Q 8 § 199
1 L'aforisma di Leibnitz «quo magis speculativa, magis
practica» («tanto ripetuto dagli idealisti
italiani», aggiunge Gramsci nel testo C) ricorre
frequentemente negli scritti di Croce: cfr, ad esempio, in
Materialismo storico ed economia marxistica cit., p. 226, e in
Cultura e vita morale cit., p. 19; ma anche in altri luoghi:
Castellano scrive che questo del Leibnitz era il «motto
prediletto» di Croce (cfr Giovanni Castellano, Introduzione
allo studio delle opere di Benedetto Croce, Laterza, Bari 1920 [FG,
C. carc., Turi II], p. 235). L'altro aforisma «intellectus
speculativus extensione fit practicus» si ritrova invece in
alcuni scritti della «Civiltà Cattolica», che con
ogni probabilità Gramsci aveva avuto presente: cfr in
particolare l'articolo, non firmato, Dopo un decennio (1922-1932),
in «La Civiltà Cattolica», 6 febbraio 1932 (anno
LXXXIII, vol. I), pp. 193-200, dove a p. 198 si legge il seguente
inciso: «... se è vero l'assioma dei filosofi che ci
vien da ricordare sovente a diverso proposito, dell'"intelletto
speculativo che per estensione si fa pratico", della connessione
cioè necessaria tra l'ordine delle idee e quello dei fatti:
intellectus speculativus ex tensione fit practicus» (nel testo
di Gramsci era omesso originariamente, come in questo articolo, il
nome di san Tommaso, aggiunto poi in un secondo momento: in
realtà l'aforisma deriva dalla traduzione latina di un passo
del De Anima di Aristotele, citato e discusso da san Tommaso in
Summa Theologiae, I.79. ne).