Q1 § 126

1 Un accenno a questo episodio è anche contenuto in un corsivo non firmato (ma probabilmente dello stesso Gramsci) pubblicato su «l'Unità» del 13 luglio 1926, con il titolo Un gruppetto di mi­serabili politicanti; vi si legge tra l'altro: «Nel Ministero Bo- nomi (1921-22) i popolari avevano il dicastero di grazia e giusti­zia; il regime di amministrare la giustizia colle circolari raggiunse tali forme scandalose da impressionare un vecchio reazionario quale il sen. Garofalo». Su «L'Epoca» di Roma del 1922 non ap­paiono però articoli firmati da Raffaele Garofalo. È possibile tut­tavia che Gramsci avesse in mente una collaborazione anonima al giornale romano, che poteva essere stata attribuita negli ambienti giornalistici al senatore Garofalo, in quel periodo magistrato di cassazione a Napoli. Sotto il titolo II nuovo ordinamento giudizia­rio. Gravi critiche di un alto magistrato, « L'Epoca » del 26 gen­naio 1922 pubblicava una conversazione con «un alto magistrato di passaggio a Roma» (di cui si taceva il nome); a proposito del nuovo ordinamento giudiziario approvato con R.D. 14 dicem­bre 1921 (e fatto registrare con riserva), l'intervistato parlava di un eccesso di potere «tanto più doloroso, quanto più frequenti nella vita italiana divengono queste manifestazioni del Governo che legifera di fatto fuori e al di sopra del Parlamento ». Qualche giorno dopo lo stesso giornale ritornava sull'argomento con un articolo, La riforma giudiziaria, attribuito a «un alto magistrato che vuol serbare l'incognito», dove tra l'altro si motivava in tal modo l'esigenza di una maggiore indipendenza della magistratu­ra: « Per un concorso eccezionale di contingenze il Consiglio Su­periore non più sembrava libero nelle sue determinazioni; né i suoi responsi trovavano eco concorde e favorevole nella realtà e nel sentimento di giustizia dei magistrati. Pareva che i singoli componenti giudicassero troppo con timore riverenziale, e nei gradi inferiori le personalità dei singoli membri determinavano ed ingeneravano una affannosa ricerca ed un paziente studio per propiziarsene a tempo le benevolenze e il favore. Una riforma perciò si imponeva ed era indilazionabile, innanzi tutto e soprat­tutto per mantenere salda la tempra del carattere, sicura e tran­quilla l'indipendenza dei singoli magistrati, scevri ed immuni dal servo encomio e dal codardo oltraggio » (cfr «L'Epoca» del i° feb­braio 1922). Gramsci si era già interessato a suo tempo, a propo­sito del problema dell'indipendenza della magistratura, dei di­scorsi tenuti dal senatore Garofalo per l'inaugurazione dell'anno giudiziario della corte di cassazione di Torino nel 1916 e nel 1918: cfr Le opinioni del senatore Garofalo (ora in SG, 47-48) e La borghesia italiana. Raffaele Garofalo (ora in Scritti 1915-21 cit., pp. 46-48). Cfr anche, su Raffaele Garofalo, un precedente articolo di Gramsci in 'Sotto la Mole' del 20 luglio 1916, Il buon diritto, ora in 202-3. DÌ Garofalo Gramsci si occupa anche in altre note dei Quaderni.