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Movimento politico-sociale inglese. Prese nome dalla People’s
Charter (1838) in cui i chiedevano il suffragio universale
maschile, lo scrutinio segreto, il Parlamento annuale,
un’indennità ai deputati, collegi numericamente uguali e la
soppressione del censo. Le petizioni furono respinte dal
Parlamento (1839, 1842) e ciò provocò sommosse a
Birmingham e a Newport. Alle richieste politiche se ne aggiunsero
altre di ordine sociale: diritto al lavoro e al suo prodotto
integrale, socializzazione della terra e controllo economico dei
mezzi di produzione da parte dei lavoratori. Spinti dalla
rivoluzione del 1848 in Francia, i cartisti organizzarono una
manifestazione, che però fallì segnando la loro
fine.
Dizionario di Storia (2010)
Movimento politico-sociale inglese, che prese nome dalla People’s charter, la carta programmatica compilata (1838) da W. Lovett, forse con la collaborazione di F. Place; vi si chiedevano il suffragio universale maschile, lo scrutinio segreto, il parlamento annuale, un’indennità ai deputati, collegi numericamente uguali e la soppressione del censo. Le richieste avevano dei precedenti già nel sec. 18°, ma erano state sommerse dalla reazione alla Rivoluzione francese.
La crisi economica dei primi decenni del secolo riproponeva quelle richieste in termini più urgenti: la charter era emanata a nome della Working men’s association. Feargus O’ Connor prese in quegli anni la guida del movimento e le sue doti tribunizie contribuirono al successo del c.; del suo giornale, il Northern Star, si vendettero fino a 50.000 copie. Ma i cartisti si videro respinte le loro petizioni presentate al Parlamento, una nel 1839, l’altra nel 1842. Ne seguirono sommosse, subito fallite, a Birmingham e a Newport. Aderirono poi radicali e rivoluzionari, mentre alle richieste politiche se ne aggiungevano altre di ordine sociale.
Si affermano, con tendenza ora riformistica, ora rivoluzionaria, le idee del diritto al lavoro e al suo prodotto integrale, in base alla teoria del plusvalore sottratto al lavoratore, nonché le aspirazioni alla socializzazione della terra e al controllo economico dei mezzi di produzione da parte dei lavoratori.
La rivoluzione del 1848 in Francia parve il segno di un universale cambiamento: a Londra i cartisti organizzarono una manifestazione, che però fallì segnando la disfatta del c., le cui richieste furono per lo più raccolte dal sorgente socialismo.
Enciclopedia Italiana (1931)
di Jacopo Mazzei
Movimento politico e sociale, che nel 1838 prese nome dalla carta,
scritta da Francis Place per ispirazione di William Lowett,
contenente le proposte riassunte in sei punti famosi: suffragio
universale (a tutti i maschi adulti), scrutinio segreto, elezioni
annuali, indennità ai deputati, collegi elettorali di
uguali proporzioni, eleggibilità senza censo. Proposte non
nuove, già note sotto il nome di plan of radical reform,
che per il suffragio universale e i distretti elettorali erano
già state presentate alla Camera dei lord nel 1780 dal duca
di Richmond; che avevano già costituito il programma della
Società degli amici del popolo, durante la rivoluzione
francese, e avevano avuto l'appoggio di sir Francis Burdett e del
maggiore Cartwright. E neppure proposte rivoluzionarie: suffragio
umano (secondo la frase del tempo), scrutinio segreto, abolizione
del diritto di voto per proprietà, furono, poco tempo dopo,
attuati in Inghilterra; collegi uguali e indennità ai
deputati sono usati nel continente senza che l'ordine sociale sia
sovvertito.
In un primo tempo (1836-1839 circa) questo programma,
riformisticamente innocente, riunì intorno a sé gli
elementi più disparati, come la Working men's association
di Londra di scopi moderati ed educativi, la Political union di
Birmingham con scopi di progresso industriale e di politica
economica, e le unioni del nord, guidate dall'irruento Feargus O'
Connor, decisamente ostili all'introduzione delle macchine, e alla
nuova legge dei poveri con "le sue bastiglie" (wor-houses). Era,
questo primo movimento, una ripresa di quello che aveva preceduto
la riforma elettorale del 1831, a favore di coloro cui la riforma
non aveva concesso il voto.
Ma la parte estrema prese presto il sopravvento e, se non
riuscì a dare al cartismo un programma preciso, gli
conferì quell'andamento rivoluzionario che lo fece temere e
reprimere.
I sei punti furono considerati mezzo, non fine: ai "cartisti della
forza morale" si opposero, secondo la frase del tempo, "i cartisti
della forza fisica"; spuntò fra i due il progetto del "mese
sacro" di Bembow, che anticipava l'idea più recente dello
sciopero espropriatore, proponendo lo sciopero generale di un
mese, efficace - si diceva - a ridurre alla capitolazione la
classe possidente. La "capitolazione della classe possidente" era
infatti il programma finale. Esso era espresso nelle frasi di
Bronterre O' Brien esattamente precorrenti Proudhon: "la
proprietà nel senso moderno della parola è il
diritto che possiede A di prelevare per effetto della legge la sua
parte sul prodotto di B, la legge essendo stata fatta
esclusivamente da A"; "attaccare la proprietà è
dunque attaccare il furto", era cantato nella poesia popolare:
Wages should form the price of goods
Yes wages should be all;
Then we who work to make the goods
Should just have them all.
But if the price be made of rent
Tithes, taxes profits all;
Then we who work to make the goods
Shall have just none at all.
Nel cartismo si accennavano spunti di dottrine che dovevano
vilupparsi più tardi, ma con non lieti punti di divergenza:
la fede nella efficacia di una conquista del parlamento, la
convinzione che attraverso un'immediata azione legislativa o
rivoluzionaria potesse risolversi la crisi sociale, le
ostilità contro l'economia politica. Secondo Place, i
cartisti denunziavano ognuno che si opponeva a loro come "un
economista, sotto il quale appellativo intendevano un accanito
nemico della classe operaia". Ancora Malthus e Ricardo non erano
divenuti strumenti dell'argomentazione marxista; non si progettava
ancora di espropriare le macchine, ma si spezzavano. Non persuasi
del socialismo dell'ottimista Owen, che fa presiedere le sue
riunioni dal fratello del re, il duca di Kent; esacerbati dalla
propaganda libero-scambista, di cui assorbivano le descrizioni
dell'ingiusto stato presente, senza aver fede nel rimedio
proposto, troppo tecnico, piccolo e legalitario, coloro che
avevano visto sfuggirsi la possibilità del voto dopo la
riforma, che erano in modo nuovo tormentati o disgustati dalla
legge sui poveri (1834), che sentivano in pieno la crisi sociale e
industriale del tempo e gli effetti dell'introduzione delle
macchine, cercarono un programma radicale nella National Charter
Association. Si tratta perciò, negli strati più
profondi, di un movimento sociale, che ha preso un programma
politico perché ancora si crede, anche in Inghilterra,
all'immediata possibilità di realizzare in via politica un
rivolgimento sociale, perché ancora una enunciazione
"scientifica" del socialismo non si è avuta.
Capi del movimento furono Lowett, segretario della Working men's
association di Londra d'indirizzo moderato, Bronterre O' Brien
rivoluzionario letterato, Bembow, oste, sostenitore del mese
sacro, Feargus O' Connor, deputato di Cork, tribuno violento e
teatrale, sedicente discendente da Roderico O' Connor re d'Irlanda
ed effettivamente, per linea femminile, da Condorcet, e morto
pazzo nel 1855.
I cartisti presentarono al parlamento petizioni richiedenti i sei
punti nel 1839 con più di un milione di firme, nel 1842 con
3 milioni di firme. Inutilmente. Varî tumulti furono
provocati dai cartisti: a Birmingham (1839) il più grave. A
Newport si giunse a vera rivolta armata per liberare l'arrestato
cartista Enrico Vincent. Tre colonne armate di rivoltosi alle due
di notte marciarono sulla città agli ordini di Frost.
Dispersi i ribelli con una diecina di morti e una cinquantina di
feriti, Frost arrestato fu condannato a morte per alto tradimento
con Williams e Jones, condanna mutata nella deportazione a vita,
poi condonata. Nel 1848 il movimento cartista, già
decadente, fu galvanizzato dalla notizia della rivoluzione in
Francia: fu sottoscritta una nuova petizione che i cartisti si
proponevano di portare in corteo. al parlamento il 10 aprile.
Proibito il corteo, invitati in servizio volontario di sicurezza
i cittadini, questi si presentarono in 170.000 (più dei
dimostranti). Consegnata senza corteo la petizione, risultò
non di 5 milioni di firme, ma di meno di due, molte delle quali
false e burlesche. Dopo circa 11 anni il movimento cartista era
finito, e con esso decadeva per molto tempo l'atteggiamento
rivoluzionario della classe operaia inglese.
In questo decennio il prezzo del grano era abbassato per la
riforma liberista, 300 mila operai (circa un milione di persone,
con le famiglie) avevano trovato occupazione nelle nuove
costruzioni ferroviarie.