Sensazione

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Stato di coscienza in quanto sia avvertito come prodotto da uno stimolo esterno o interno al soggetto. filosofia L’interpretazione della natura della s. costituisce uno dei temi principali della teoria della conoscenza. Le prime dottrine gnoseologiche sulla s. la considerano in termini strettamente realistici e materialistici: la s. era, per Empedocle e Democrito, un processo fisico in cui l’organo di senso subisce l’influsso della realtà esterna. Già con Protagora, tuttavia, veniva messo in evidenza il carattere soggettivo e relativo della sensazione. Platone, sotto l’influsso delle dottrine parmenidee e in polemica con le dottrine sofistiche, svalutò la funzione conoscitiva della s., contrapponendole la conoscenza autentica, quella delle forme eterne e immutabili della realtà. In Aristotele la s. costituisce piuttosto il primo e indispensabile stadio del processo conoscitivo. Lo scetticismo riaffermò il carattere soggettivo della s., negando con ciò la possibilità di conseguire quella conoscenza oggettiva che per il pensiero antico era caratteristica imprescindibile della verità.

Nel pensiero moderno si assiste a una rivalutazione della sensazione. Se è vero che in R. Descartes la conoscenza sensibile è in una posizione subordinata rispetto alla chiarezza e alla distinzione delle nozioni innate e che G.W. Leibniz, pur considerando la conoscenza razionale come uno sviluppo della confusa conoscenza sensibile, considera la s. un’autentica forma di conoscenza, l’empirismo inglese, innanzitutto con J. Locke, indicò nella conoscenza sensibile la fonte di ogni conoscenza. Questa funzione conoscitiva della s. raggiunse esiti radicali in G. Berkeley, per il quale l’esistenza stessa di ogni realtà si riduce al suo essere percepita, e in D. Hume, in cui la conoscenza è ricondotta alle operazioni psicologiche dell’associazione tra idee de­rivanti dalla sensazione. Il sensismo settecentesco elaborò ulteriormente i presupposti dell’empirismo inglese (specialmente di Locke), mentre nella critica kantiana la conoscenza è concepita come sintesi di dati sensibili e categorie intellettive attuantesi concretamente nella stessa esperienza sensibile.

Il positivismo ottocentesco (in particolare J.S. Mill) avrebbe ripreso e sviluppato i motivi associazionistici di Locke e Hume, mentre nel pensiero contemporaneo un ruolo fondamentale hanno rivestito le concezioni di E. Mach, per il quale le s. sono entità ontologiche dalla cui aggregazione si costituisce la realtà sia fisica sia psichica. Dottrine in parte analoghe sono state sostenute anche da B. Russell, e sia Mach sia Russell sono stati tra i principali ispiratori del positivismo logico, la cui fase originaria è contraddistinta da una teoria radicalmente fenomenistica della conoscenza. La storia successiva del positivismo logico avrebbe comunque sempre più dimostrato i limiti di una teoria della conoscenza e di una filosofia della scienza basate esclusivamente sulla s., ideale al quale molti autori, più o meno vicini al neopositivismo (N. Goodman, W. Sellars, L. Wittgenstein, K.R. Popper, N.R. Hanson, T. Kuhn), hanno contrapposto la tesi dell’inscindibilità dei dati sensoriali dalle categorie linguistiche e concettuali. Il rapporto tra s. e conoscenza è stato riportato all’attenzione della riflessione filosofica e scientifica dalla prospettiva naturalistica di W.V.O. Quine, che ha avanzato il progetto di una ‘naturalizzazione’ della teoria della conoscenza, dove le s. e i dati di senso della tradizione filosofica sono sostituiti dal processo fisico costituito dall’attivazione delle terminazioni nervose dei soggetti umani da parte di stimoli provenienti dall’esterno; da questo punto di vista, compito della teoria della conoscenza sarebbe quello di spiegare in che modo da un processo causale di questo tipo si origini quel complesso di informazioni che chiamiamo conoscenza. fisica Con s. sonora e s. luminosa si indicano gli effetti, prodotti su un ascoltatore e su un osservatore rispettivamente, da segnali acustici e luminosi; una soddisfacente definizione di s. sonora e s. luminosa come grandezze fisiche richiederebbe però che a s. uguali dal punto di vista fisico corrispondessero effetti fisiologici uguali, ciò che di regola non si verifica. psicologia Alle origini della moderna psicologia sperimentale (W. Wundt, E.B. Titchener) s’intendeva con s. il costituente psichico elementare, e l’analisi introspettiva della s. costituiva il vero e proprio obiettivo della ricerca psicologica. Con l’affermarsi della scuola funzionalista l’accento si spostò sui processi percettivi e sul loro valore adattivo nei confronti dell’ambiente, e con l’avvento del behaviorismo, che allargava lo studio dei processi sensoriali alla psicologia animale e comparata, fu definitivamente abbandonata l’impostazione introspettiva wundtiana.

Nella psicologia contemporanea s. è termine di difficile definizione, su cui pesa il carico delle accezioni filosofiche.

Dizionario di Filosofia (2009)

Ogni stato di coscienza in quanto sia avvertito come prodotto da uno stimolo esterno o interno al soggetto. L’interpretazione della natura della s. costituisce uno dei temi principali dell’intera storia della gnoseologia. Il realismo gnoseologico dei Greci si manifesta, anzitutto, in un’interpretazione schiettamente materialistica della s. considerata semplice fenomeno fisico in cui l’organo corporeo di senso subisce passivamente l’influsso della realtà esterna (Empedocle, Democrito). Un primo avvertimento del carattere di soggettività del processo sensitivo si ha con Protagora. Ma l’instabilità, che appare costitutiva della conoscenza sensibile, fa sì che essa sia pienamente svalutata dalla gnoseologia di Platone, tutta orientata verso l’ideale eleatico, per cui non c’è conoscenza vera se non dell’eterno e dell’immutabile. D’altra parte, lo scetticismo sente nell’inevitabile elemento soggettivistico della s., già rilevato dalla sofistica protagorea, solo la negazione della possibilità di raggiungere quella oggettività, che per tutto il pensiero antico è imprescindibile caratteristica del vero. S’intende quindi come la gnoseologia moderna, che s’inizia capovolgendo la posizione dell’antico scetticismo, e mostrando come la soggettività intrinseca al conoscere sia essa stessa il fondamento dell’oggettività di cui si andava in cerca, debba condurre a una rivalutazione della disprezzata conoscenza sensibile. Vero è che per Cartesio la conoscenza sensibile delle cose esterne resta ancora un confusus cogitandi modus rispetto alla chiarezza e alla distinzione delle innate nozioni razionali: e questa condanna della s. come conoscenza confusa si perpetua, attraverso Spinoza, in Leibniz, che pure insiste sulla necessità di concepire anche la conoscenza razionale come sviluppo della oscura conoscenza sensibile. Tuttavia Campanella, affiancando, sia pure con diversità di valore, il sensus abditus, corrispondente al cogito cartesiano, al sensus additus, attestante la realtà esterna, rivendica implicitamente il carattere sensibile di questa conoscenza. E questa rivalutazione trionfa nell’empirismo inglese, dalla lockiana riduzione associazionistica di ogni conoscenza razionale alla fonte della conoscenza sensibile, alla berkeleyana risoluzione di ogni essere della cosiddetta realtà esterna nel suo esser percepito nella sensazione. Così il sentire, già considerato come momento negativo e deformatore della realtà, finisce per occupare totalmente il posto della realtà stessa. D’altronde, per superare lo scetticismo di Hume, dissolutore di ogni sostanzialità sia materiale sia spirituale, la critica kantiana non può concepire la conoscenza se non come sintesi, di categorie intellettuali e di dati offerti dalle s., concretamente attuantesi nella stessa esperienza sensibile. L’idealismo del primo Ottocento, negando il presupposto kantiano della cosa in sé e quindi dell’immediato contenuto sensibile che fornisce la materia prima di ogni elaborazione conoscitiva, giunge a una diversa valutazione del sapere sensibile, considerato come semplice grado dialettico di quel processo che conduce all’assoluta conoscenza razionale.