto tra le generazioni adulte e quelle giovanili. I Congressi si occupano essi direttamente del movimento giovanile, che dovrebbe essere la fonte maggiore per il reclutamento e la migliore scuola per il movimento, o lascia ai giovani di pensare a se stessi?

Che influsso hanno (avevano) nei Congressi le organizzazioni subordinate e sussidiarie (o che tali dovrebbero essere), il gruppo parlamentare, gli organizzatori sindacali, ecc.? Ai deputati e ai capi sindacali viene fatta nei Congressi una posizione speciale, ufficialmente e organicamente o sia pure solo di fatto?

Oltre che nelle discussioni dei Congressi è necessario fissare lo svolgimento che hanno avuto nel tempo e nello spazio i problemi concreti piú importanti: la quistione sindacale, il rapporto tra il centro politico e i sindacati, la quistione agraria, le quistioni di organizzazione interna, in tutte le diverse interferenze. Ogni quistione presenta due aspetti: come è stata trattata teoricamente e tecnicamente e come è stata affrontata praticamente.

Altra quistione è quella della stampa, nei suoi diversi aspetti: quotidiana, periodica, opuscoli, libri, centralizzazione o autonomia della stampa ecc.

La frazione parlamentare: trattando di ogni determinata attività parlamentare, occorre tener presenti alcuni criteri di ricerca e di giudizio. Quando il deputato di un movimento popolaresco parla in Parlamento (e un senatore al Senato) ci possono essere tre o piú versioni del suo discorso: 1) la versione ufficiale degli Atti parlamentari, che di solito è riveduta e corretta e spesso edulcorata post festum; 2) la versione dei giornali ufficiali del movimento al quale il deputato appartiene ufficialmente: essa è combinata dal deputato d'accordo col corrispondente parlamentare, in modo da non urtare certe suscettibilità o della maggioranza ufficiale del partito o dei lettori locali e non creare ostacoli prematuri a determinate combinazioni in corso o desiderate; 3) la versione dei giornali di altri partiti o dei cosí detti organi della pubblica opinione (giornali a grande diffusione) che è fatta dal deputato d'accordo coi rispettivi corrispondenti parlamentari in modo da favorire determinate combinazioni in corso: tali giornali possono mutare da [un] periodo all'altro a seconda dei mutamenti avvenuti nelle rispettive direzioni politiche o nei governi. Lo stesso criterio può essere esteso al campo sindacale, a proposito dell'interpretazione da dare a determinati eventi o anche all'indirizzo generale della data organizzazione sindacale. Per esempio: la «Stampa», il «Resto del Carlino», il «Tempo» (di Naldi) hanno servito, in certi anni, da casse di risonanza e da strumenti di combinazioni politiche tanto ai cattolici come ai socialisti. Un discorso parlamentare (o uno sciopero, o una dichiarazione di un capo sindacale) socialista o popolare, era presentato sotto una certa luce da questi giornali per il loro pubblico, mentre era presentato sotto altra luce dagli organi cattolici o socialisti. I giornali popolari e socialisti tacevano addirittura al loro pubblico certe affermazioni di rispettivi deputati che tendevano a rendere possibile una combinazione parlamentare-governativa delle due tendenze, ecc. ecc. È indispensabile anche tener conto delle interviste date dai deputati ad altri giornali e degli articoli pubblicati in altri giornali. L'omogeneità dottrinale e politica di un partito può anche essere saggiata con questo criterio: quali indirizzi sono favoriti dai soci di questo partito nella loro collaborazione ai giornali di altra tendenza o cosí detti di opinione pubblica: talvolta i dissensi interni si manifestano solo cosí, i dissidenti scrivono, in altri giornali, articoli firmati o non firmati, danno interviste, suggeriscono motivi polemici, si fanno provocare per essere «costretti» a rispondere, non smentiscono certe opinioni loro attribuite ecc.



Q 20 §2

L'Azione Cattolica e i terziari francescani. Può farsi un paragone qualsiasi tra l'Azione Cattolica e le istituzioni come i terziari francescani? Certo no, quantunque sia bene accennare introduttivamente non solo ai terziari, ma anche al fenomeno piú generale dell'apparire nello sviluppo storico della Chiesa degli ordini religiosi, per meglio definire i caratteri e i limiti della stessa Azione Cattolica. La creazione dei terziari è un fatto molto interessante di origine e tendenza democratico-popolare, che illumina meglio il carattere del francescanesimo come ritorno tendenziale ai modi di vita e di credenza del cristianesimo primitivo, comunità di fedeli e non del solo clero come esso era venuto sempre piú diventando. Sarebbe perciò utile studiare bene la fortuna di questa iniziativa, che non è stata molto grande, perché il francescanesimo non divenne tutta la religione, come era nell'intenzione di Francesco, ma si ridusse a uno dei tanti ordini religiosi esistenti. L'Azione Cattolica segna l'inizio di una epoca nuova nella storia della religione cattolica: quando essa da concezione totalitaria (nel duplice senso: che era una totale concezione del mondo di una società nel suo totale), diventa parziale (anche nel duplice senso) e deve avere un proprio partito. I diversi ordini religiosi rappresentano la reazione della Chiesa (comunità dei fedeli o comunità del clero), dall'alto o dal basso, contro le disgregazioni parziali della concezione del mondo (eresie, scismi ecc. e anche degenerazione delle gerarchie); l'Azione Cattolica rappresenta la reazione contro l'apostasia di intere masse, imponente, cioè contro il superamento di massa della concezione religiosa del mondo. Non è piú la Chiesa che fissa il terreno e i mezzi della lotta; essa invece deve accettare il terreno impostole dagli avversari o dall'indifferenza e servirsi di armi prese a prestito dall'arsenale dei suoi avversari (l'organizzazione politica di massa). La Chiesa, cioè, è sulla difensiva, ha perduto l'autonomia dei movimenti e delle iniziative, non è piú una forza ideologica mondiale, ma solo una forza subalterna.



Q 20 §3

Sulla povertà, il cattolicismo e la gerarchia ecclesiastica. In un libretto su Ouvriers et Patrons (memoria premiata nel 1906 dall'Accademia di Scienze morali e politiche di Parigi) è riferita la risposta data da un operaio cattolico francese all'autore dell'obbiezione mossagli che, secondo le parole di Gesú riportate da un Evangelo, ci devono essere sempre ricchi e poveri: «ebbene, lasceremo almeno due poveri perché Gesú non abbia ad aver torto». La risposta è epigrammatica, ma degna dell'obbiezione. Da quando la quistione ha assunto un'importanza storica per la Chiesa, cioè da quando la Chiesa ha dovuto porsi il problema di arginare la cosí detta «apostasia» delle masse, creando un sindacalismo cattolico (operaio, perché agli imprenditori non è stato mai imposto di dare un carattere confessionale alle loro organizzazioni sindacali), le opinioni piú diffuse sulla quistione della «povertà» che risultano dalle encicliche e da altri documenti autorizzati, possono riassumersi in questi punti: 1) La proprietà privata, specialmente quella fondiaria, è un «diritto naturale» che non si può violare neanche con forti imposte (da questo principio sono derivati i programmi politici delle tendenze democratico-cristiane per la distribuzione delle terre con indennità, ai contadini poveri, e le loro dottrine finanziarie); 2) I poveri devono contentarsi della loro sorte, poiché le distinzioni di classe e la distribuzione della ricchezza sono disposizioni di dio e sarebbe empio cercare di eliminarle; 3) L'elemosina è un dovere cristiano e implica l'esistenza della povertà; 4) La quistione sociale è anzitutto morale e religiosa, non economica e dev'essere risolta con la carità cristiana e con i dettami della moralità e il giudizio della religione. (È da cfr. il Codice Sociale di Malines, nelle successive elaborazioni).



Q 5 §133

I «Ritiri operai». Confrontare la «Civiltà Cattolica» del 20 luglio 1929: «Come il popolo torna a Dio». L'opera dei «Ritiri operai».

I «Ritiri» o «Esercizi Spirituali chiusi» sono stati fondati da S. Ignazio di Loyola (la cui opera piú diffusa sono gli Esercizi spirituali, editi nel '29 da G. Papini); ne sono una derivazione i «Ritiri Operai» iniziati nel 1882 nel Nord della Francia. L'Opera dei Ritiri Operai iniziò la sua attività in Italia nel 1907, col primo ritiro per operai tenuto a Chieri (cfr. «Civiltà Cattolica», 1908, vol. IV, p. 61: I «Ritiri Operai» in Italia). Nel 1929 è uscito il volume: Come il popolo ritorna a Dio, 1909-1929. L'Opera dei Ritiri e le Leghe di Perseveranza in Roma in 20 anni di vita; vol. in 8°, con illustrazioni, 136 pp., L. 10,00. (Si vende a beneficio dell'Opera, alla «Direzione dei Ritiri Operai»; Roma, Via degli Astalli, 16-17). Dal libro appare che dal 1909 al '29 l'Opera ha raccolto nelle Leghe di Perseveranza di Roma e del Lazio piú di 20.000 operai, molti dei quali erano convertiti di recente. Negli anni 1928-29 si ottenne nel Lazio e nelle province vicine un esito superiore a quello dato da Roma nei precedenti 18 anni.

Sono stati praticati finora 115 Ritiri chiusi con la partecipazione di circa 2.200 operai, in Roma. «In ogni ritiro, scrive la «Civiltà Cattolica», vi è sempre un nucleo di buoni operai che serve di lievito e di esempio, gli altri sono raccolti in vario modo tra gente del popolo o fredda o indifferente e anche ostile, i quali si inducono, parte per curiosità, parte per condiscendere all'invito di amici, e non di rado anche per la comodità di tre giorni di riposo e di buon trattamento gratuito».

Nell'articolo si dànno altri particolari su vari comuni del Lazio: la Lega di Perseveranza di Roma ha 8.000 inscritti con 34 centri; nel Lazio sono 25 sezioni della Lega con 12.000 inscritti. (Comunione mensile, mentre la Chiesa si accontenta di una comunione all'anno). L'Opera è diretta dai Gesuiti. (Si potrebbe fare un paragrafo della rubrica «Passato e Presente»).

Le Leghe di Perseveranza tendono a mantenere i risultati ottenuti nei ritiri e ad ampliarli nella massa. Esse creano una «opinione pubblica» attiva in favore della pratica religiosa, capovolgendo la situazione precedente, in cui l'opinione pubblica era negativa, o per lo meno passiva, o scettica e indifferente.



Q 6 §183

Per la preistoria dell'Azione Cattolica cfr. nella «Civiltà Cattolica» del 2 agosto 1930 l'articolo: Cesare D'Azeglio e gli albori della stampa cattolica in Italia. Per «stampa cattolica» si intende «stampa dei cattolici militanti» fra il laicato, all'infuori della «stampa» cattolica in senso stretto ossia espressione dell'organizzazione ecclesiastica.

Nel «Corriere d'Italia» dell'8 luglio 1926 è apparsa una lettera di Filippo Crispolti che dev'essere molto interessante, nel senso che il Crispolti «faceva osservare che chi volesse ricercare i primi impulsi di quel movimento donde uscí anche in Italia la schiera dei "cattolici militanti" cioè l'innovazione che nel campo nostro ne produsse ogni altra, dovrebbe prendere le mosse da quelle singolari società piemontesi, dette "Amicizie", che furono fondate o animate dall'abate Pio Brunone Lanteri». Il Crispolti cioè riconosce che l'Azione Cattolica è una innovazione e non già, come sempre dicono le encicliche papali, una attività sempre esistita dagli Apostoli in poi. Essa è una attività strettamente legata, come reazione, all'illuminismo francese, al liberalismo, ecc. e all'attività degli Stati moderni per la separazione dalla Chiesa, cioè alla riforma intellettuale e morale laicistica ben piú radicale (per le classi dirigenti) della Riforma protestante; attività cattolica che si configura specialmente dopo il '48, cioè con la fine della Restaurazione e della Santa Alleanza.

Il movimento per la stampa cattolica, di cui parla la «Civiltà Cattolica», legato al nome di Cesare D'Azeglio è interessante anche per l'atteggiamento del Manzoni al riguardo: si può dire che il Manzoni comprese il carattere reazionario dell'iniziativa del D'Azeglio e si rifiutò elegantemente di collaborarvi, eludendo le aspettazioni del D'Azeglio con l'invio della famosa lettera sul Romanticismo, che, scrive la «Civiltà Cattolica», «dato il motivo che la provocò, può considerarsi come una dichiarazione di principii. Evidentemente il vessillo letterario non era che lo schermo di altre idee, di altri sentimenti, che li divideva», e cioè il diverso atteggiamento nel problema della difesa della religione.

L'articolo della «Civiltà Cattolica» è essenziale per lo studio della preparazione dell'Azione Cattolica.



Q 6 §188

Sulle origini dell'Azione Cattolica cfr. l'articolo La fortuna del La Mennais e le prime manifestazioni d'Azione Cattolica in Italia(«Civiltà Cattolica» del 4 ottobre 1930: è la prima parte dell'articolo; la continuazione appare molto piú tardi, come sarà notato), che si riallaccia al precedente articolo su Cesare D'Azeglio ecc. La «Civiltà Cattolica» parla di «quell'ampio moto d'azione e di idee che si manifestò, in Italia come negli altri paesi cattolici di Europa, durante il periodo corso tra la prima e la seconda rivoluzione (1821-1831), quando furono seminati alcuni di quei germi (se buoni o malvagi non diremo), che dovevano poi dare i loro frutti in tempi piú maturi». Ciò significa che il primo moto di Azione Cattolica sorse per l'impossibilità della Restaurazione di essere realmente tale, cioè di ricondurre le cose nei quadri dell'Ancien Régime. Come il legittimismo cosí anche il cattolicismo, da posizioni integrali e totalitarie nel campo della cultura e della politica, diventano partiti in contrapposto di altri partiti e, di piú, partiti in posizione di difesa e di conservazione, quindi costretti a fare molte concessioni agli avversari per meglio sostenersi. Del resto questo è il significato di tutta la Restaurazione come fenomeno complessivo europeo e in ciò consiste il suo carattere fondamentalmente «liberale». L'articolo della «Civiltà Cattolica» pone un problema essenziale: se il Lamennais è all'origine dell'Azione Cattolica, questa origine non contiene il germe del posteriore cattolicismo liberale, il germe che, sviluppandosi in seguito, darà il Lamennais seconda maniera? È da notare che tutte le innovazioni nel seno della Chiesa quando non sono dovute a iniziativa del centro, hanno in sé qualcosa di ereticale e finiscono con assumere esplicitamente questo carattere finché il centro reagisce energicamente, scompigliando le forze innovatrici, riassorbendo i tentennanti ed escludendo i refrattari. È notevole che la Chiesa non ha mai avuto molto sviluppato il senso dell'autocritica come funzione centrale; ciò nonostante la tanto vantata sua adesione alle grandi masse dei fedeli. Perciò le innovazioni sono sempre state imposte e non proposte e accolte solo obtorto collo. Lo sviluppo storico della Chiesa è avvenuto per frazionamento (le diverse compagnie religiose sono in realtà frazioni assorbite e disciplinate come «ordini religiosi»). Altro fatto della Restaurazione: i governi fanno concessioni alle correnti liberali a spese della Chiesa e dei suoi privilegi e questo è un elemento che crea la necessità di un partito della Chiesa ossia dell'Azione Cattolica.

Lo studio delle origini dell'Azione Cattolica porta cosí a uno studio del Lamennaisismo e della sua diversa fortuna e diffusione.

Cfr. in altro quaderno l'annotazione di due studi pubblicati nella «Civiltà Cattolica» dell'agosto 1930 su Cesare D'Azeglio e gli albori della stampa cattolica in Italia e La fortuna del La Mennais e le prime manifestazioni di Azione Cattolica in Italia. Questi studi si riferiscono specialmente alla fioritura di periodici cattolici in varie città italiane durante la Restaurazione, che tendevano a combattere le idee dell'Enciclopedia e della Rivoluzione Francese che tuttavia perduravano, ecc. In questo movimento intellettuale-politico si riassume l'inizio del neoguelfismo italiano, che non può quindi staccarsi dalla Società dei Sanfedisti (pars magna di queste riviste fu il principe di Canosa, che abitava a Modena, dove era pubblicata una delle piú importanti riviste del gruppo). Nel cattolicismo italiano erano due tendenze principali: 1) quella nettamente austriacante, che vedeva la salvezza del Papato e della religione nel gendarme imperiale a guardia dello statu quo politico italiano; 2) quella Sanfedista in senso stretto che sosteneva la supremazia politico-religiosa del Papa prima di tutto in Italia e quindi era avversaria subdola dell'egemonia austriaca in Italia e favorevole a un certo movimento di indipendenza nazionale (se in questo caso si può parlare di nazionale). È a questo movimento che si riferisce la «Civiltà Cattolica» quando polemizza coi liberali del Risorgimento e sostiene il «patriottismo e unitarismo» dei cattolici d'allora: ma quale fu l'atteggiamento dei gesuiti? Pare che essi fossero piuttosto austriacanti che sanfedisti «indipendentisti».

Si può dire perciò che questo periodo preparatorio dell'Azione Cattolica abbia avuto la sua massima espressione nel neoguelfismo, cioè in un movimento di totalitario ritorno alla posizione politica della Chiesa nel Medio Evo, alla supremazia papale, ecc. La catastrofe del neoguelfismo nel '48 riduce l'Azione Cattolica a quella che sarà ormai la sua funzione nel mondo moderno: funzione difensiva essenzialmente, nonostante le profezie apocalittiche dei cattolici sulla catastrofe del liberalismo e sul ritorno trionfale del dominio della Chiesa sulle macerie dello Stato liberale e del suo antagonista storico, il socialismo (quindi astensionismo clericale e creazione dell'esercito di riserva cattolico).

In questo periodo della restaurazione il cattolicismo militante si atteggia diversamente secondo gli Stati: la posizione piú interessante è quella dei sanfedisti piemontesi (De Maistre, ecc.) che sostengono l'egemonia piemontese e la funzione italiana della monarchia e della dinastia dei Savoia.



Q 3 §25

La funzione dei cattolici in Italia (Azione Cattolica). Nella «Nuova Antologia» del 1° novembre 1927, G. Suardi pubblica una nota Quando e come i cattolici poterono partecipare alle elezioni politiche, molto interessante e da ricordare come documento dell'attività e della funzione dell'Azione Cattolica in Italia. Alla fine del settembre 1904, dopo lo sciopero generale, il Suardi fu chiamato telegraficamente a Milano da Tommaso Tittoni, ministro degli Esteri nel Ministero Giolitti (il Tittoni si trovava nella sua villa di Desio al momento dello sciopero e pareva che egli, dato il pericolo che Milano fosse per essere isolata dalla mancanza di comunicazioni, dovesse assumere speciali e personali responsabilità; questo accenno del Suardi mi pare significhi che i reazionari locali avessero già pensato a qualche iniziativa d'accordo con Tittoni). Il Tittoni gli comunicò che il Consiglio dei Ministri aveva deciso di indire subito le elezioni e che bisognava unire tutte le forze liberali e conservatrici nello sforzo per contrastare il passo ai partiti estremi. Il Suardi, esponente liberale di Bergamo, era riuscito in questa città ad accordarsi coi cattolici per le amministrazioni locali: bisognerebbe ottenere lo stesso risultato per le elezioni politiche, persuadendo i cattolici che il non expedit nulla serve al loro partito, nuoce alla religione ed è di grave danno alla patria, lasciando libero il passo al socialismo. Il Suardi accettò l'incarico. A Bergamo ne parlò con l'avvocato Paolo Bonomi e riuscí a convincerlo di andare a Roma, presentarsi al Papa e aggiungere alle insistenze del Bonomelli e di altri autorevoli personaggi perché fosse tolto il non expedit anche quelle dei cattolici bergamaschi. Pio X prima rifiutò di togliere il non expedit, ma terrorizzato dal Bonomi che gli fece un quadro catastrofico delle conseguenze che avrebbe avuto a Bergamo la rottura tra cattolici e gruppo Suardi «con lenta e grave parola, esclamò: "Fate, fate quello che vi detta la vostra coscienza". (Bonomi): "Abbiamo ben compreso, Santità? Possiamo interpretare che è un sí?" (Papa): "Fate quello che vi detta la vostra coscienza. Ripeto"». (Subito dopo) il Suardi ebbe un colloquio col cardinale Agliardi (di tendenze liberali) che lo mise al corrente di quanto era avvenuto in Vaticano dopo l'udienza data dal Papa al Bonomi. (L'Agliardi [era] d'accordo col Bonomelli perché fosse tolto il non expedit). Il giorno dopo questa udienza un giornale ufficioso del Vaticano aveva pubblicato un articolo che smentiva le voci diffuse intorno all'udienza e a novità circa il non expedit decisamente affermando che in tale argomento nulla era mutato. L'Agliardi chiese subito udienza e alle sue domande il papa ripeté la sua formula: «Ho detto (ai bergamaschi) che facessero quello che dettava la loro coscienza». L'Agliardi fece pubblicare un articolo in un giornale romano, dove si affermava che del pensiero del papa per le prossime elezioni politiche erano depositari l'avvocato Bonomi e il professor Rezzara e che a questi dovevano rivolgersi le organizzazioni cattoliche. Cosí si presentarono candidature cattoliche (Cornaggia a Milano, Cameroni a Treviglio ecc.) e a Bergamo apparvero a sostegno di candidature politiche manifesti di cittadini fino allora astensionisti.

Per il Suardi questo avvenimento segna la fine del non expedit e rappresenta la raggiunta unità morale dell'Italia, ma egli esagera alquanto, sebbene il fatto sia importante per sé.

Gianforte Suardi nella «Nuova Antologia» del 1° maggio 1929 (Costantino Nigra e il XX settembre 1870) aggiunge un particolare alla sua narrazione del 1° novembre 1927 sulla partecipazione dei cattolici alle elezioni del 1904 col consenso di Pio X, particolare che aveva omesso per riserbo prima della Conciliazione. Pio X, salutando i bergamaschi (Paolo Bonomi ecc.), avrebbe aggiunto: «Ripetete a Rezzara – (che non aveva preso parte all'udienza e che, come è noto, era uno dei piú autorevoli capi dell'organizzazione cattolica) – qual è la risposta che vi ho dato e ditegli che il Papa tacerà». Il sottolineato è appunto il particolare prima omesso. Una bellissima cosa, come si vede, e di altissima portata morale.



Q14 §55

 Don Ernesto Vercesi ha iniziato la pubblicazione di un'opera, I papi del secolo XIX di cui è uscito il primo volume su Pio VII (pp. 340, Torino, Società Editrice Internazionale, L. 12). Per uno studio dell'Azione Cattolica è necessario studiare la storia generale del Papato e della sua influenza nella vita politica e culturale nel secolo XIX (forse addirittura dal tempo delle monarchie illuminate, del giuseppinismo, ecc. che è la «prefazione» alla limitazione della Chiesa nella società civile e politica). Il libro del Vercesi è anche scritto contro il Croce e la sua Storia d'Europa. Il succo del libro del Vercesi pare sia riassunto in queste parole: «Il secolo XIX attaccò il cristianesimo nei suoi aspetti piú diversi, sul terreno politico, religioso, sociale, culturale, storico, filosofico, ecc. Il risultato definitivo fu che al tramonto del secolo XIX il cristianesimo in genere, il cattolicismo romano in ispecie, era piú forte, piú robusto che all'alba dello stesso secolo. È questo un fatto che non può essere contestato dagli storici imparziali». Che possa essere «contestato» risulta anche solo da questo fatto: che il cattolicismo è diventato un partito fra gli altri, è passato dal godimento incontestato di certi diritti, alla difesa di essi e alla rivendicazione di essi in quanto perduti. Che sotto certi aspetti la Chiesa abbia rinforzato certe sue organizzazioni è certo incontestabile, che sia piú concentrata, che abbia stretto le file, che abbia fissato meglio certi principii e certe direttive, ma questo significa appunto un suo minore influsso nella società e quindi la necessità della lotta e di una piú strenua milizia. È anche vero che molti Stati non lottano piú con la Chiesa, ma perché vogliono servirsene e vogliono subordinarla ai propri fini. Si potrebbe fare un elenco di attività specifiche in cui la Chiesa conta molto poco e si è rifugiata in posizioni secondarie; per alcuni aspetti, cioè dal punto di vista della credenza religiosa, è poi vero che il cattolicismo si è ridotto in gran parte a una superstizione di contadini, di ammalati, di vecchi e di donne. Nella filosofia cosa conta oggi la chiesa? In quale Stato il tomismo è filosofia prevalente tra gli intellettuali? E socialmente, dove la chiesa dirige e padroneggia con la sua autorità le attività sociali? Appunto l'impulso sempre maggiore dato all'Azione Cattolica dimostra che la Chiesa perde terreno, sebbene avvenga che ritirandosi si concentri e opponga maggiore resistenza e «sembri» piú forte (relativamente).



Q 5 §7

Sul «pensiero sociale» dei cattolici mi pare si possa fare questa osservazione critica preliminare: che non si tratta di un programma politico obbligatorio per tutti i cattolici, al cui raggiungimento sono rivolte le forze organizzate che i cattolici posseggono, ma si tratta puramente e semplicemente di un «complesso di argomentazioni polemiche» positive e negative senza concretezza politica. Ciò sia detto senza entrare nelle quistioni di merito, cioè nell'esame del valore intrinseco delle misure di carattere economico-sociale che i cattolici pongono alla base di tali argomentazioni.

In realtà la Chiesa non vuole compromettersi nella vita pratica economica e non si impegna a fondo, né per attuare i principi sociali che afferma e che non sono attuati, né per difendere, mantenere o restaurare quelle situazioni in cui una parte di quei principi era già attuata e che sono state distrutte. Per comprendere bene la posizione della Chiesa nella società moderna, occorre comprendere che essa è disposta a lottare solo per difendere le sue particolari libertà corporative (di Chiesa come Chiesa, organizzazione ecclesiastica), cioè i privilegi che proclama legati alla propria essenza divina: per questa difesa la Chiesa non esclude nessun mezzo, né l'insurrezione armata, né l'attentato individuale, né l'appello all'invasione straniera. Tutto il resto è trascurabile relativamente, a meno che non sia legato alle condizioni esistenziali proprie. Per «dispotismo» la Chiesa intende l'intervento dell'autorità statale laica nel limitare o sopprimere i suoi privilegi, non molto di piú: essa riconosce qualsiasi potestà di fatto, e purché non tocchi i suoi privilegi, la legittima; se poi accresce i privilegi, la esalta e la proclama provvidenziale.

Date queste premesse, il «pensiero sociale» cattolico ha un puro valore accademico: occorre studiarlo e analizzarlo in quanto elemento ideologico oppiaceo, tendente a mantenere determinati stati d'animo di aspettazione passiva di tipo religioso, ma non come elemento di vita politica e storica direttamente attivo. Esso è certamente un elemento politico e storico, ma di un carattere assolutamente particolare: è un elemento di riserva, non di prima linea, e perciò può essere in ogni momento «dimenticato» praticamente e «taciuto», pur senza rinunziarvi completamente, perché potrebbe ripresentarsi l'occasione in cui sarà ripresentato. I cattolici sono molto furbi, ma mi pare che in questo caso siano troppo furbi.

Sul «pensiero sociale» cattolico è da tener presente il libro del padre gesuita Albert Muller, professore alla scuola superiore commerciale di S. Ignazio in Anversa –Notes d'économie politique, Première Série, «Éditions Spes», Parigi, 1927, pp. 428, Fr. 8 – di cui vedi la recensione nella «Civiltà Cattolica» del 1° settembre 1928,Pensiero e attività sociali (di A. Brucculeri); il Muller mi pare esponga il punto di vista piú radicale cui possono giungere i gesuiti in questa materia (salario famigliare, compartecipazione, controllo, cogestione, ecc.).



Q 5 §18

Un articolo da ricordare, per comprendere l'atteggiamento della Chiesa dinanzi ai diversi regimi politico-statali, è Autorità e «opportunismo politico» nella «Civiltà Cattolica» del 1° dicembre 1928. Potrebbe dare qualche spunto per la rubrica passato e presente. Sarà da confrontare con i punti corrispondenti del Codice Sociale.

La quistione si pose al tempo di Leone XIII e del ralliement di una parte dei cattolici alla repubblica francese e fu risolta dal papa con questi punti essenziali: 1) accettazione, ossia riconoscimento del potere costituito; 2) rispetto ad esso prestato come a rappresentanza di un'autorità venuta da Dio; 3) obbedienza a tutte le leggi giuste da tale autorità promulgate, ma resistenza alle leggi ingiuste con lo sforzo concorde di emendare la legislazione e cristianeggiare la società.

Per la «Civiltà Cattolica» questo non sarebbe «opportunismo», ma tale sarebbe solo l'atteggiamento servile ed esaltatorio in blocco di autorità che sono tali di fatto e non di diritto (l'espressione «diritto» ha un valore particolare per i cattolici).

I cattolici devono distinguere tra «funzione dell'autorità» che è diritto inalienabile della società, che non può vivere senza un ordine, e «persona» che esercita tale funzione e che può essere un tiranno, un despota, un usurpatore, ecc. I cattolici si sottomettono alla «funzione» non alla persona. Ma Napoleone III fu chiamato uomo provvidenziale dopo il colpo di stato del 2 dicembre, ciò che significa che il vocabolario politico dei cattolici è diverso da quello comune.



Q 17 §26

Nell'autunno del 1892 fu tenuto a Genova un Congresso cattolico italiano degli studiosi di scienze sociali; vi fu osservato che «il bisogno del momento presente, non certo unico bisogno, ma urgente quanto ogni altro, è la rivendicazione scientifica dell'idea cristiana. La scienza non può dare la fede, ma può imporre agli avversari il rispetto, e può condurre le intelligenze a riconoscere della fede la necessità sociale e l'individuale dovere (!)». Nel 1893, per impulso di tale Congresso, patrocinato da Leone XIII (l'enciclica Rerum Novarum è del 1891), fu fondata la «Rivista internazionale di scienze sociali e discipline ausiliarie», che ancora si pubblica. Nel fascicolo del gennaio 1903 della rivista si riassume l'attività del decennio.

L'attività di questa rivista, che non è mai stata molto «chiassosa», è tuttavia da studiare anche in confronto a quella della «Critica Sociale» di cui doveva essere il controaltare ecc.



Q 2 §131

Il conflitto di Lilla. Nella «Civiltà Cattolica» del 7 settembre 1929 è pubblicato il testo integrale del giudizio pronunziato dalla Sacra Congregazione del Concilio sul conflitto tra industriali e operai cattolici della regione Roubaix-Tourcoing. Il lodo è contenuto in una lettera in data 5 giugno 1929 del cardinale Sbarretti, Prefetto della Congregazione del Concilio, a mons. Achille Liénart, vescovo di Lilla.

Il documento è importante, perché in parte integra il Codice Sociale e in parte ne amplia il quadro, come per esempio là dove riconosce agli operai e ai sindacati cattolici il diritto di formare un fronte unico anche con gli operai e i sindacati socialisti nelle quistioni economiche. Bisogna tener conto che se il Codice Sociale è un testo cattolico, è però privato o soltanto ufficioso, e in tutto o in parte potrebbe essere sconfessato dal Vaticano. Questo documento invece è ufficiale.

Questo documento è certamente legato al lavorío del Vaticano in Francia per creare una democrazia politica cattolica e l'ammissione del «fronte unico», anche se passibile di interpretazioni cavillose e restrittive, è una «sfida» all'Action française e un segno di détente coi radicali socialisti e la C.G.T.

Nello stesso fascicolo della «Civiltà Cattolica» è un diffuso e interessante articolo di commento al lodo vaticano. Questo lodo è costituito di due parti organiche: nella prima, composta di 7 brevi tesi accompagnate ognuna di ampie citazioni tolte da documenti pontifici, specialmente di Leone XIII, si dà un riassunto chiaro della dottrina sindacale cattolica; nella seconda si tratta del conflitto specifico in esame, cioè le tesi sono applicate e interpretate nei fatti reali.



Q 7 §78

A proposito dei provvedimenti presi nel 1931 contro l'Azione Cattolica italiana è interessante l'articolo Una grave questione di educazione cristiana: A proposito del Primo Congresso Internazionale dell'Insegnamento medio libero di Bruxelles (28-31 luglio 1930), pubblicato nella «Civiltà Cattolica» del 20 settembre 1930.

Il Codice Sociale di Malines, come è noto, non esclude la possibilità dell'insurrezione armata da parte dei cattolici: naturalmente restringe i casi di questa possibilità, ma lascia nel vago e nell'incerto le condizioni positive per la possibilità stessa, che però si capisce riguardare certi casi estremi di soppressione e limitazione dei privilegi ecclesiastici e vaticani. In questo articolo della «Civiltà Cattolica», proprio nella prima pagina e senza altra osservazione, si riproduce un brano del libro: Ch. Terlinden, Guillaume I, roi des Pays bas, et l'Église Catholique en Belgique (1814-1830), Bruxelles, Dewit, 1906, Tom. 2, p. 545: «Se Guglielmo I non avesse violate le libertà e i diritti dei cattolici, questi, fedeli ad una religione che comanda il rispetto all'autorità, non avrebbero mai pensato a sollevarsi, né ad unirsi coi liberali loro irreconciliabili nemici. Né i liberali, pochi allora e con debole influenza sul popolo, avrebbero potuto da soli scuotere il giogo straniero. Senza il concorso dei cattolici, la rivoluzione belga sarebbe stata una sterile sommossa senza esito». Tutta la citazione è impressionante, in tutti e tre i suoi periodetti, come interessante è l'intero articolo in cui il Belgio rappresenta un riferimento polemico d'attualità.



Q 5 §17

Movimento pancristiano. La XV settimana sociale di Milano (settembre 1928) trattò la quistione: «La vera unità religiosa», e il volume degli atti è uscito con questo titolo presso la Società editrice «Vita e Pensiero» (Milano, 1928, L. 15). L'argomento è stato trattato dal punto di vista del Vaticano, secondo le direttive date dall'Enciclica Mortalium animos del gennaio 1928, e contro il movimento pancristiano dei protestanti, che vorrebbero creare una specie di federazione delle diverse sette cristiane, con eguaglianza di diritti.

È questa un'offensiva protestante contro il cattolicismo che presenta due momenti essenziali: 1) le Chiese protestanti tendono a frenare il movimento disgregatore nelle loro file (che dà luogo continuamente a nuove sette); 2) si alleano tra loro e ottenendo un certo consenso da parte degli ortodossi, pongono l'assedio al Cattolicismo per fargli rinunziare al suo primato e per offrire nella lotta un fronte unico protestante imponente, invece che una moltitudine di chiese, sette, tendenze di diversa importanza e che una per una piú difficilmente potrebbero resistere alla tenace e unificata iniziativa missionaria cattolica. La quistione dell'unità delle chiese cristiane è un formidabile fenomeno del dopoguerra ed è degno della massima attenzione e di studio accurato.



Q 5 §58

Una delle misure piú importanti escogitate dalla Chiesa per rafforzare la sua compagine nei tempi moderni è l'obbligo fatto alle famiglie di far fare la prima comunione ai sette anni. Si capisce l'effetto psicologico che deve fare sui bambini di sette anni l'apparato cerimoniale della prima comunione, sia come avvenimento familiare individuale, sia come avvenimento collettivo: e quale fonte di terrori divenga e quindi di attaccamento alla Chiesa. Si tratta di «compromettere» lo spirito infantile appena incomincia a riflettere. Si capisce perciò la resistenza che la misura ha trovato nelle famiglie, preoccupate dagli effetti deleteri sullo spirito infantile di questo misticismo precoce e la lotta della Chiesa per vincere questa opposizione (Ricordare nel Piccolo Mondo Antico di Fogazzaro la lotta tra Franco Maironi e la moglie quando si tratta di condurre la bimbetta in barca, in una notte tempestosa, ad assistere alla messa di Natale: Franco Maironi vuol creare nella bimba dei «ricordi» incancellabili, delle «impressioni» decisive; la moglie non vuole turbare lo sviluppo normale dello spirito della figlia, ecc.). La misura è stata decretata da Pio X nel 1910. Nel 1928 l'editore Pustet di Roma ne ha ripubblicato il decreto con prefazione del cardinal Gasparri e commento di monsignor Jorio, dando luogo a una nuova campagna di stampa.



Q 15 §40

Importanza speciale dell'Azione Cattolica francese. È evidente che in Francia l'Azione Cattolica dispone di un personale molto piú scelto e preparato che negli altri paesi. Le Settimane sociali portano in discussione argomenti d'interesse piú vasto e attuale che negli altri paesi. Un confronto tra leSettimane francesi e quelle italiane sarebbe interessante. Inoltre i cattolici hanno un influsso intellettuale in Francia che non hanno altrove, e questo influsso è meglio centralizzato e organizzato (ciò per il settore cattolico, s'intende, che per alcuni aspetti è in Francia ristretto dall'esistenza di una forte centralizzazione della cultura laica). In Francia inoltre, è stata costituita l'Union Catholique d'Etudes Internationales, tra le cui iniziative è quella di una speciale Settimana Cattolica Internazionale. Mentre è riunita la Assemblea annuale della Società delle Nazioni, personalità cattoliche di ogni paese si riuniscono in Francia per una settimana e discutono i problemi internazionali, contribuendo a creare una unità concreta di pensiero fra i cattolici di tutto il mondo. Sotto il velo della cultura si tratta evidentemente di una Internazionale laica cattolica, distinta dal Vaticano e sulla linea dell'attività politica parlamentare dei partiti popolari. Nella «Civiltà Cattolica» del 6 maggio 1933 si recensisce il volume che raccoglie le relazioni della terza di queste Settimane internazionali (Les grandes activités de la Société des Nations devant la pensée chrétienne. Conférences de la troisième semaine catholique internationale 14-20 septembre 1931, Èditions Spes, Paris, 1932, in 16°, pp. 267, Fr. 15). È da appuntare la risposta che il prof. Halecki dell'Università di Varsavia dà nella sua conferenza alla domanda: «come va che la Chiesa dopo duemila anni dacché propaga la pace non ha ancora potuto darcela?» La risposta è questa: «L'insegnamento di Cristo e della sua Chiesa s'indirizza individualmente alla persona umana, a ciascuna anima in particolare. È questa verità che ci spiega perché il cristianesimo non può operare che assai lentamente sulle istituzioni e sulle pratiche attività collettive, dovendo conquistare un'anima dopo l'altra e ricominciare questo sforzo ad ogni nuova generazione». Per la «Civiltà Cattolica» questa è una «buona risposta, che può rafforzarsi con la considerazione semplicissima che l'azione pacificatrice della Chiesa è contrastata ed elisa di continuo da quel residuo irriducibile (sic) di paganesimo che sopravvive tuttora ed infiamma le passioni della violenza. La Chiesa è un buon medico, ed offre salutari farmachi alla società inferma, ma questa ricusa in tutto o in parte le medicine». Risposta molto sofistica e non di difficile confutazione: d'altronde essa è in contraddizione con altre pretese clericali. Quando conviene i clericali pretendono che un paese è cattolico al 99% per dedurne una particolare posizione di diritto della Chiesa nei confronti dello Stato ecc. Quando conviene, si fanno piccini piccini ecc. Se fosse vero quello che dice il prof. Halecki, l'attività della Chiesa in duemila anni sarebbe stata un lavoro di Sisifo e cosí dovrebbe continuare ad essere. Ma che valore dovrebbe darsi a una istituzione che non costruisce mai nulla che si prolunghi di generazione in generazione per forza propria, che non modifica in nulla la cultura e la concezione del mondo di nessuna generazione, tanto che occorre sempre riprendere tutto da capo? Il sofisma è chiaro: quando conviene la Chiesa è identificata con la società stessa (col 99% di essa almeno), quando non conviene la Chiesa è solo l'organizzazione ecclesiastica o addirittura la persona del Papa. Allora la Chiesa è un «medico» che indica alla società i farmachi ecc. Cosí è molto curioso, che i gesuiti parlino di «residuo irriducibile» di paganesimo: se è irriducibile non sparirà mai, la Chiesa non trionferà mai ecc.



Q 5 §9

Lucien Romier e l'Azione Cattolica francese. Il Romier è stato relatore alla Settimana sociale di Nancy del 1927: vi ha parlato della «deproletarizzazione delle moltitudini», argomento che solo indirettamente toccava l'argomento trattato dalla Settimana sociale, che era dedicata alla «Donna nella Società». Cosí il padre Danset vi parlò della Razionalizzazione sotto il rispetto sociale e morale.

Ma il Romier è elemento attivo dell'Azione Cattolica francese, o solo incidentalmente ha partecipato a questa riunione?

La Settimana sociale di Nancy del 1927 è molto importante per la storia della dottrina politico-sociale dell'Azione Cattolica. Le sue conclusioni, favorevoli alla piú larga partecipazione femminile alla vita politica, sono state approvate dal Card. Gasparri a nome di Pio XI. Il resoconto ne è stato pubblicato nel 1928 (Semaines sociales de France, La femme dans la société, Parigi, Gabalda, pp. 564 in 8°). È indispensabile per lo studio della vita politica francese.

Ricordare che nel 1925 il Romier aveva accettato di entrare a far parte del gabinetto di concentrazione nazionale di Herriot: aveva anche accettato di collaborare con Herriot il capo del gruppo cattolico parlamentare francese formatosi poco prima. Il Romier non era né deputato né senatore; era redattore politico del «Figaro». Dopo questa sua accettazione di entrare in un gabinetto Herriot, dovette lasciare il «Figaro». Il Romier si era fatto un nome con le sue pubblicazioni di carattere industriale-sociale. Credo che il Romier sia stato redattore dell'organo tecnico degli industriali francesi «La Journée industrielle».



Q 8 §129

La debolezza di ogni organizzazione nazionale di Azione Cattolica consiste nel fatto che la sua azione è limitata e continuamente turbata dalle necessità di politica internazionale e interna, in ogni Stato, della Santa Sede. A misura che ogni Azione Cattolica nazionale si estende e diventa organismo di massa, essa tende a diventare un vero e proprio partito, le cui direttive sono imposte dalle necessità interne dell'organizzazione; ma questo processo non può diventare mai organico appunto per l'intervento della Santa Sede. In questo fatto è forse da ricercare la ragione per cui in Germania l'Azione Cattolica non è stata mai molto bene accetta: il Centro si era già tanto sviluppato come forza politico-parlamentare, impegnata nelle lotte interne tedesche, che ogni formazione vasta di Azione Cattolica controllata strettamente dall'Episcopato, ne avrebbe compromesso la potenza attuale e le possibilità di sviluppo. È da richiamare il conflitto avvenuto tra il Centro e il Vaticano, quando il Vaticano volle che il Centro approvasse le leggi militari di Bismarck, alle quali il Centro si era strenuamente opposto.

Sviluppo simile in Austria, dove il clericalismo è sempre stato forte politicamente come partito e non aveva bisogno di una vasta organizzazione permanente come quella di Azione Cattolica ma solo di greggi elettorali disorganiche sotto il tradizionale controllo dei parroci.




Q 5 §59

I Cattolici tedeschi per iniziativa dell'Episcopato hanno, già dal 1919, fondato una «Lega di Pace dei Cattolici tedeschi». Su questa Lega, sulle iniziative successive per svilupparla e sul suo programma confrontare la «Civiltà Cattolica» del 19 gennaio 1929.

In questo stesso fascicolo vedi la lettera di Pio XI al cardinal Bertram, arcivescovo di Breslavia, a proposito dell'Azione Cattolica in Germania, e che deve considerarsi come un intervento personale del Papa per dare un maggiore impulso al movimento dell'Azione Cattolica che in Germania pare non trovi caldi organizzatori: la lettera del Papa è un vero programma teorico-pratico ed è interessante in generale, oltre che per la Germania. La «Civiltà Cattolica» commenta a lungo la lettera e si capisce che il commento serve anche per altri paesi.



Q 5 §57

L'Azione Cattolica negli Stati Uniti. Articolo della «Civiltà Cattolica» del 5 gennaio 1929 su La Campagna elettorale degli Stati Uniti e le sue lezioni. A proposito della candidatura Smith alla presidenza della Repubblica.

La «Civiltà Cattolica» registra l'accanita resistenza delle Chiese protestanti contro Smith e parla di «guerra di religione». Non c'è accenno alla posizione assunta dallo Smith verso il Papa nella sua famosa lettera (cfr. libro del Fontaine sulla Santa Sede ecc.), che è un elemento di americanismo cattolico. (Posizione dei cattolici contro il proibizionismo e a favore dei farmers). Si vede che ogni azione concentrata dei cattolici provoca una tale reazione che i risultati sono inferiori alla forza che i cattolici dicono di possedere, quindi pericoli di azione su scala nazionale concentrata: è stato un errore per i cattolici fondarsi su un partito tradizionale come quello democratico? mostrare la religione come legata a un determinato partito? d'altronde potrebbero, nel sistema attuale americano, fondare un proprio partito? L'America è un terreno interessante per studiare la fase attuale del cattolicismo sia come elemento culturale che come elemento politico.



Q 6 §187

È interessante la corrispondenza dagli Stati Uniti pubblicata nella «Civiltà Cattolica» del 20 settembre 1930. I cattolici ricorrono spesso all'esempio degli Stati Uniti per ricordare la loro compattezza e il loro fervore religioso in confronto dei protestanti divisi in tante sette e continuamente rosi dalla tendenza a cadere nell'indifferentismo o nell'areligiosità, onde l'imponente numero di cittadini che nei censimenti dichiarano di essere senza religione. Pare però, da questa corrispondenza, che, anche tra i cattolici, l'indifferentismo non sia scarso. Si riportano i dati pubblicati in una serie di articoli pubblicati dalla «rinomata» «Ecclesiastical Review» di Philadelphia pubblicati nei mesi precedenti: un parroco afferma che il 44 % dei suoi fedeli rimase, per tutta una lunga serie di anni, interamente sconosciuto, nonostante gli sforzi fatti ripetutamente e da parte sua e dai suoi assistenti ecclesiastici, per arrivare ad un esatto censimento. Con tutta sincerità ammette che circa una metà del gregge restò del tutto estraneo alle sue cure, né altro contatto si ebbe fuori di quello che può dare una irregolare frequenza alla messa ed ai sacramenti. Sono fatti, a detta degli stessi parroci, che si avverano in pressoché tutte le parrocchie degli Stati Uniti.

I cattolici mantengono a loro spese 7.664 scuole parrocchiali frequentate da 2.201.942 alunni sotto la guida di religiosi d'ambo i sessi. Rimangono altri 2.750.000 alunni (cioè piú del 50 %) che «o per infingardaggine dei genitori o per lontananza di luogo sono costretti a frequentare le scuole governative, areligiose, dove non si ode mai una parola su Dio, sui doveri verso il Creatore e neppure sull'esistenza di un'anima immortale».

Un elemento di indifferentismo è dato dai matrimoni misti: «il 20 % delle famiglie validamente congiunte in matrimonio misto tralasciano la Messa, se il padre non appartiene alla fede cattolica; ma qualora la madre non sia cattolica, la statistica dà il 40 %. Di piú, questi genitori trascurano totalmente la educazione cristiana della prole». Si cercò di restringere questi matrimoni misti e anche di proibirli; ma le condizioni «peggiorarono» perché i «recalcitranti» in questi casi abbandonarono la chiesa (con la prole) contraendo unioni «invalide»; questi casi sono il 67 % se il padre è «eretico», il 94 % se «eretica» è la madre. Perciò si largheggiò: rifiutando la dispensa di matrimonio misto a donne cattoliche si ha una perdita del 58 %, se si dà la dispensa la perdita è «solo» del 16 %.

Appare quindi che il numero dei cattolici negli Stati Uniti è solo un numero statistico, da censimenti, cioè piú difficilmente uno di origine cattolica dichiara di essere senza religione, a differenza di quelli d'origine protestante. Piú ipocrisia, insomma. Da questo si può giudicare l'esattezza e la sincerità delle statistiche nei paesi a maggioranza cattolica.