[...] Al dott. Filippo Carli in nazionalismo economico, fa
degnamente paio il dott. Tomaso Sillani in nazionalismo politico.
Tomaso Sillani era un giovanotto abruzzese, poeta georgico,
innocuo
scribacchino di cose artistiche in riviste come l'"Emporium", le
"Cronache letterarie" e simili "letture". Nessuno si accorgeva
della
sua persona, il suo estetismo retorico e gonfio faceva ridere
piacevolmente come la lettura di un settimanale umoristico. Per la
solita emersione dei valori geniali della stirpe, dovuta alla
benefica
sparizione del dumping e della noiosa cultura germanizzante,
Tomaso
Sillani passò in prima linea. Divenne segretario del duca
di Cesarò (o
duca di Verderame) nella associazione prò Dalmazia,
collocò presso
l'editore Treves volumi di politica e di esaltazione patriottica;
ultimamente ha trovato chi gli procurò i quattrini per
lanciare una
grande rivista mensile ("La Rassegna italiana") in cui collaborano
il
senatore Francesco Ruffini e altre illustrazioni della scienza e
della
letteratura. "La Rassegna italiana" si propone, naturalmente, di
rinnovare la tradizione italiana, di far conoscere le vere energie
intellettuali della nazione risorta. Una di queste energie
è lo stesso
Tomaso Sillani, come si può ben comprendere. Il quale,
nell' "Emporium"
dell'ottobre 1913, ha pubblicato un articolo: La passeggiata
archeologica di Roma: sulla via delle vestigia inghirlandate,
molto
poetico, come appare fin dal titolo. - Parla della "Casa dei
Parti",
edifizio romano che aveva preso il nome dal popolo asiatico dei
Parti,
e ne descrive le rovine.
Ma la cultura del dott. Tomaso Sillani è cosi eccelsa e
audace, che sentite cosa gli diventano i poveri Parti: "E
v'è qui tutto
quel che resta della (Casa dei Parti': la clinica ginecologica
dell'Impero romano. Anche conoscendo la perizia chirurgica dei
Romani,
v'è alcuno che avrebbe sospettato l'esistenza di una sala
operatoria,
costruita con gli stessi criteri e con le medesime finalità
dei
modernissimi anfiteatri? Ed in qual sogno sarebbe apparso intorno
allo
scienziato intento alla sanguinosa cura, il cerchio degli scolari
vigili sopra i suoi atti?" Oh! grandezza dei Romani antichi! Ed
è certo
che in quel tempo i Germani non avevano cliniche ginecologiche,
come è
più che certo che i tedeschi hanno rubato dalla "Casa dei
Parti" i
disegni per le loro costruzioni moderne sperimentali! Proprio
così, il
dott. Tomaso Sillani aveva confuso i Parti, popolo dell'Asia, coi
"parti" delle donne incinte. E tuttavia è diventato una
celebrità, si è
assunto il delicato incarico di erudire gli italiani in politica,
storia e geografia, e trova il senatore Ruffini che lo aiuta nella
bisogna. Queste sono le energie nuove intellettuali d'Italia,
sbocciate
in contrapposizione alla pedanteria e al metodo germanico, per
rinnovare la cultura nazionale. Esse hanno riempito i mercati
delle
loro strida, esse hanno rigettato nell'oscuro caos le conquiste
che pur
si era riusciti a realizzare in cinquantanni. La disciplina
scientifica, la serietà e l'esattezza nella ricerca, lo
spirito critico
sono dileggiati e scherniti. Il disinteresse negli studi viene
vituperato. E tutto in odio alla Germania, senza pensare che
queste
qualità sono conquiste dello spirito umano, superiore ad
ogni frontiera
e ad ogni razza» (SG, 252-54)
2 Giuseppe Belluzzo (1867-1952), insegnante
al Politecnico di
Milano, fu eletto deputato nel «listone» fascista del
1924. Dal luglio
1925 al luglio 1928 fu ministro dell'economia nazionale, e
successivamente, fino al settembre 1929, ministro della pubblica
istruzione. Fra gli scritti di Belluzzo a cui si riferisce Gramsci
è
probabilmente l'articolo L'Italia è povera di materie
prime? pubblicato
sulla rivista «Gerarchia», gennaio 1927 (anno VII, n.
1), pp. 4-11
(ristampato in Giuseppe Belluzzo, Economia Fascista, Libreria del
Littorio, Roma 1928, pp. 143-56), dove si insiste con toni
iperbolici
sul motivo accennato nel testo («noi ignoriamo quasi
completamente quel
che nel loro seno nascondono le Alpi e gli Appennini»).
Forse però
Gramsci aveva presente nel ricordo anche una serie di articoli
pubblicati dal Belluzzo nel 1920 e utilizzati da Mussolini nel
«Popolo
d'Italia» durante le lotte per l'occupazione delle fabbriche
(cfr
Benito Mussolini, Opera Omnia, a cura di Edoardo e Duilio Susmel,
vol.
XV, La Fenice, Firenze 1954, pp. 133-37).
3 Riaffiora qui un ricordo della campagna
elettorale del
maggio-giugno 1914 per il IV Collegio di Torino, rimasto vacante
in
seguito alla morte del deputato socialista Pilade Gay. Nel saggio
del
1926 sulla questione meridionale Gramsci ricorda l'iniziativa del
gruppo dei socialisti torinesi a cui egli era legato, per offrire
in
questa occasione la candidatura a Gaetano Salvemini, che
però non
accettò (cfr CPC, 141-42). Contro il nazionalista Giuseppe
Bevione e il
liberale Felice Paniè, i socialisti presentarono la
candidatura di
Mario Bonetto. Una quarta candidatura del tutto marginale si ebbe
per
iniziativa dell'indipendente Arturo Lenzi, che fu l'elemento
pittoresco
di questa campagna elettorale. Nelle votazioni del 21 giugno 1914
i
voti furono così ripartiti: Bonetto 9444, Bevione 6589,
Panie 3064,
Lenzi 86. Nel successivo ballottaggio fra il socialista Bonetto e
il
nazionalista Bevione prevalse per pochi voti quest'ultimo.
4 Su Giacomo Lumbroso cfr Quaderno 3 (XX),
§ 22.
5 La citazione del titolo non è del tutto
esatta; cfr Alberto
Lumbroso, Le origini economiche e diplomatiche della guerra
mondiale,
vol. I: La vittoria dell'imperialismo anglosassone, vol. II:
L’imperialismo britannico dagli albori dell'Ottocento allo scoppio
della guerra, Mondadori, Milano 1926 e 1928, pp. 544, 611
(«Collezione
italiana di diari, memorie, studi e documenti per servire alla
storia
della guerra del mondo, diretta da Angelo Gatti»). Il vol.
II è in FG,
C. carc., Turi I.
6 Su Luzzatti cfr anche il § 41 di questo
stesso Quaderno.
7 In realtà del 1915: cfr Luigi Luzzatti,
La scoperta di un
nuovo Fioretto di S. Francesco, in «Corriere della
Sera», 6 aprile
1915. L'episodio era già stato ricordato da Gramsci in un
trafiletto di
'Sotto la Mole', nell'edizione piemontese
dell'«Avanti!», 21 settembre
1916, Inviti al risparmio (ora in SM, 244-45). Il ricordo di
questa
polemica ritorna anche in una lettera a Tania del io marzo 1930
(cfr
LC, 331).