www.treccani.it
Ricardo David.
Economista inglese (Londra 1772 - Gatcomb Park, Gloucestershire,
1823) di famiglia ebrea, convertito al cristianesimo. Considerato
uno dei massimi esponenti della scuola classica, i suoi studi sulla
svalutazione della moneta, sulla rendita fondiaria, sugli scambi
internazionali ma soprattutto sulla distribuzione della ricchezza,
segnano una tappa fondamentale nello sviluppo e nel consolidamento
di un sistema d'indagine scientifico, destinato a dominare per
parecchi decenni e a esercitare una notevole influenza sui sistemi
scientifici posteriori. La sua opera maggiore Principles of
political economy and taxation venne pubblicata nel 1817.
Vita.
Discendente da una famiglia di ebrei iberici, fece pratica
commerciale ad Amsterdam ed esercitò quindi a Londra la
professione paterna di agente di cambio. Convertitosi al
cristianesimo, si separò dalla famiglia e costituì
un'azienda indipendente. Nel tempo accumulò un cospicuo
patrimonio che gli permise di dedicarsi agli studi prediletti: alla
matematica, alla chimica, alla geologia, alla mineralogia e, in
seguito alla lettura del Wealth of nations di A. Smith,
all'economia. Nel 1819 R. entrò alla Camera dei comuni, dove
si oppose decisamente al conservatorismo delle sfere governative. La
morte lo colse nel pieno della maturità e
dell'attività scientifica e politica.
Opere e pensiero.
Inizialmente attratto dallo studio dei problemi monetari del momento
(High price of bullion, 1809; Replay to Mr. Bosanquet's practical
observations on the report of the Bullion Committee, 1811; Proposals
for an economical and secure currency, 1816), si interessò in
seguito ai criteri di distribuzione della ricchezza, assumendo la
rendita quale elemento integrante di un sistema scientifico (Essay
on the influence of a low price of corn on the profits of stock,
1815), e pose le basi di una particolare concezione dell'economia e
finanza (Principles of political economy and taxation, 1817; ed.
successive, con notevoli modifiche e aggiunte, 1819 e 1821). Furono
pubblicati postumi, oltre a una memoria sulla banca di emissione
(Plan for the establishment of a national bank, 1824), tre volumi di
lettere dirette a Th. R. Malthus (1887), a J. R. McCulloch (1895) e
a H. Trower (1899), da cui risulta come R. fosse pienamente conscio
dei limiti e delle potenzialità della sua teoria.
Per R., il principale problema dell'economia è quello della
distribuzione della ricchezza. Egli assume la società divisa
in tre classi (proprietari terrieri, operai e imprenditori) ed
elabora una teoria sulla distribuzione che appare però certo
troppo semplice: considera le varie classi come nettamente distinte;
prescinde da ogni analisi autonoma del fenomeno dell'interesse
(considerato parte integrale del profitto); attribuisce al profitto
un carattere residuale, che dà adito a dubbî ove sia
posto in relazione allo stesso concetto meccanico di equilibrio
simultaneo dei fenomeni di produzione e di distribuzione, che R. ha,
se non proprio inaugurato, potentemente sviluppato. Nonostante
però tutte le obiezioni che possono essere mosse, la visione
ricardiana ha fornito uno strumento prezioso per lo sviluppo di
altri sistemi scientifici quali quelli di Jevons e di Menger.
Il valore, concetto fondamentale di tutta l'economia classica,
è per R. un semplice rapporto, secondo il quale si scambiano
tra di loro le varie merci. Mirabili e feconde anche le indagini
sugli scambî internazionali e sulle variazioni del potere
d'acquisto della moneta che, con modifiche non essenziali, fanno
ancora parte integrante della scienza economica.
La teoria dei costi comparati, elaborata nel presupposto di prodotti
identici e di un unico stadio tecnico di lavorazione e assunta a
giustificazione teorica del libero scambio, è stata anzi
generalizzata da studi moderni. Nessuno ha poi potuto infirmare
l'intima logica e l'aderenza al nucleo essenziale dei fenomeni della
teoria quantitativa della moneta, cui si ricollega il teorema delle
ripartizioni e dei metalli preziosi, nonostante l'evoluzione della
realtà economica abbia indotto a integrare e rivedere
l'enunciato ricardiano.