Panslavismo
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Termine con il quale si è espressa sia una generica solidarietà fra
tutti gli Slavi o parte di essi sia l’aspirazione a un’unione
politica di tutti i popoli slavi o parte di essi. In questo secondo
senso il p. ispirò alcuni progetti federativi, riguardanti i popoli
slavi sottoposti al dominio dell’Impero austro-ungarico, che furono
discussi dal Congresso slavo di Praga del giugno 1848.
Nella Russia della seconda metà del 19° sec., soprattutto sulla base
delle idee di N.J. Danilevskij, il p. acquisì il carattere di un
progetto politico, nazionalista e imperialista, tendente alla
liberazione degli Slavi dei Balcani e alla loro unificazione in una
federazione guidata dalla Russia. Esso fornì la base propagandistica
alla politica estera zarista negli anni successivi alla guerra di
Crimea (1853-56) e in coincidenza con la guerra russo-turca del
1877-78.
Riemerso nella propaganda militare russa nel corso delle due guerre
mondiali, al p. hanno fatto riferimento alcune formazioni di estrema
destra affermatesi in Russia dopo lo scioglimento dell’URSS.
Dizionario di Storia (2011)
Termine che denota un complesso eterogeneo di posizioni
ideologiche e politiche il cui fulcro unificante consiste
nell’affermazione dell’esistenza di una comune identità nazionale
dei popoli slavi. Le istanze del p. cominciarono a manifestarsi
nella prima metà dell’Ottocento all’interno dell’impero asburgico
tra le élite intellettuali slave permeate degli ideali nazionali
diffusisi in Europa con la Rivoluzione francese e la cultura
romantica.
Protagonisti della creazione di una coscienza nazionale panslava
furono, con i loro studi storiografici, etnografici e
linguistico-filologici, il boemo Josef Dobrovský (1753-1829) e gli
slovacchi Pavol Josef Šafařík (1795-1861) e Jan Kollár (1793-1852),
autore della fortunata opera poetico-patriottica Slávy Dcera («La
figlia di Slava»), nostalgicamente volta a idealizzare il passato
delle genti slave.
Nell’effervescenza rivoluzionaria e nazionalistica del 1848 il
movimento panslavista organizzò a Praga il primo Congresso dei
popoli slavi. Sotto la presidenza del patriota ceco František
Palacký (1798-1876) i 340 delegati – provenienti dall’Ucraina, dalla
Polonia, dai Balcani e, in massima parte, dalla Boemia e dalla
Slovacchia – approvarono un Manifesto che rivendicava i pari diritti
di tutte le nazioni europee, senza però riuscire a elaborare un
comune programma di azione politica.
Nella seconda metà del 19° sec. il macro-nazionalismo panslavo
cedette sotto il peso delle rivalità nazionalistiche tra i diversi
popoli slavi. La progressiva disgregazione dell’impero ottomano
portò alla nascita di due Stati-nazione, la Serbia e la Bulgaria,
nella cui congenita conflittualità naufragò ogni progetto di
solidarietà politica tra gli slavi della Penisola Balcanica.
Contrasti non meno aspri dividevano gli slavi dell’Europa
nordorientale, dove i polacchi – che con il poeta Adam Mickiewicz
(1798-1855) avevano contribuito ad alimentare gli ideali
emancipatori del p. – pativano le ingerenze imperialistiche degli
zar.
In Russia le teorie panslavistiche ebbero un’elaborazione ideologica
e una coloritura politica del tutto peculiari, dietro cui si scorge
il risalente retaggio culturale del mito di Mosca come «terza Roma»
e dentro cui si ritrovano i motivi religiosi e antioccidentali dello
slavofilismo romantico, incentrato sulla narrazione
dell’eccezionalità storica della Russia e della sua missione di
civiltà in difesa dell’ortodossia della fede cristiana.
Rappresentative di queste tendenze – nel cui orizzonte la Polonia
finiva per essere considerata come una «roccaforte dell’Occidente e
un’eterna traditrice dei suoi fratelli» (Tjutčev, 1848) – sono le
opere storiografiche, filosofiche e poetiche di Alexei Chomjakov
(1804-1860), Konstantin Sergeevich Aksakov (1817-1860) e Mikhail
Pogodin (1800-1875), il quale, a partire dal 1861, diresse le
attività del Moscow Slavic benevolent committee, la prima
organizzazione panslava sorta in Russia.
Nel 1867 il Committee organizzò un importante Congresso panslavo che
vide la partecipazione di molti ospiti stranieri e suscitò
l’attenzione dell’opinione pubblica russa, tanto che negli anni
successivi il movimento panslavo coinvolse nuovi e numerosi
aderenti, giungendo a insediarsi anche a San Pietroburgo, Kiev e
Odessa. Disertato ostentatamente dai polacchi, il Congresso di Mosca
palesò – al di là della retorica unitaria e identitaria – il
diffidente disagio degli slavi occidentali per le visibili tendenze
egemoniche dei russi.
Nel 1869 il saggista Nicolaj Jakovlevič Danilevskij (1822-1885)
diede al p. russo la sua più compiuta espressione ideologica,
pubblicando l’opera Russia ed Europa. Esaltando l’autonomia
della civiltà slava e dei suoi intatti valori religiosi egli
attribuiva alla Russia il compito di conquistare Costantinopoli e
liberare i cristiani dei Balcani. Concepiva inoltre il disegno di
una Lega panslava che, sotto l’egida dello zar, avrebbe dovuto
includere tutti i popoli e i territori a E della linea
Stettino-Trieste. In questa versione tendenzialmente imperialistica
il p. fornì la base propagandistica alla politica estera zarista,
soprattutto in occasione della guerra contro i turchi (1877-78), a
sostegno degli slavi dei Balcani. L’insuccesso diplomatico seguito
alla vittoria militare produsse grande delusione tra i militanti del
p. russo, il cui movimento declinò in maniera assai rapida, come
emblematicamente attesta la dissoluzione del Committee nell’anno
stesso del Congresso di Berlino (1878).
Fuori dai confini dell’impero zarista il p. diede timidi segni di
ripresa all’inizio del 20° sec. Due nuovi congressi, il primo a
Praga, il secondo a Sofia, si tennero nel 1908 e nel 1910. Tornò in
discussione allora il problema dell’ingombrante presenza della
Russia nel comune destino dei popoli slavi. Fu propugnata l’unione
dei polacchi e degli ucraini (gli slavi dell’Est), quella dei cechi,
degli slovacchi e dei moravi (gli slavi dell’Ovest), quella dei
serbi, dei croati, degli sloveni e dei dalmati (gli slavi del Sud).
Soprattutto emerse l’esigenza di rafforzare la posizione degli slavi
di fronte ai tedeschi e ai magiari.
In Russia una reviviscenza ideologica del p. accompagnò lo
scoppio della Prima guerra mondiale, ma dopo la Rivoluzione di
ottobre (1917) la nuova classe politica bolscevica – paladina
dell’internazionalismo socialista – screditò le posizioni dei
panslavisti come reazionarie e imperialistiche.
La coesione solidale dei popoli slavi tornò nell’orizzonte
ideologico-politico del governo russo durante la Seconda guerra
mondiale, in funzione antinazista.
Nel 1941, per volontà di Stalin, si formò a Mosca un comitato
panslavo che, sotto la presidenza del generale Gundorov, si dotò di
un organo di propaganda (la rivista Slavjane) e organizzò una serie
di congressi (a Sofia, Bratislava e Belgrado).
La divisione postbellica del continente europeo, con la creazione
della vasta area di egemonia sovietica e l’uscita della Iugoslavia
dal Cominform, nel giugno del 1948, segnò la fine del p. staliniano.