Q 14 § 63

1 II giudizio ricordato con una certa approssimazione da Gramsci è nell'opera dello storico inglese Robert Seeley (1834-95) L'espan­sione dell'Inghilterra (due corsi di lezioni), Laterza, Bari 1928 (traduzione e introduzione di G. Falco). Nel capitolo intitolato Lo scisma dell'Impero Britannico il Seeley, parlando della sottovalutazione della Rivoluzione americana da parte della storiogra­fìa inglese, sostiene la tesi secondo cui « non è compito dello sto­rico ricondurre il lettore al passato, o fargli vedere gli avveni­menti come apparvero ai contemporanei... Anziché farci parteci­pare alle passioni di altri tempi, egli deve farci notare che un av­venimento, il quale attrasse tutta l'attenzione dei contemporanei fu in realtà di scarsa importanza, mentre un altro dai contem­poranei quasi inavvertito, ebbe grandi conseguenze» (p. 124).

Il passo a cui si riferisce Gramsci è probabilmente questo: «Senza dubbio è molto più commovente leggere del Nilo, di Trafalgar, della Spagna e di Waterloo che di Bunker's Hill, di Brandy Wine, di Saratoga e di Yorktown, ciò non soltanto perché noi amiamo meglio pensare ad una vittoria che ad una sconfitta, ma anche perché dal punto di vista militare la lotta con la Francia fu più interessante che quella con l'America e Napoleone, Nelson e Wellington furono superiori ai comandanti apparsi durante la Ri­voluzione americana. Ma gli avvenimenti trovano posto nella sto­ria non in quanto commuovono o esaltano, tanto meno perché sono soddisfacenti per noi, ma in quanto sono fecondi di conse­guenze».

Non risulta tuttavia che Gramsci abbia avuto in carcere il libro di Seeley. L'osservazione riportata in questo paragrafo può quindi essere stata ricavata da una fonte indiretta, che però non è stato possibile rintracciare.