1 Degli scritti di Tomaso Sillani e di Filippo Carli, a cui qui si fa riferimento, Gramsci si era ampiamente occupato in un articolo del «Grido del Popolo», 8 giugno 1918, Le nuove energie intellettuali (ora in SG, 250-54). La lettura di tale articolo chiarisce le allusioni del testo : «Un giovane che si sta avviando alla celebrità è indubbiamente il dott. Filippo Carli, segretario della Camera di commercio di Brescia. Egli ha adattato all'Italia le concezioni economiche del nazionalista francese Carlo Maurras, ha pontificato per molto tempo nelle colonne dell'"Idea Nazionale", contendendo al prof. Alfredo Rocco il primato nella instaurazione di una nuova scienza economica nazionalista italiana: da qualche tempo preferisce scrivere libri e lanciare idee audaci, come quella della partecipazione agli utili e dell'azionariato delle maestranze. Le idee sono audaci nel Carli, certamente: ma le informazioni e la cultura sono più audaci ancora. Nella "Perseveranza" del 16 marzo 1916 egli infatti scriveva un articolo per lamentarsi dolorosamente che gli italiani si siano lasciati strappar di mano dagli inglesi lo sfruttamento della gomma prodotta nelle foreste di Vallombrosa. L'audacia ideale del dott. Carli era fondata sul fatto che esiste una "Valombrosa Rubber Company" la quale sfrutta il caucciù della penisola di Malacca; il Carli ha creduto che la gomma nascesse nelle foreste di Vallombrosa, poiché la conoscenza della geografia economica non è d'obbligo in un nazionalista dell'economia, che ha il solo compito di lanciare idee audacemente geniali.

[...] Al dott. Filippo Carli in nazionalismo economico, fa degnamente paio il dott. Tomaso Sillani in nazionalismo politico. Tomaso Sillani era un giovanotto abruzzese, poeta georgico, innocuo scribacchino di cose artistiche in riviste come l'"Emporium", le "Cronache letterarie" e simili "letture". Nessuno si accorgeva della sua persona, il suo estetismo retorico e gonfio faceva ridere piacevolmente come la lettura di un settimanale umoristico. Per la solita emersione dei valori geniali della stirpe, dovuta alla benefica sparizione del dumping e della noiosa cultura germanizzante, Tomaso Sillani passò in prima linea. Divenne segretario del duca di Cesarò (o duca di Verderame) nella associazione prò Dalmazia, collocò presso l'editore Treves volumi di politica e di esaltazione patriottica; ultimamente ha trovato chi gli procurò i quattrini per lanciare una grande rivista mensile ("La Rassegna italiana") in cui collaborano il senatore Francesco Ruffini e altre illustrazioni della scienza e della letteratura. "La Rassegna italiana" si propone, naturalmente, di rinnovare la tradizione italiana, di far conoscere le vere energie intellettuali della nazione risorta. Una di queste energie è lo stesso Tomaso Sillani, come si può ben comprendere. Il quale, nell' "Emporium" dell'ottobre 1913, ha pubblicato un articolo: La passeggiata archeologica di Roma: sulla via delle vestigia inghirlandate, molto poetico, come appare fin dal titolo. - Parla della "Casa dei Parti", edifizio romano che aveva preso il nome dal popolo asiatico dei Parti, e ne descrive le rovine.

Ma la cultura del dott. Tomaso Sillani è cosi eccelsa e audace, che sentite cosa gli diventano i poveri Parti: "E v'è qui tutto quel che resta della (Casa dei Parti': la clinica ginecologica dell'Impero romano. Anche conoscendo la perizia chirurgica dei Romani, v'è alcuno che avrebbe sospettato l'esistenza di una sala operatoria, costruita con gli stessi criteri e con le medesime finalità dei modernissimi anfiteatri? Ed in qual sogno sarebbe apparso intorno allo scienziato intento alla sanguinosa cura, il cerchio degli scolari vigili sopra i suoi atti?" Oh! grandezza dei Romani antichi! Ed è certo che in quel tempo i Germani non avevano cliniche ginecologiche, come è più che certo che i tedeschi hanno rubato dalla "Casa dei Parti" i disegni per le loro costruzioni moderne sperimentali! Proprio così, il dott. Tomaso Sillani aveva confuso i Parti, popolo dell'Asia, coi "parti" delle donne incinte. E tuttavia è diventato una celebrità, si è assunto il delicato incarico di erudire gli italiani in politica, storia e geografia, e trova il senatore Ruffini che lo aiuta nella bisogna. Queste sono le energie nuove intellettuali d'Italia, sbocciate in contrapposizione alla pedanteria e al metodo germanico, per rinnovare la cultura nazionale. Esse hanno riempito i mercati delle loro strida, esse hanno rigettato nell'oscuro caos le conquiste che pur si era riusciti a realizzare in cinquantanni. La disciplina scientifica, la serietà e l'esattezza nella ricerca, lo spirito critico sono dileggiati e scherniti. Il disinteresse negli studi viene vituperato. E tutto in odio alla Germania, senza pensare che queste qualità sono conquiste dello spirito umano, superiore ad ogni frontiera e ad ogni razza» (SG, 252-54)

2 Giuseppe Belluzzo (1867-1952), insegnante al Politecnico di Milano, fu eletto deputato nel «listone» fascista del 1924. Dal luglio 1925 al luglio 1928 fu ministro dell'economia nazionale, e successivamente, fino al settembre 1929, ministro della pubblica istruzione. Fra gli scritti di Belluzzo a cui si riferisce Gramsci è probabilmente l'articolo L'Italia è povera di materie prime? pubblicato sulla rivista «Gerarchia», gennaio 1927 (anno VII, n. 1), pp. 4-11 (ristampato in Giuseppe Belluzzo, Economia Fascista, Libreria del Littorio, Roma 1928, pp. 143-56), dove si insiste con toni iperbolici sul motivo accennato nel testo («noi ignoriamo quasi completamente quel che nel loro seno nascondono le Alpi e gli Appennini»). Forse però Gramsci aveva presente nel ricordo anche una serie di articoli pubblicati dal Belluzzo nel 1920 e utilizzati da Mussolini nel «Popolo d'Italia» durante le lotte per l'occupazione delle fabbriche (cfr Benito Mussolini, Opera Omnia, a cura di Edoardo e Duilio Susmel, vol. XV, La Fenice, Firenze 1954, pp. 133-37).

3 Riaffiora qui un ricordo della campagna elettorale del maggio-giugno 1914 per il IV Collegio di Torino, rimasto vacante in seguito alla morte del deputato socialista Pilade Gay. Nel saggio del 1926 sulla questione meridionale Gramsci ricorda l'iniziativa del gruppo dei socialisti torinesi a cui egli era legato, per offrire in questa occasione la candidatura a Gaetano Salvemini, che però non accettò (cfr CPC, 141-42). Contro il nazionalista Giuseppe Bevione e il liberale Felice Paniè, i socialisti presentarono la candidatura di Mario Bonetto. Una quarta candidatura del tutto marginale si ebbe per iniziativa dell'indipendente Arturo Lenzi, che fu l'elemento pittoresco di questa campagna elettorale. Nelle votazioni del 21 giugno 1914 i voti furono così ripartiti: Bonetto 9444, Bevione 6589, Panie 3064, Lenzi 86. Nel successivo ballottaggio fra il socialista Bonetto e il nazionalista Bevione prevalse per pochi voti quest'ultimo.

4 Su Giacomo Lumbroso cfr Quaderno 3 (XX), § 22.

5 La citazione del titolo non è del tutto esatta; cfr Alberto Lumbroso, Le origini economiche e diplomatiche della guerra mondiale, vol. I: La vittoria dell'imperialismo anglosassone, vol. II: L’imperialismo britannico dagli albori dell'Ottocento allo scoppio della guerra, Mondadori, Milano 1926 e 1928, pp. 544, 611 («Collezione italiana di diari, memorie, studi e documenti per servire alla storia della guerra del mondo, diretta da Angelo Gatti»). Il vol. II è in FG, C. carc., Turi I.

6 Su Luzzatti cfr anche il § 41 di questo stesso Quaderno.

7 In realtà del 1915: cfr Luigi Luzzatti, La scoperta di un nuovo Fioretto di S. Francesco, in «Corriere della Sera», 6 aprile 1915. L'episodio era già stato ricordato da Gramsci in un trafiletto di 'Sotto la Mole', nell'edizione piemontese dell'«Avanti!», 21 settembre 1916, Inviti al risparmio (ora in SM, 244-45). Il ricordo di questa polemica ritorna anche in una lettera a Tania del io marzo 1930 (cfr LC, 331).

8 Cfr Riccardo Bacchelli, Lo sa il tonno, ossia gli esemplari marini (favola mondana e filosofica), Bottega di poesia, Milano 1923.