Nella prefazione alla Critica dell’Economia politica
è detto: «Nella produzione sociale della loro vita
gli uomini entran fra loro in rapporti determinati, necessari ed
indipendenti dal loro arbitrio, cioè in rapporti di
produzione, i quali corrispondono a un determinato grado di
sviluppo delle materiali forze di produzione. L’insieme di tali
rapporti costituisce la struttura economica della società,
ossia la base reale sulla quale si eleva una soprastruzione
politica e giuridica, e alla quale corrispondono determinate forme
sociali della coscienza... A un determinato punto del loro
sviluppo, le forze produttive materiali della società si
trovano in contraddizione coi preesistenti rapporti della
produzione (cioè coi rapporti della proprietà, il
che è l’equivalente giuridico di tale espressione), dentro
dei quali esse forze per l’innanzi s’eran mosse. Questi rapporti
della produzione, da forme di sviluppo delle forze produttive, si
convertono in loro impedimento. E allora subentra un’epoca di
rivoluzione sociale. Col cangiare del fondamento economico si
rivoluziona e precipita, più o meno rapidamente, la
soprastante colossale soprastruzione... Una formazione sociale non
perisce, finché non si siano sviluppate tutte le forze
produttive per le quali essa ha campo sufficiente; e nuovi
rapporti di produzione non subentrano, se prima le condizioni
materiali di loro esistenza non siano state covate nel seno della
società che è in essere». (Traduzione di
Antonio Labriola nel suo scritto: In memoria).
Ed ecco il rifacimento del Loria (in La terra e il sistema
sociale, p. 19, Verona, Drucker, 1892; ma il Croce afferma
che in altri scritti del Loria ne esistono altri): «Ad un
dato stadio dello stromento produttivo corrisponde, e sovr’esso si
erige, un dato sistema di produzione, quindi di rapporti
economici, i quali foggiano poi tutto il modo di essere della
società. Ma l’evoluzione incessante dei metodi produttivi
genera tosto o tardi una metamorfosi radicale dello stromento
tecnico la quale rende intollerabile quel sistema di produzione e
di economia, che sullo stadio anteriore della tecnica era fondato.
Allora la forza economica invecchiata vien distrutta mediante una
rivoluzione sociale e sostituita con una forma economica
superiore, rispondente alla nuova fase dello stromento
produttivo». (Un saggio brillantissimo e degno di fama il
Loria ha scritto sulle virtù mirabolanti dello stromento
tecnico nell’articolo L’influenza sociale dell’aeroplano
pubblicato dalla «Rassegna Contemporanea» del duca di
Cesarò in un fascicolo del 1912).
Il Croce aggiunge che nella Critica dell’Economia Politica (vol. I, p. 143 n. e 335‑6 n.) e altrove è messa in rilievo l’importanza delle invenzioni tecniche ed è invocata una storia della tecnica, ma non esiste nessuno scritto in cui lo «stromento tecnico» sia fatto diventare la causa unica e suprema dello svolgimento economico. Il brano della prefazione a Zur Kritik contiene le espressioni «grado di sviluppo delle materiali forze di produzione», «modo di produzione della vita materiale», «condizioni economiche della produzione» e simili, le quali affermano bensì che lo svolgimento economico è determinato da condizioni materiali, ma non riducono queste mai alla sola «metamorfosi dello strumento tecnico». Il Croce aggiunge poi che il fondatore della filosofia della praxis non si è mai proposto questa indagine intorno alla causa ultima della vita economica. «La sua filosofia non era così a buon mercato. Non aveva “civettato” invano con la dialettica dello Hegel, per andar poi a cercare le cause ultime».
È da notare che nel Saggio popolare né è
riportato il brano della prefazione al Zur Kritik né vi si
fa accenno. Ciò che è assai strano trattandosi della
fonte autentica più importante per una ricostruzione della
filosofia della praxis. D’altronde, per questo riguardo, il modo
di pensare esposto nel Saggio non è differente da quello
del Loria, se non è addirittura più criticabile e
superficiale. Nel Saggio non si capisce esattamente cosa sia la
struttura, la superstruttura, lo strumento tecnico: tutti i
concetti generali vi sono nebulosi e vaghi. Lo strumento tecnico
è concepito in modo così generico che esso significa
ogni arnese e utensile, fino agli strumenti che adoperano gli
scienziati nel loro esperimento e... gli strumenti musicali.
Questo modo di porre la quistione rende inutilmente complicate le
cose.
Partendo da questo barocco modo di pensare tutta una serie di questioni barocche sorgono: per esempio, le biblioteche sono strutture o superstrutture? e i gabinetti sperimentali degli scienziati? Se può essere sostenuto che un’arte o una scienza si sviluppano per lo svilupparsi dei rispettivi strumenti tecnici, perché non potrebbe sostenersi precisamente il contrario o addirittura che certe forme strumentali sono nello stesso tempo struttura e superstruttura? Si potrebbe dire che certe superstrutture hanno una propria struttura particolare pur rimanendo superstrutture: così l’arte tipografica sarebbe la struttura materiale di tutta una serie anzi di tutte le ideologie e basterebbe l’esistenza dell’industria tipografica per giustificare materialisticamente tutta la storia. Rimarrebbe poi il caso della matematica pura, dell’algebra, che non avendo strumenti propri non potrebbero svilupparsi. È evidente che tutta la teoria dello strumento tecnico del Saggio è solo un abrakadabra e che può essere paragonata alla teoria della «memoria» escogitata dal Croce per spiegare il perché gli artisti non si accontentino di concepire le loro opere solo idealmente ma le scrivano o le scolpiscano, ecc. (con la fenomenale obbiezione del Tilgher a proposito dell’architettura in cui sarebbe un po’ grossa che per mantenere la memoria di un palazzo, l’ingegnere lo costruisca) ecc. È certo che tutto ciò è una deviazione infantile della filosofia della praxis, determinata dalla convinzione barocca che quanto più si ricorre a oggetti«materiali» tanto più si è ortodossi.