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Sraffa, Piero.
Economista (Torino 1898 - Cambridge, Inghilterra, 1983), prof. nelle
univ. di Perugia (1923) e Cagliari (1925-38), e dal 1939 al Trinity
College di Cambridge; socio nazionale dei Lincei (1965). Con l'ormai
celebre articolo Relazioni tra prezzi e quantità prodotte (in
Annali di economia, 1925), S. iniziò il movimento di
revisione della teoria economica a proposito delle forme di mercato.
La critica di S. investì la costruzione marshalliana,
dimostrando come libera concorrenza e presenza di rendimenti di
scala variabili siano tra loro contraddittorie, in quanto, se i
costi non incontrassero ostacoli nella loro diminuzione, anche
l'espansione delle dimensioni delle imprese non avrebbe limiti e si
creerebbero necessariamente situazioni monopolistiche. Il concetto
di concorrenza perfetta è invece compatibile con l'ipotesi di
rendimenti di scala costanti: ciò implica che i prezzi siano
determinati sulla base dei costi di produzione, mentre le
quantità prodotte dipendono dalle condizioni della domanda.
Nell'articolo The laws of returns under competitive conditions (in
Economic journal, 1926; trad. it. 1927), S. fornì un
rilevante contributo all'elaborazione della teoria della concorrenza
imperfetta o monopolistica, che sarebbe stata sviluppata pochi anni
dopo da J. Robinson e da E. Chamberlin. Dopo la pubblicazione
dell'articolo Increasing returns and the representative firm (in
Economic journal, 1930), S. abbandonò il campo d'indagine
della scuola marginalista per approdare sul terreno dell'analisi
classica del valore e della distribuzione che egli rielaborò
al di fuori della cornice teorica della dottrina del valore-lavoro.
In Produzione di merci a mezzo di merci (1960), opera che
sistematizza i risultati delle sue ricerche, S. dimostrò come
in un sistema economico, caratterizzato dall'esistenza di un
sovrappiù, i prezzi relativi risultino determinati dalle
condizioni di produzione e dal modo in cui tale sovrappiù
viene distribuito tra salarî e profitti. Nella stessa opera S.
risolse anche il problema ricardiano della determinazione di una
misura del valore invariante rispetto alla distribuzione del reddito
attraverso il concetto di "merce tipo" (merce composita per la quale
è realizzata l'uguaglianza di due proporzioni: quella delle
merci che la compongono e quella delle merci necessarie alla sua
produzione).
La sua analisi sfocia così in una critica decisiva alla
concezione del capitale inteso come quantità misurabile su
cui si basa la teoria marginalista del saggio di profitto. Con M.
Dobb curò l'ed. critica dell'opera di D. Ricardo The works
and correspondence of D. R. (10 voll., 1951-55).