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1 L'episodio è ricordato anche nella lettera a Tania del 21
marzo 1932: «nel settembre 1920 è stata pubblicata una
circolare segreta dell'Associazione degli industriali metallurgici
piemontesi con cui, durante la guerra, si disponeva che nelle
fabbriche non fossero assunti operai nati "sotto Firenze",
cioè dell'Italia meridionale e centrale» (LC, 591).
Alcuni dei documenti riservati dell'Anima (Associazione
Metallurgici, Meccanici e Affini), rinvenuti negli uffici della Fiat
e di altre aziende torinesi durante l'occupazione delle fabbriche,
furono pubblicati nell'edizione piemontese
dell'«Avanti!» a partire dal 6 settembre 1920; la
pubblicazione di questi documenti continuò per tutto il mese
di settembre, ma non risulta che sia stata pubblicata in questa
occasione la circolare qui ricordata da Gramsci.
2 Accenni in questo senso si trovano anche nella stampa comunista
dell'epoca. Cfr, ad esempio, «l'Unità» del 10
dicembre 1925, dal discorso di Repossi alla Camera dei deputati
nella seduta del 9 dicembre: «Nel 1925 assistiamo a questo
singolarissimo fatto: mentre nel settentrione si licenziano gli
operai, il padronato del Nord ricorre alla incetta della mano
d'opera meridionale».
3 Si tratta forse della novella Fortezza, in cui si descrivono le
torture inflitte ad un carabiniere catturato da un gruppo di
briganti (manca però il particolare della lingua mozzata):
cfr Edmondo De Amicis, Novelle, Treves, Milano 1909, pp. 327-65.
4 L'episodio ricordato è nella novella di Pirandello L'altro
figlio, scritta e pubblicata per la prima volta nel 1905 (ora in
Novelle per un anno, vol. II, Mondadori, Milano 1937, pp. 226-45).
Da questa novella Pirandello ricavò anche un atto unico
rappresentato per la prima volta nel 1923.
5 Cfr Giovanni D'Adamo, Il gran mascherone della civiltà,
Morano, Napoli 1897; un brano di questo libro, in cui si descrivono
gli orrori della repressione contro il brigantaggio, era stato ripor
tato nella rubrica 'Frammenti della vita italiana', in
«l'Unità», 30 dicembre 1911 (anno 1, n. 3), nel
contesto di un commento di Gaetano Salvemini (Berberi d'Italia, a
firma g. s.) a proposito degli atteggiamenti razzisti di certa
stampa italiana di fronte ai massacri di prigionieri italiani in
Libia; citando tra l'altro il libro di D'Adamo, Salvemini ricordava
la ferocia di cui avevano dato prova i «galantuomini»
italiani cinquanta anni prima (insurrezione di Palermo,
brigantaggio).
6 Cfr Giulio Bechi, Caccia grossa. Scene e figure del banditismo
sardo, Milano 1919. Un accenno a questo libro del Bechi è
nell'articolo di Gramsci Il lanzo ubriaco, pubblicato
sull'«Avanti!» del 18 febbraio 1920 (ora in ON, 86-87).
7 In un articolo di 'Sotto la Mole' pubblicato sull'«Avanti
!» del 24 maggio 1916 (ora in SM, 148-50), lo stesso
libriccino - di cui non è stato possibile accertare i dati
esatti - era già stato ricordato con qualche variante:
«Ecco: i sardi passano per lo più per incivili,
barbari, sanguinari, ecc., ma non lo sono evidentemente quanto
è necessario per mandare a quel paese gli scopritori di buona
volontà. Un ufficiale, andato a Cagliari nel 1910 per
reprimere uno sciopero, compiange le donne sarde destinate a
divenire legittime metà degli scimmioni vestiti di pelli non
conciate, e sente in sé (testuale) ridestarsi il genio della
specie (quella non vestita di pelli), che vuole porsi all'opera per
migliorare la razza» (ibid., p. 149). Un altro accenno a
questo libro è in un articolo dell'«Avanti!» del
13 luglio 1919 (cfr Per la verità cit., p. 81).