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Filosofo italiano (Catanzaro 1834-Bologna 1913).
Il suo pensiero si può intendere solo in rapporto a Platone.
Egli è infatti noto anche come ottimo traduttore di alcuni
dialoghi platonici e in lui le attività di pensatore e di
traduttore sono intrinsecamente legate.
Sensibile all'indirizzo
filosofico di A. Rosmini e di V. Gioberti, Acri sostiene uno
spiritualismo cristiano in cui il platonismo, integrato dal pensiero
di sant'Agostino, appare come la filosofia più aperta al
completamento cristiano.
Acri fu in polemica contro i positivisti e contro gli aderenti alla
scuola hegeliana dello Spaventa.
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di E. Corvino
Nacque a Catanzaro il 19 marzo 1834 (alcuni biografi scrivono
erroneamente 1836), di umile famiglia, e compì i suoi studi
nella città natale, sotto la guida del fratello Luigi
(divenuto poi sacerdote, traduttore dell'Orazione per la corona
di Demostene, Napoli 1858). L'educazione religiosa ricevuta
dai padri liguorini prima e poi dagli scolopi, presso cui
frequentò i corsi superiori, lasciò in lui una
profonda traccia. Nel 1852 si diplomò in lettere e filosofia;
nel 1857 si laureò in giurisprudenza. Nel 1859 aprì a
Catanzaro una scuola privata, ma poi accettò un posto di
precettore presso una famiglia in provincia di Cosenza. Dopo essere
stato per qualche tempo a Chieti ad insegnare in un liceo di
scolopi, nel 1861 vinse a Napoli un concorso per cattedre di
filosofia, discutendo una tesi "Sovra il tempo e lo spazio" e
ottenendo un favorevole giudizio da Vito Fornari, cui si legò
di grande amicizia, scrivendone poi, in occasione della morte, sulla
Rassegna nazionale (CXIX [1901], pp. 372-392). Non essendovi
cattedre libere, l'A. si recò con una borsa di studio in
Germania, ove frequentò (negli anni accademici 1861-62 e
1862-63) le lezioni dell'antihegeliano F. A. Trendelenburg e
dell'hegeliano di destra K. L. Michelet.
Tornato in Italia, insegnò per un anno (1863-64) al liceo di
Modena. Nell'ottobre del 1864 fu trasferito alla direzione della
scuola tecnica di Palermo; e nel settembre del 1865 al liceo
Spedalieri di Catania. Nel 1866-67 fu professore incaricato di
filosofia teoretica presso l'università di Palermo, e vi
tenne anche un corso libero di storia della filosofia. Fu poi
nominato, nell'ottobre 1867, professore straordinario di filosofia
teoretica e di storia della filosofia presso la medesima
università; ma non ottenne la nomina definitiva per
l'opposizione dei colleghi, che non avevano approvato un suo
discorso contro i materialisti. In quegli anni l'A. veniva scrivendo
l'Abbozzo di una teorica delle idee, pubblicato per la prima
volta a Palermo nel 1870, e ripubblicato poi a Bologna nel 1907 col
titolo: Videmus in aenigmate.
È questa l'unica opera veramente speculativa dell'A., con la
quale egli si ripropone il problema platonico delle idee, muovendo
dal presupposto che non ci sono idee semplici, ma che ogni idea,
analizzata a fondo, implica tutte le altre; e lo scambievole
rapporto di tutte le idee è sostenuto dalla loro
totalunità. Questo organico mondo di idee, di cui l'A.
discute la relazione con l'unità di Dio, può essere
conosciuto dall'uomo intuitivamente, alla maniera giobertiana;
tuttavia non in modo perfetto, ma solo "in aenigmate", almeno in
questa vita. La problematica rosminiano-giobertiana in cui
quest'opera, come tutto il pensiero dell'A., si inserisce, è
dall'A, ritenuta tipicamente italiana, e ricollegata alla tradizione
agostiniana e bonaventuriana contro quella tomista.
Nel 1871 fu chiamato alla cattedra di storia della filosofia
dell'università di Bologna, vacante per il trasferimento di
F. Fiorentino a Palermo. Nonostante il suo lungo insegnamento, l'A.
rimase quasi sconosciuto al mondo della cultura italiana, sia per il
suo carattere solitario, sia per avere scritto poco, soprattutto a
causa di certo suo desiderio di prosa artistica, ereditato,
attraverso il Fornari, dal purismo napoletano del Puoti. La sua
principale fatica fu la traduzione dei dialoghi platonici, la quale
occupò quasi tutta la sua vita e risultò un'opera di
gran pregio, anche letterario, e sollecitatrice di una nuova lettura
di Platone.
I titoli delle sue traduzioni sono: Volgarizzamenti da Platone
di F. A.: Il Parmenide, Il Timeo, Berlin 1862; Dialoghi di
Platone volgarizzati: il Fedone e il Critone, Napoli 1884; Contro
ai veristi filosofi, politici e poeti. Ragionamenti di F. A. ai
quali, come riprova, segue il volgarizzamento del Convito di
Platone, Napoli 1885; Dialoghi di Platone volgarizzati: Il
Timeo e l'Eutifrone, Napoli 1886; Dialoghi di Platone
volgarizzati, L'Assioco, il Ione, il Menone, il Parmenide
(premesso un ragionamento dal titolo "Si considera secondo filosofia
se si possa volgarizzare uno scrittore, qualunque egli sia, e
specialmente Platone"), Napoli 1889. Tutte le traduzioni furono poi
raccolte nei 3 volumi dei Dialoghi di Platone volgarizzati da F.
A., Milano 1913-1915.
L'A. inoltre polemizzò sia contro gli hegeliani sia contro i
positivisti, in difesa delle sue convinzioni spiritualiste e
cattoliche. Già nella prolusione del 1871, intitolata Sulla
natura della storia della filosofia, Bologna 1872, l'A. aveva
criticato le concezioni dello Hegel. Tre anni dopo, quando il
Fiorentino scrisse Die philosophische Bewegung Italiens seit 1860
(in "Italia", herausgegeben von K. Hillebrand in Florenz,II, Leipzig
1875,pp. 156), esaltando gli hegeliani e trascurando gli altri
pensatori italiani, l'A. rispose con la Critica di alcune
critiche di Spaventa, Fiorentino e Imbriani su i nostri filosofi
moderni, Bologna 1875. Il Fiorentino replicò con il
volume La filosofia contemporanea in Italia, Napoli 1876, cui l'A.
rispose con I critici della critica di alcune critiche, cioè
i professori Spaventa, Fiorentino e Imbriani, apparsi in sogno al
professor Acri, Bologna 1876. A conclusione della polemica, l'A.
pubblicò a Firenze, nel 1877, Una nuova esposizione del
sistema dello Spinoza. Tutti gli scritti relativi a questa
discussione furono ripubblicati in Dialettica turbata e serena,
Bologna 1911. Contro i positivisti l'A. pronunziò
inoltre nel 1879 a Bologna la prolusione: Della relazione tra la
coscienza e il corpo secondo i filosofi naturali sobri e quelli
detti positivi e quelli materiali (pubblicata a Bologna nel
1880 ed inclusa poi nell'opera Videmus in aenigmate, cit.).
Polemici contro il positivismo sono anche i ricordati
Ragionamenti,premessi alla edizione del 1885 del Convito.
Eletto nel 1895 consigliere comunale di Bologna, l'A. si
batté, nei suoi pochi discorsi politici, per l'introduzione
del catechismo nelle scuole e contro il divorzio. L'impegno pratico
in difesa della religione cattolica fu parte essenziale
dell'attività e della figura dell'A.; e nel suo pensiero la
fede, la tensione verso di essa e la sua giustificazione ebbero
posto fondamentale, come pure la speculazione intorno all'idea di
Dio e la meditazione, costante, del problema della morte.
Dal 1907 l'A. attese a raccogliere in collezione completa i suoi
scritti.
Oltre i volumi già ricordati, pubblicò Amore,
dolore e fede (Bologna 1908; 2 ediz., ibid. 1915), che
contiene in gran parte commemorazioni di amici e parenti defunti ed
è in certo senso l'opera sua più significativa. Un
quarto volume di scritti, Dialettica serena (Bologna 1917),
fu pubblicato postumo a cura del figlio Umberto (in esso è
incluso il notevole scritto Un'ombra di nesso nella filosofia
greca, già stampato dal 1881 al 1885 nella rivista
torinese La Sapienza come serie di Lezioni di storia della
filosofia).
L'A. morì a Bologna il 21 nov. 1913.