Enciclopedia delle Scienze Sociali (1997)
di Roberto Scazzieri
Reddito
sommario: 1. Introduzione. 2. Reddito e
ricchezza. 3. Revenue e treasure nell'analisi dei mercantilisti. 4.
Ricchezze artificiali, treasure e attività produttive. 5.
Dalla contabilità della ricchezza alla contabilità del
reddito: aritmetici politici e fisiocrati. 6. Il lavoro e la teoria
classica del reddito. 7. Prodotto netto e formazione dei redditi:
Storch e Ricardo. 8. La teoria classica del reddito: alcuni
caratteri generali. 9. Critiche alla concezione classica e origini
della teoria soggettiva dei redditi. 10. Reddito atteso e valore
capitale: il contributo di Irving Fisher all'analisi del reddito
individuale e sociale. 11. Reddito netto e capitale produttivo: alle
origini della moderna contabilità nazionale e sociale. 12.
Investimenti, consumi e struttura del reddito: contributi
all'analisi macroeconomica di occupazione e capacità
produttiva. 13. Reddito sostenibile, istituzioni e 'capitale
naturale'. □ Bibliografia.
1. Introduzione
Il concetto di reddito richiama un insieme di relazioni e processi
di rilievo fondamentale per l'analisi dei sistemi economici, sia sul
piano statico (caratteristiche del sistema economico e delle sue
componenti a un dato istante) sia sul piano dinamico
(caratteristiche dei comportamenti seguiti dal sistema economico, o
da sue componenti, lungo un determinato arco di tempo, e
proprietà delle trasformazioni strutturali introdotte).
L'analisi economica del reddito fa riferimento in primo luogo alla
dimensione del potere d'acquisto (su beni e servizi) di singoli
individui, gruppi sociali e sistemi economici complessivi. La
possibilità di disporre (in termini generali) di beni e
servizi, senza che sia specificata la composizione merceologica del
paniere di beni (e servizi) così disponibili, è una
caratteristica essenziale del concetto di reddito e ne costituisce
un aspetto distintivo rispetto al concetto di ricchezza, che
può anche essere riferito a collezioni di oggetti specificati
in termini fisici.Il reddito (potere d'acquisto) generato in un
sistema economico può essere destinato dai singoli (o dalle
famiglie) al consumo oppure al risparmio. Tuttavia non tutto il
reddito sottratto al consumo degli individui (o delle famiglie)
è trasferito a un periodo successivo: in molti casi decisioni
individuali di risparmio hanno l'effetto di accrescere la domanda
per beni di investimento e quindi di aumentare la capacità di
generare reddito in un periodo successivo. Il risparmio individuale
non coincide necessariamente con il risparmio sociale: infatti
relazioni interindividuali di credito e debito sono possibili anche
in un sistema economico in cui il reddito complessivo sia destinato
per intero all'acquisto di beni di consumo. D'altra parte la spesa
di reddito per l'acquisto di determinate categorie di beni (come i
beni capitali) è compatibile con l'astensione individuale dal
consumo (risparmio individuale).
Il concetto di reddito è strettamente connesso allo studio
delle relazioni economiche fra individui (distribuzione personale
del reddito), gruppi o classi sociali (distribuzione funzionale o
per grandi aggregati sociali), categorie di spesa distinte (consumi
e investimenti). In particolare, l'analisi del reddito è
centrale nello studio delle dinamiche interne di un sistema
economico, quali si esprimono attraverso cambiamenti nel peso
relativo di settori produttivi e gruppi sociali, così come
attraverso il passaggio da fasi di espansione a fasi di contrazione
nei livelli di attività (o viceversa).
2. Reddito e ricchezza
L'evoluzione storica del concetto di reddito suggerisce la sua
definizione in termini di potere d'acquisto (monetario oppure reale)
attribuibile a un individuo o a una comunità di individui per
effetto di entrate effettive oppure virtuali. Tra le entrate
effettive generatrici di reddito possiamo ricordare i compensi di
carattere salariale, i profitti e interessi sui fondi di capitale
investiti, le rendite percepite in seguito a contratti di locazione
o leasing. Come esempio di entrata virtuale si possono considerare i
guadagni in conto capitale (capital gains) riferiti a investimenti
che modificano nel tempo il proprio valore anche in assenza di una
loro effettiva liquidazione. Il carattere di 'entrata' è
costitutivo del concetto di reddito, e identifica un suo elemento
distintivo fondamentale nei confronti del concetto di ricchezza.
Quest'ultima, infatti, può essere definita come il fondo (o
patrimonio) di beni (materiali o immateriali) a disposizione di un
particolare individuo, o comunità di individui, in un
particolare istante o intervallo temporale. Si potrebbe quindi
ritenere che la distinzione fra reddito e ricchezza sia fondata, in
termini generali, sulla distinzione tra flussi e fondi. I flussi
consentono di accrescere (oppure fanno diminuire) il potere
d'acquisto di un particolare individuo (o comunità di
individui) nel corso di un certo intervallo temporale, mentre i
fondi consentono di identificare il potere d'acquisto goduto a un
certo momento.
La connessione tra persistenza e cambiamento suggerisce un criterio
di lettura utile all'esame delle caratteristiche che distinguono il
potere d'acquisto sotto forma di reddito dal potere d'acquisto sotto
forma di patrimonio o fondo di ricchezza. A questo proposito vale la
pena di ricordare che, secondo John Hicks, "lo scopo dei calcoli
relativi al reddito nella vita pratica è fornire agli
individui un'indicazione della quantità che essi possono
consumare senza impoverirsi" (v. Hicks, 1939, p. 172). Questa
quantità può essere misurata ex post facendola
coincidere con "il valore del consumo individuale più
l'incremento nel valore monetario delle aspettative di consumo", e
quindi con "il consumo più l'accumulazione di capitale"
(ibid., p. 178). Il carattere obiettivo di tale criterio suggerisce
a Hicks la possibilità di estendere la precedente definizione
di reddito all'ambito sociale, cosicché il reddito della
comunità nel suo complesso risulterà ancora identico
alla somma di consumo e accumulazione di capitale.In questa
prospettiva è stato sottolineato che, mentre l'analisi dei
redditi individuali tende spesso a rivolgere l'attenzione ai
trasferimenti sostenuti da impegni finanziari, l'analisi del reddito
sociale considera invece come centrali grandezze e relazioni reali
(v. Soci, 1990, p. 128). Alcune analogie con la definizione
hicksiana del reddito si possono trovare nella precedente analisi
contabile del reddito d'impresa proposta da Gino Zappa, secondo il
quale il reddito è "l'accrescimento che, in un determinato
periodo di tempo, il capitale di un'impresa data subisce in
conseguenza della gestione" (v. Zappa, 1920-1929, p. 225).
Quest'ultima definizione, tuttavia, insiste sulla precisa natura
contabile del reddito e sulla conseguenza che "il reddito conseguito
in un dato periodo di tempo non può [...] rilevarsi che
quando esso tempo è trascorso, e anche allora solo con quelle
incertezze che derivano specialmente dalla coordinazione nel tempo
dei costi e dei ricavi. Mentre un esercizio si svolge non può
il reddito determinarsi che approssimativamente con conteggi
extra-contabili, basati più assai che non le rilevazioni
contabili, su mere previsioni" (ibid., p. 235).
Reddito e ricchezza si configurano così come dimensioni
distinte di uno stesso processo, in cui il potere d'acquisto
corrente (reddito) si determina attraverso la redditività (o
produttività) del potere d'acquisto accumulato (ricchezza),
mentre la ricchezza può a sua volta variare per effetto di un
consumo maggiore o minore rispetto a quello compatibile con
l'ipotesi di potere d'acquisto costante. Come ebbe a osservare
Gustavo Del Vecchio, "il reddito è la somma di servizi
disponibili durante un determinato periodo di tempo. Il capitale o
patrimonio è la somma dei beni economici esistenti in un dato
momento [...]. Quella ricchezza che noi chiamiamo reddito, quando la
misuriamo come flusso, è la medesima ricchezza che chiamiamo
capitale, quando la misuriamo come fondo" (v. Del Vecchio, 1961, pp.
395-396).
3. Revenue e treasure nell'analisi dei
mercantilisti
L'analisi economica ha sottolineato di volta in volta l'aspetto di
flusso oppure di fondo del potere d'acquisto, anche sotto
l'influenza di circostanze storiche e istituzionali in cui poteva
emergere l'una o l'altra caratteristica del processo di acquisizione
dei beni.
Già nel XVII secolo, nel saggio England's treasure by
forraign trade (pubblicato nel 1664, ma scritto attorno al 1630),
Thomas Mun aveva analizzato con chiarezza il nesso tra reddito
(revenue) e ricchezza (treasure, ready money), mettendo in risalto
l'analogia tra i processi che fanno variare lo stock (ricchezza
accumulata) di un sistema economico e i processi da cui dipende la
dinamica dei singoli patrimoni privati: "in questo caso accade allo
stock di un regno ciò che caratterizza il patrimonio di un
individuo privato. Si supponga che questo individuo abbia un reddito
annuale di mille sterline e duemila sterline di moneta disponibile
nella sua cassaforte. Nel caso che egli, per effetto di eccessi,
spenda millecinquecento sterline all'anno, tutto il denaro
disponibile sarà esaurito nel giro di quattro anni; e nello
stesso periodo di tempo il denaro disponibile sarà
raddoppiato se avrà invece deciso di comportarsi in modo
frugale spendendo soltanto cinquecento sterline all'anno" (v. Mun,
1664, ed. 1933, p. 5). La stessa relazione fra potere d'acquisto
corrente e potere d'acquisto cumulato (essenzialmente una relazione
tra flussi e stocks) è individuata da Mun nel caso di un
sistema economico che scambia beni sui mercati internazionali:
"Supponiamo che, una volta che questo regno sia fornito in
abbondanza di tessuti, piombo, stagno, ferro, pesce e altre merci
locali, noi esportiamo annualmente l'eccedenza a paesi stranieri per
un valore di ventidue volte centomila sterline; in questo modo
riusciamo ad acquistare oltremare e importare presso di noi per il
nostro uso e consumo merci straniere per un valore di venti volte
centomila sterline. Seguendo con scrupolo questo criterio nel
condurre il nostro commercio, possiamo essere certi che la ricchezza
del regno si accrescerà ogni anno di duecentomila sterline,
che dovranno essere condotte a noi sotto forma di moneta
disponibile, poiché quella parte del nostro stock che non ci
viene restituita sotto forma di merci deve necessariamente ritornare
sotto forma di ricchezza monetaria" (ibid.).
L'interesse di Mun per la contabilità della ricchezza spiega
il ruolo particolare da lui attribuito alla moneta disponibile
(treasure), benché non sia trascurata la considerazione dei
processi reali (piuttosto che monetari) da cui dipende il reddito
annuale (yearly revenue) e quindi la stessa possibilità di
accrescere la ricchezza accumulata. In particolare, Mun sottolinea
il ruolo svolto dalle attività manifatturiere nell'assicurare
un elevato valore aggiunto per i beni scambiati sui mercati
internazionali, e quindi nel consentire un consistente incremento
del treasure: "Se confrontiamo la nostra lana di tosatura con i
nostri tessuti, che richiedono tosatura, lavatura, cardatura,
filatura, tessitura, follatura, tintura, guarnizione e altre
operazioni di finitura, troveremo che queste arti sono più
profittevoli della ricchezza naturale" (ibid., p. 71). L'attenzione
per la contabilità della ricchezza (piuttosto che per la
contabilità del reddito) indirizza l'interesse di Mun verso
le attività economiche direttamente connesse
all'accumulazione di treasure e ready money, piuttosto che
semplicemente alla formazione di revenue. Per questa ragione egli
attribuisce grande importanza alle eccedenze positive della balance
of trade e a quelle attività economiche che contribuiscono in
modo più rilevante alla formazione di valore aggiunto (per
unità di prodotto), quali appunto le 'arti' o manifatture.
4. Ricchezze artificiali, treasure e
attività produttive
L'attenzione di Mun per il nesso fra treasure e attività
produttive (in particolare le manifatture) è condivisa da
molti altri autori del XVII secolo, fra i quali possiamo ricordare
almeno Antonio Serra (v., 1613) e sir Josiah Child (v., 1693). Serra
mette in risalto il nesso fra quantità "d'oro e argento"
disponibile all'interno di una comunità politica e
"quantità d'artifici" (cioè di attività
manifatturiere) che si esercitano in essa: "La quantità
dell'artifici farà abbondare un regno o città di
denari, quando in quelli si esercitano più e diversi artifici
necessari o commodi o dilettevoli all'uso umano in quantità
grande, che soprabondi al bisogno del paese". Fra le ragioni della
particolare efficacia delle manifatture nell'accumulazione interna
di oro e argento (il treasure di Mun), Serra indica la minore
incertezza del risultato produttivo, i minori costi di transazione
(soprattutto per effetto della minore deperibilità dei
manufatti), i costi unitari decrescenti delle attività
manifatturiere, e (anticipando Mun) la possibilità di
esportare beni a elevato valore aggiunto per unità di
prodotto: "Al più delle volte si cava più
dall'arteficio che dalla robba, come si vede dall'arteficio della
lana, particolarmente nei panni fini, nell'arteficio de lini, sete,
armi, pitture, sculture, stampe e tutti altri artefici risguardanti
drogherie, con altri infiniti" (cit. in Capodaglio, 1970, pp.
65-67).
Sir Josiah Child condivide l'opinione di Serra sul maggiore
contributo delle ricchezze artificiali (manufatti) rispetto alle
ricchezze naturali (prodotti agricoli, materie prime) per
l'accumulazione interna di treasure, e mette in evidenza la
necessità di rendere efficace la disponibilità di
ricchezze naturali attraverso un adeguato impiego di altri fattori
produttivi. "Qualunque cosa aumenti il valore della terra nelle
transazioni, accresca la rendita delle fattorie, renda più
estesa la massa del commercio estero, moltiplichi gli addetti alle
manifatture all'interno del paese, induca un paese alla
frugalità, accresca il fondo di popolazione, è
necessariamente un fattore che procura ricchezza" (v. Child, 1693,
p. 46).
5. Dalla contabilità della ricchezza alla
contabilità del reddito: aritmetici politici e fisiocrati
All'analisi del nesso fra revenue e treasure, che è alla base
dello schema analitico degli autori interessati in primo luogo alla
balance of trade (i cosiddetti mercantilisti), viene sostituita,
già con gli aritmetici politici, la considerazione del
revenue come flusso che può sostenere la spesa corrente di un
sistema economico indipendentemente dalla ricchezza accumulata che
ne può derivare. William Petty, in un'opera pubblicata nel
1691, scrive: "Se il reddito annuo del patrimonio, o ricchezza della
nazione, è di soli 15 milioni mentre le spese sono di 40,
consegue che il lavoro della popolazione deve fornire i rimanenti 25
milioni" (cit. in Capodaglio, 1970, p. 73).
La nuova teoria del reddito che si delinea con i contributi degli
aritmetici politici (fra i quali William Petty) è
caratterizzata da un significativo spostamento di attenzione dalla
contabilità della ricchezza alla contabilità del
reddito, e quindi dalla considerazione dell'interdipendenza tra
flussi di beni prodotti e consumati (piuttosto che del nesso tra
dinamica dei flussi e accumulazione o decumulazione di stocks).
Questo punto di vista si precisa con le analisi degli economisti
fisiocratici e classici. Il fisiocrate François Quesnay
introduce il concetto di "ricchezza annuale" di un sistema
economico, identificata con un flusso di beni prodotti e riprodotti.
L'attenzione per il requisito della riproducibilità dei
flussi di beni consente di precisare il concetto di "prodotto
netto", che viene identificato con la differenza tra la ricchezza
annuale prodotta e "le ricchezze necessarie per rimborsarsi delle
[...] anticipazioni annue e per mantenere le [...] ricchezze di
esercizio" (v. Quesnay, 1766; tr. it., p. 90).
Il passaggio dalla contabilità della ricchezza alla
contabilità del reddito è anche il passaggio da una
concezione che vede il processo di formazione del potere d'acquisto
come processo che si realizza attraverso relazioni di scambio
(generazione di potere d'acquisto attraverso il commercio) a una
concezione che individua l'origine del potere d'acquisto su beni e
servizi (reddito) nell'ambito della produzione. Nel primo caso si
presenta il reddito (revenue) come entrata derivante da un cespite
di cui è necessario assicurare il mantenimento, ma non si
considera direttamente la struttura dei requisiti (tecnologici o
istituzionali) che occorre assicurare come condizione perché
il flusso di reddito possa mantenersi nel tempo (in questo contesto
l'accumulazione netta di ricchezza è considerata un
indicatore significativo del soddisfacimento di tali requisiti). Nel
secondo caso il reddito è identificato con un particolare
flusso di beni (le "ricchezze annuali") di cui è possibile
assicurare la riproduzione a condizione che sia possibile
reintegrare le "anticipazioni annue" e mantenere le "ricchezze di
esercizio", secondo una precisa struttura di flussi che riflette
(negli economisti fisiocratici e classici) le caratteristiche
tecnologiche e istituzionali del sistema economico. Il criterio ex
post di identificazione delle condizioni per il mantenimento di un
cespite (accumulazione netta di ricchezza) fa posto a un criterio ex
ante fondato sulle condizioni per la riproducibilità della
"ricchezza annuale".
6. Il lavoro e la teoria classica del reddito
L'attenzione per la ricchezza annuale e per le condizioni della sua
riproduzione richiama l'interesse degli economisti per le
caratteristiche dell'attività produttiva, e in particolare
per il ruolo del lavoro nella formazione del reddito. Questo punto
di vista è anticipato da alcuni aritmetici politici (in
particolare Petty) e trova compiuta espressione nella proposizione
iniziale della Inquiry into the nature and causes of the wealth of
nations di Adam Smith (v., 1776, ed. 1976, p. 10): "Il lavoro
annuale di ogni nazione è il fondo che fornisce in origine
tutti i beni utili e necessari alla vita che in essa sono consumati
annualmente, e che consistono sempre o nel prodotto immediato di
quel lavoro, o in ciò che con quel prodotto è
acquistato da altre nazioni". In questo caso, è evidente
l'identificazione del reddito complessivo del sistema economico con
un flusso di beni e servizi, mentre l'attenzione rivolta al consumo
effettivo suggerisce un interessante collegamento con l'analisi di
William Petty. Tuttavia in Petty il lavoro annuo è soltanto
all'origine delle spese che non possono essere attribuite al reddito
del patrimonio nazionale, mentre in Smith il "lavoro annuale di ogni
nazione" è all'origine di "tutti i beni utili e necessari
alla vita". Il lavoro assume in Smith un ruolo del tutto generale e
l'attenzione per il suo contributo alla formazione di un flusso
annuale di potere d'acquisto si unisce alla considerazione del suo
contributo nell'assicurare il mantenimento dello stock di capitale
fisso e circolante nell'intero sistema economico (ibid., libro II,
cap. 2).
La distinzione smithiana fra gross revenue e net revenue collega
esplicitamente la formazione del prodotto alla determinazione del
reddito sociale (lordo e netto), e quindi si allontana dalla
concezione mercantilista delle relazioni fra revenue e treasure in
termini di dinamica tra flussi e stocks. L'assegnazione di quote di
prodotto al mantenimento del capitale sociale (fisso e circolante)
riflette le caratteristiche tecnologiche e istituzionali dei
processi produttivi e non può essere assimilata al processo
di accumulazione di treasure considerato da Thomas Mun e altri
autori mercantilisti. La ricchezza di un sistema economico, secondo
Smith, è proporzionale al reddito netto e riflette da un lato
"il prodotto annuale complessivo" di fattori originari quali terra e
lavoro, e dall'altro lato ciò che è necessario
accantonare per il mantenimento del capitale fisso e circolante. In
questa prospettiva Smith riconosce che il reddito netto può
essere identificato con la quantità di prodotto collocabile
nello "stock riservato per il consumo immediato" (ibid., pp. 286287)
senza alcuna riduzione del fondo di capitale (fisso e circolante).
Quest'ultima precisazione suggerisce un interessante collegamento
con l'identificazione proposta da Hicks tra il reddito ex post e "il
consumo più l'accumulazione di capitale", dal momento che gli
incrementi dello stock di capitale sono ottenuti dopo aver
soddisfatto i requisiti per il mantenimento del capitale esistente.
In questo modo una quantità di valore simile al treasure o
ready mon~ey di Thomas Mun si trova a essere determinata in base
alle condizioni oggettive della formazione del prodotto annuale
complessivo, e la stessa contabilità della ricchezza è
fondata sulle interdipendenze tra flussi annuali di produzione,
reintegrazione delle anticipazioni e mantenimento dei fondi
produttivi.
7. Prodotto netto e formazione dei redditi: Storch
e Ricardo
La connessione fra determinazione del prodotto netto e analisi del
reddito di un sistema economico, implicita in Quesnay e Smith, viene
considerata in modo esplicito da Heinrich von Storch (v., 1815 e
1824), che identifica il reddito totale del sistema nella differenza
tra prodotto complessivo e mezzi di produzione utilizzati. Secondo
Storch il valore di tale differenza coincide con la somma di salari,
profitti e rendite, mentre il reddito netto si ottiene sottraendo a
essa ciò che viene denominato reddito necessario, ossia
quelle quote di remunerazione che sono indispensabili alla
reintegrazione del sistema economico senza modificarne i livelli di
attività (v. Storch, 1815, cap. 14).
David Ricardo condivide l'interesse di Quesnay e di Smith per
ricchezza annuale e prodotto netto, ma respinge la riduzione del
prodotto complessivo al contributo di un singolo fattore originario
(la terra o il lavoro). In questo modo acquista rilievo centrale la
teoria del valore, il cui obiettivo principale è la
misurazione del prodotto sociale, considerata premessa logica per
l'analisi della sua distribuzione fra salari, profitti e rendite (v.
Ricardo, 1817, Prefazione e cap. 1; v. Lombardini e Quadrio Curzio,
1972). Minore è invece l'attenzione di Ricardo per la
categoria del reddito come potere d'acquisto assegnato a particolari
classi sociali oppure al sistema economico nel suo complesso. La
distribuzione del prodotto sociale fra rendita, profitto e salari
è considerata da Ricardo il problema principale dell'economia
politica, tuttavia le "leggi" da cui dipende la dinamica relativa
delle quote distributive non comprendono l'analisi delle forme di
reddito intese come fattori determinanti del livello e della
composizione della domanda effettiva.
La comune derivazione smithiana consente di individuare alcuni
interessanti caratteri distintivi delle teorie di Storch e di
Ricardo. Entrambi condividono la considerazione di Smith per la
ricchezza annuale di un sistema economico, tuttavia Storch concentra
l'attenzione sul potere d'acquisto formato in questo modo e sulle
caratteristiche dei redditi sociali fra i quali tale potere
d'acquisto (il reddito totale) viene a distribuirsi, mentre Ricardo
sottolinea il contenuto di lavoro (valore) del prodotto annuale
complessivo e le modalità attraverso le quali sono connessi
valore e distribuzione del prodotto sociale (come risultato
dell'interdipendenza tra variazioni dei saggi di profitto e salario
da un lato e cambiamenti del sistema dei prezzi relativi
dall'altro).
Il punto di vista di Ricardo (v., 1817, cap. 20) suggerisce una
distinzione tra valore (value) e ricchezze (riches), in cui
l'attenzione smithiana per il potere d'acquisto su beni e servizi
cede il posto alla considerazione della difficoltà o
facilità della produzione. In questa prospettiva, il flusso
di beni annualmente prodotti e riprodotti in un sistema economico
può essere oggetto di due distinte modalità di
misurazione, poiché tale flusso può alternativamente
essere considerato come una quantità di valore (se si
concentra l'attenzione sul contenuto di lavoro dei beni prodotti)
oppure come un certo ammontare di ricchezze (se si concentra
l'attenzione sulle necessità ed esigenze che i beni prodotti
consentono di soddisfare). Il contributo ricardiano alla teoria del
reddito si caratterizza quindi per il particolare rilievo assegnato
alla distinzione fra aspetto del 'costo' e aspetto della 'domanda'
nella valutazione complessiva dei beni prodotti (wealth), e insieme
per la considerazione del capitale come "quella parte della
ricchezza di un paese che è impiegata avendo come obiettivo
una futura produzione" (v. Ricardo, 1817, ed. 1951, p. 279).
Con l'analisi di Ricardo trova quindi conferma il criterio,
già esplicito nei fisiocrati, secondo cui il potere
d'acquisto che si forma in un sistema economico ha origine
nell'ambito della produzione attraverso un processo che richiede
l'accantonamento di una certa quota di prodotto al fine di
un'ulteriore produzione. Le modalità di svolgimento di tale
processo presentano una certa analogia con il processo di
mantenimento (o accrescimento) della ricchezza individuale e
nazionale (treasure) considerato da Thomas Mun e da altri scrittori
mercantilisti. Un importante elemento di differenziazione è
tuttavia costituito dalla considerazione dei requisiti tecnici e
istituzionali del processo produttivo (inteso come processo che
consente di ottenere beni a fini sia di consumo sia di mantenimento
dei fondi produttivi) piuttosto che della dinamica di stocks e
flussi finanziari sulla quale si era spesso concentrata l'attenzione
degli economisti preclassici.La teoria classica del reddito, come si
forma attraverso gli scritti di economisti quali Quesnay, Smith e
Ricardo (ma anche Malthus e Storch per quanto riguarda il nesso fra
redditi sociali e domanda effettiva), presuppone una particolare
tecnica di misurazione degli aggregati eterogenei di prodotti.
Infatti, come osserva John Hicks, "non vi è alcun dubbio che
il flusso di ricchezza sia produzione; delle cose sono prodotte, e
il flusso di ricchezza consiste appunto in questi prodotti. Tuttavia
i beni che sono prodotti sono eterogenei: non è ovvio come si
possa considerarli tutti insieme e ridurli a una 'sostanza' comune.
L'approccio classico presuppone che, per molti scopi importanti, sia
possibile considerare in modo unitario i beni eterogenei prodotti.
[Secondo gli economisti classici] possiamo rappresentare tali beni
come un flusso di ricchezza, a tal punto omogenea che possiamo
applicare a essa le operazioni di addizione e sottrazione. I
classici chiamavano economia politica appunto lo studio di questo
flusso di ricchezza" (v. Hicks, 1983, p. 7).
8. La teoria classica del reddito: alcuni caratteri
generali
L'evoluzione storica del concetto di reddito dalle formulazioni
preclassiche alla teoria classica mostra un graduale allontanamento
dalla considerazione di flussi e stocks monetari (nei processi di
accumulazione o decumulazione di treasure studiati dai
mercantilisti) e, al contrario, un'attenzione crescente per le
dinamiche di stocks e flussi reali. In particolare, acquistano
centralità le dinamiche di formazione del reddito rispetto a
quelle riguardanti le variazioni di treasure (ricchezza) per un
individuo o una comunità di individui. La formazione di
reddito è collegata in modo sistematico alla struttura
produttiva e alle modalità con cui ha luogo la produzione di
merci. Il passaggio dalla concezione preclassica a quella classica
conduce a uno spostamento dell'attenzione verso la struttura
tecnico-sociale dei processi di produzione e verso le
caratteristiche sociali (anziché individuali) della
formazione di reddito.
Vale la pena di osservare che la teoria classica del reddito,
caratterizzata da una particolare attenzione per la misurazione
aggregata del potere d'acquisto che si forma all'interno di ciascun
sistema economico, risulta anche molto attenta all'identificazione
di criteri utili alla disaggregazione del reddito totale in un certo
numero di componenti che rappresentano i redditi a disposizione di
particolari classi o gruppi sociali (v. Breglia, 1965). Tali criteri
sono in genere collegati al ruolo di ciascuna classe o gruppo
sociale all'interno del processo di produzione (Smith, Ricardo), ma
possono anche riflettere i comportamenti di spesa (le abitudini di
consumo) caratteristici dei diversi gruppi (si pensi soprattutto a
Malthus e Storch). L'insieme dei contributi classici all'analisi del
reddito delinea un quadro analitico i cui aspetti principali possono
essere individuati nel modo seguente: a) il sistema economico
è rappresentato come un insieme di processi interrelati di
produzione e consumo (economia di tipo circolare); b) la formazione
di reddito (potere d'acquisto) è un aspetto del processo
complessivo di produzione di beni, ma il prodotto totale rimane
spesso distinto dal reddito totale (soprattutto nel caso in cui i
processi produttivi facciano uso di beni intermedi prodotti
anch'essi nel sistema economico); c) il reddito disponibile (reddito
netto) di un sistema economico coincide con il suo prodotto netto
(Quesnay, Smith, Ricardo) oppure (Storch) con quella quota di
prodotto netto che si ottiene sottraendo una "parte necessaria,
indispensabile, senza la quale la produzione non avverrebbe" (v.
Ferrara, 1934-1935; v. Storch, 1815), quota di prodotto determinata
dalle esigenze o abitudini di consumo dei diversi gruppi sociali. Un
risultato importante dell'analisi classica, filtrato nella moderna
analisi economica, è che "il valore del prodotto sociale
netto della comunità e la somma dei redditi dei suoi membri
coincidono in modo esatto. Il prodotto sociale netto e il reddito
sociale sono la stessa cosa" (v. Hicks, 1971⁴, p. 139). Si individua
quindi la possibilità di misurare il reddito complessivo di
un sistema economico attraverso l'impiego di due approcci distinti e
complementari. Nel primo caso (metodo reale) si calcola "il valore
dei prodotti dell'agricoltura, delle foreste, delle miniere, della
caccia, della pesca, delle varie industrie, il valore dei servizi
prestati da coloro che trasportano le merci, e così via" (v.
Bresciani-Turroni, 1960, p. 436). Nel secondo caso (metodo
personale) si parte dalla considerazione che il valore complessivo
di ciascuna merce prodotta coincide con una somma di redditi
individuali. Di conseguenza, "se noi conosciamo questi redditi
individuali, sommandoli abbiamo il reddito della
collettività" (ibid.)I moderni schemi concettuali della
contabilità nazionale e sociale riflettono per diversi
aspetti questi risultati dell'analisi economica classica. Tuttavia
il passaggio dalla considerazione del reddito prodotto da
particolari individui (o subsistemi di attività economiche)
alla considerazione del reddito del sistema economico complessivo (e
viceversa) presenta alcuni aspetti problematici, connessi
soprattutto alla possibilità che alcuni beni appartengano
simultaneamente a due o più "subsistemi di prodotto lordo"
(v. Gossling, 1972, p. 10). Tali subsistemi sono ottenuti in modo
che ciascuno di essi comprenda la produzione complessiva di un
particolare bene e l'insieme delle attività che concorrono a
tale produzione. Esistono abitualmente sovrapposizioni fra
subsistemi di questo tipo: quantità di grano e
quantità di ferro, ad esempio, possono essere richieste sia
nel subsistema 'lordo' del grano sia in quello del ferro,
cosicché è in genere da escludere l'additività
dei subsistemi (ibid., capp. 12 e 13).
La considerazione di subsistemi additivi di attività
produttive (tali cioè che la loro 'somma' coincida con il
sistema economico complessivo senza duplicazioni) è utile
all'analisi delle relazioni fra redditi individuali, redditi sociali
(assegnati a particolari classi di soggetti) e reddito complessivo
del sistema economico. Questi aspetti della teoria del reddito
possono essere studiati partendo dalla particolare rappresentazione
analitica di un sistema economico che si ottiene per mezzo
dell'integrazione verticale dei processi produttivi (v. Pasinetti,
1973 e 1981; v. Scazzieri, 1990; v. sotto, capp. 12 e 13).
9. Critiche alla concezione classica e origini
della teoria soggettiva dei redditi
Durante la fase di ripensamento critico della tradizione economica
classica, che si apre con il terzo decennio del XIX secolo, anche la
teoria classica del reddito e delle sue componenti diviene oggetto
di una profonda revisione, che in alcuni casi giunge a modificare in
modo radicale le basi della concezione precedente.Mountifort
Longfield (v., 1834) ritiene che lo scambio sia il fondamento del
valore, anziché il valore il fondamento dello scambio (v.
anche, in Quadrio Curzio e Scazzieri, 1982, pp. 214-236, la
recensione anonima delle Lectures di Longfield apparsa sul "Dublin
University magazine" nel giugno 1838). Questa concezione è
condivisa da Nassau William Senior, per il quale obiettivo
dell'economia politica è lo studio della natura, produzione e
distribuzione della ricchezza, mentre la ricchezza (wealth) è
definita come un insieme comprendente tutte quelle cose "che sono
trasferibili, limitate nell'offerta, e capaci di produrre
direttamente o indirettamente un piacere oppure di evitare una
sensazione sgradevole; ovvero, per usare un'espressione equivalente,
sono in grado di essere scambiate" (v. Senior, 1854, p. 6). Questa
definizione richiama l'attenzione su aspetti della formazione di
ricchezza (e di reddito) in cui, come in alcune formulazioni
preclassiche, è centrale la connessione fra
disponibilità di certi beni e godimento di particolari
'soddisfazioni' o 'utilità'. Tale connessione è messa
in evidenza da Senior quando osserva che delle tre condizioni prima
ricordate (utilità, trasferibilità e limitazione
dell'offerta) "l'ultima è di gran lunga la più
importante" (ibid., p. 11). Infatti la limitazione dell'offerta
è considerata condizione importante per la formazione di
ricchezza, proprio a causa del nesso con "due tra i più
influenti principî della natura umana, l'amore della
varietà e il desiderio di distinzione". La ricerca di
varietà e distinzione è il principale fondamento del
ruolo della scarsità nella definizione della ricchezza, al di
là dell'influenza esercitata dalla possibile limitatezza di
beni (o risorse produttive) rispetto alla soddisfazione delle
esigenze fondamentali degli esseri umani. Infatti, "i beni e servizi
assolutamente necessari alla vita sono pochi e semplici [...]. Ma
nessun essere umano è appagato da un insieme così
limitato di soddisfazioni. Il suo primo obiettivo è variare
il suo cibo [...]. Il desiderio che si manifesta successivamente
è quello per la varietà dell'abbigliamento [...].
Infine troviamo il desiderio di costruire, ornare e arredare"
(ibid.).
La prospettiva indicata da Senior suggerisce implicazioni di
notevole rilievo per quanto riguarda l'analisi del reddito
individuale e sociale. Infatti appaiono modificate, rispetto alla
teoria classica, le basi per individuare i flussi di beni e servizi
disponibili (flussi di reddito), poiché tali flussi non sono
più collegati necessariamente allo svolgimento di processi
produttivi e sono invece espressione della capacità di
consentire il raggiungimento di soddisfazioni. In questo modo torna
a essere centrale il collegamento fra ricchezza e reddito (che
appariva invece secondario nella teoria classica), benché le
considerazioni preclassiche sulla dinamica stock-flussi che governa
la relazione fra income e treasure (Mun) siano sostituite
dall'analisi del flusso di benefici derivanti dalla
disponibilità di certi fondi di ricchezza.Il cambiamento di
prospettiva rispetto alla teoria classica del prodotto netto e del
'flusso circolare' di produzione, reddito e consumo è
espresso chiaramente da Francesco Ferrara (v., 1934-1935, p. 45):
"L'idea del lordo e del netto è tutta relativa e individuale,
e il trasportarla nella sfera della società e
dell'umanità è una contraddizione, un assurdo". In
questo modo l'attenzione classica per la struttura tecnico-sociale
dei processi di produzione (e riproduzione) viene sostituita da
indagini che considerano in primo luogo l'articolazione
intertemporale dei flussi di reddito e il collegamento fra reddito,
consumo e mantenimento dei fondi di ricchezza. Una chiarificazione
di questo punto di vista è suggerita da Francis Ysidro
Edgeworth, secondo il quale "il reddito può essere definito
come la ricchezza, misurata in termini di moneta, che è a
disposizione di un individuo, o di una comunità, in ciascun
anno o altra unità di tempo". Tuttavia la ricchezza, secondo
Edgeworth (che riprende su questo punto Alfred Marshall), deve
essere considerata come un "aggregato di merci materiali e
immateriali comprendente servizi di ogni genere (Marshall) e tali da
avere le caratteristiche di elementi di ricchezza" (v. Edgeworth,
1925, ed. 1963, p. 374). In questa prospettiva viene abbandonata la
distinzione classica fra redditi 'originari' e redditi 'derivati'
(che Edgeworth collega a una visione materiale della ricchezza),
mentre emergono in primo piano caratteristiche soggettive della
ricchezza (quali il nesso con le esigenze e soddisfazioni umane e la
possibilità di essere oggetto di relazioni di scambio).
Nell'analisi di Edgeworth la considerazione soggettiva della
ricchezza implica un'indagine dei flussi di reddito in cui la
capacità di consentire agli individui (e alle comunità
da essi formate) il godimento di 'soddisfazioni' passa in primo
piano rispetto alle caratteristiche tecnico-sociali dei processi di
riproduzione della ricchezza materiale. Tuttavia (a differenza di
Ferrara) Edgeworth non respinge la distinzione fra 'lordo' e
'netto', anche nella sua applicazione a grandezze aggregate. Tale
distinzione è infatti essenziale per determinare nei casi
specifici il significato dell'espressione 'a disposizione' usata
nella definizione del reddito. In particolare, Edgeworth osserva che
l'espressione 'ricchezza disponibile' esclude 'quella porzione delle
entrate che è richiesta per mantenere il capitale, e altri
tipi di spesa'. Questa prospettiva gli suggerisce di attribuire una
posizione centrale non solo alle spese necessarie per la
reintegrazione del capitale fisico, ma anche alla spesa "che
è necessaria per [mantenere] l'efficienza del lavoratore"
(ibid.). La concezione di Edgeworth riflette da un lato l'influenza
della teoria soggettiva del valore per quanto riguarda
l'individuazione degli elementi costitutivi del reddito, e
dall'altro lato il persistente rilievo attribuito alla distinzione
fra 'lordo' e 'netto', un aspetto caratteristico della teoria
economica classica che viene in questo modo recepito nella moderna
analisi del reddito.Importanti analogie con la trattazione di
Edgeworth presenta l'analisi di Alfred Marshall (v., 1890, ed. 1961,
soprattutto libro II, cap. 4), in cui il 'vero' reddito, o reddito
netto, è individuato sulla base di una deduzione dal reddito
lordo delle "spese motivate dalla produzione di esso".
10. Reddito atteso e valore capitale: il contributo
di Irving Fisher all'analisi del reddito individuale e sociale
Le precedenti osservazioni hanno messo in risalto la
simultanea presenza di due prospettive distinte nello studio del
reddito (individuale e sociale), a seconda che si concentri
l'attenzione sulla formazione (e distribuzione) di potere d'acquisto
attraverso la dinamica ex post relativa a fondi di ricchezza e
flussi di reddito (come accade, ad esempio, in Quesnay, Smith e
Ricardo), oppure sulla dinamica ex ante delle entrate attese e del
patrimonio o capitale come grandezza di valore ottenuta scontando al
presente il reddito atteso (questo punto di vista caratterizza,
talora solo in forma embrionale, alcune delle più antiche
riflessioni sulla relazione fra reddito e ricchezza).
Per diversi aspetti i due punti di vista sono fra loro
complementari: il metodo ex ante descrive comportamenti e criteri di
valutazione fondati principalmente sulla considerazione di scelte
(individuali o collettive) fra percorsi alternativi. Tuttavia i
risultati concreti alla base di tali percorsi riflettono in genere
proprio le relazioni tra flussi e fondi considerate secondo l'altra
prospettiva di analisi. D'altra parte, il metodo ex post rivolge
direttamente l'attenzione alla dinamica oggettiva di flussi e fondi
attraverso cui si genera potere d'acquisto come fenomeno ricorrente
(reddito) e si accumulano stocks di ricchezza. Tuttavia tali
processi possono anche riflettere criteri individuali (o sociali) di
valutazione rispetto a una pluralità di percorsi possibili.Il
contributo analitico di Irving Fisher sulla natura del capitale e
del reddito costituisce una delle prime e più compiute
formulazioni della prospettiva ex ante nello studio del reddito e
della ricchezza (laddove quest'ultima è considerata nel suo
aspetto di 'capitale', e quindi di fondo di valore all'origine di un
particolare flusso di reddito: v. anche Meacci, 1989). Punto di
partenza dell'indagine di Fisher è la concezione secondo cui
"il reddito è [...] un flusso durante un periodo di tempo, a
differenza del capitale, considerato come un fondo in un dato
momento di tempo" (v. Fisher, 1906; tr. it., p. 82). In particolare
"il reddito consiste di servizi che possono essere definiti come
eventi desiderabili o come la possibilità di evitare eventi
non desiderabili. [...] Il valore di un reddito è il valore
dei servizi di cui esso consiste" (v. Fisher, 1957, p. 622).
Sulla distinzione fra grandezze flusso e grandezze fondo si innesta
il principio secondo cui "il valore del capitale in un qualsiasi
momento è derivato dal valore del reddito futuro che è
atteso da quel capitale" (v. Fisher, 1906; tr. it., p. 144). In
questa prospettiva, "il valore di qualsiasi articolo di ricchezza o
di proprietà dipende soltanto dal futuro, non dal passato"
(ibid.) e "il saggio dell'interesse agisce come anello di
collegamento fra il valore di reddito e il valore capitale". Grazie
a tale connessione "è possibile ricavare da un dato valore di
reddito il suo valor capitale; è possibile, cioè,
'capitalizzare' il reddito" (ibid., p. 154).
Aspetto fondamentale della teoria di Fisher è il tentativo di
superare la distinzione fra caratteristiche soggettive e oggettive
del reddito e della ricchezza attraverso la considerazione di
entrambi dal punto di vista di una teoria del valore derivata dalle
preferenze dei singoli individui: "Il capitale [...] invece di
essere composto di una massa svariata di ricchezza o di diritti
patrimoniali diversi, è considerato nel senso di valor
capitale; e il reddito, invece di consistere in una corrente
svariata di servizi diversi, alcuni finali e altri intermediari,
alcuni oggettivi e altri soggettivi, consisterà in un solo
elemento, omogeneo, il valore-reddito". Il passaggio da una teoria
ex post a una teoria ex ante dei prezzi suggerisce un'inversione
della tradizionale relazione fra reddito e capitale. Infatti,
"quando il capitale e il valore sono misurati come
'quantità', si può dire che è il capitale che
produce il reddito; ma quando essi vengono misurati in 'valore',
occorre rovesciare questa proposizione e dire che è il
reddito che produce il capitale" (ibid., p. 250).
Il saggio di sconto interviene nella determinazione del valore
capitale di un particolare bene o collezione di beni in base al
criterio che "il valor capitale [di quel bene o collezione di beni]
è inferiore al reddito totale previsto; perché il
valore scontato di una somma futura è necessariamente minore
della somma stessa". La durata del periodo di capitalizzazione
è fatta coincidere con la lunghezza dell'intervallo temporale
in cui un dato bene (o patrimonio) è in grado di soddisfare
determinate esigenze o desideri. Questo implica che la differenza
tra il reddito collegato a un dato bene (o insieme di
attività patrimoniali) e il corrispondente valore capitale
sia tanto maggiore quanto più duraturi sono i beni in
questione: per questa ragione "noi troviamo generalmente [...] fatta
una certa distinzione fra il valore dell'uso di una casa [...] e il
valore della casa stessa" (ibid., pp. 174-175).
La durata del periodo di capitalizzazione e la distribuzione
temporale del reddito fra le diverse date all'interno di quel
periodo determinano le modalità di variazione del valore
capitale rispetto alle variazioni del saggio d'interesse: "La
sensibilità del valor capitale al cambiamento del saggio
dell'interesse è tanto maggiore quanto più il reddito
è durevole. [...] Così pure, in generale, la
sensibilità è maggiore quanto più remoti sono i
periodi di tempo in cui il reddito è concentrato" (ibid., p.
176). La concezione del reddito propria di Fisher, pur assegnando un
ruolo centrale ai flussi di reddito rispetto ai fondi di ricchezza
(o capitali), mantiene fermo un aspetto derivato dalla tradizione
precedente e consistente nell'attenzione per il concetto di reddito
come "somma di beni economici che un soggetto determinato può
impiegare in un dato tempo al soddisfacimento dei suoi bisogni senza
diminuzione del suo patrimonio" (ibid., p. 272).
Questa prospettiva è di notevole rilievo per quanto riguarda
il passaggio dal reddito individuale al reddito sociale: "Il reddito
della società come un tutto è il valore monetario
complessivo di tutti i servizi ricevuti, per motivi diversi, dai
membri della società. Il concetto di reddito sociale,
tuttavia, non conduce, contrariamente a quello che si potrebbe
ritenere a prima vista, a problemi di duplicazione contabile;
infatti nel sommare gli elementi di qualsiasi categoria di reddito,
si troverà che molti elementi sono negativi - debiti
anziché crediti. Alcuni eventi, che possono essere chiamati
interazioni, sono simultaneamente servizi e disservizi, a seconda
del punto di vista" (v. Fisher, 1957, p. 623).
L'integrazione fra teoria soggettiva del valore e identificazione
contabile del reddito suggerisce a Fisher una particolare attenzione
per lo schema di connessioni fra attività e passività,
sia dal punto di vista della contabilità individuale sia da
quello della contabilità sociale. Come si è visto,
questo approccio può condurre, in alcuni casi, alla scomparsa
di certi trasferimenti dagli schemi contabili (v. sopra). In altri
casi, il passaggio dalla contabilità individuale a quella
sociale ripropone anche in Fisher il concetto di 'reddito netto', di
cui abbiamo osservato la centralità nelle formulazioni
classiche e di derivazione classica.
Il collegamento fra teoria ex ante del reddito e indagine sul
reddito complessivo di una data comunità suggerisce a Fisher
considerazioni di grande interesse per quanto riguarda il criterio
di 'regolarità' o 'ricorrenza' delle entrate che
costituiscono il reddito. Secondo Fisher, sia il mantenimento dei
singoli patrimoni sia la regolarità o ricorrenza delle
entrate individuali sono possibili a condizione che il contesto
istituzionale e la congiuntura economica consentano opportuni
trasferimenti di guadagni o perdite eccezionali da un individuo
all'altro: "la persona che tenta di regolarizzare il proprio reddito
lo fa col riversarne le irregolarità sopra un'altra persona,
di solito un banchiere o un agente" (v. Fisher, 1906; tr. it., p.
188). Tuttavia i criteri di regolarizzazione dei flussi individuali
di reddito non sono in genere applicabili al reddito di una
comunità nel suo complesso: "la società non può
trovare nessun terzo estraneo su cui trasferire le fluttuazioni". In
questo caso è indispensabile considerare la
possibilità di rendere uniforme il reddito sociale attraverso
procedure di compensazione tra i flussi reali di potere d'acquisto
che riflettono sia la struttura temporale delle attività
produttive sia i profili temporali di utilizzazione delle risorse
non prodotte. A tale proposito è illuminante l'esempio
considerato da Fisher: "Se una comunità possiede miniere di
ferro, essa ha una forma di attività patrimoniale che,
durante un certo tempo, rende probabilmente più del reddito
tipico. Per la natura stessa del caso, ogni cofano di minerale
riduce la quantità che la miniera può produrre nel
futuro. La miniera è, nel fatto, una specie di
annualità a termine. Dopo che sarà esaurita, non se ne
trarrà più altro rendimento, e il suo valor capitale
andrà perciò continuamente diminuendo" (ibid.). In
questa situazione la compensazione tra flussi di reddito può
essere conseguita, a livello aggregato, mediante attività
caratterizzate da un profilo della redditività diverso e
complementare rispetto al primo: "un terreno boschivo, coperto di
giovani piante, non comincerà a dare un buon reddito se non
fra molti anni. Il reddito di questo capitale è quindi
temporaneamente al disotto del normale". La "composizione sociale"
tra flussi di reddito agisce nel senso che "una comunità, che
possegga insieme miniere e terreni boschivi, troverà [...]
che l'aumento e la diminuzione si compenseranno fra loro, in modo
che il suo reddito sarà molto più vicino al normale
che se possedesse le une senza gli altri" (ibid.).
Le osservazioni precedenti suggeriscono un interessante collegamento
fra la considerazione dei flussi attualizzati di reddito proposta da
Fisher (concezione ex ante del reddito e del capitale) e l'analisi
della struttura temporale delle attività produttive (v.
Fanno, 1931; v. Scazzieri, 1992). In particolare, il passaggio dalla
prospettiva del reddito individuale a quella del reddito sociale
mette in evidenza la possibilità di estendere la teoria
classica del reddito attraverso il collegamento fra il mantenimento
della capacità produttiva di un sistema economico e la
considerazione di criteri per il coordinamento intertemporale dei
flussi di produzione e reddito in situazioni caratterizzate dalla
varietà dei periodi di produzione e consumo (su questi ultimi
aspetti v. anche Landesmann e Scazzieri, 1996, in particolare il
cap. 9).
11. Reddito netto e capitale produttivo: alle
origini della moderna contabilità nazionale e sociale
Importanti caratteristiche della moderna analisi del reddito
sono collegate alla formulazione di Alfred Marshall, e per suo
tramite alla teoria economica classica. Un aspetto distintivo della
teoria marshalliana è la considerazione di aspetti non
necessariamente materiali del reddito e della ricchezza (secondo le
indicazioni della teoria soggettiva del valore), e insieme la
persistenza di un collegamento importante con quella concezione per
il rilievo centrale assegnato alla misurazione del 'capitale
produttivo' come condizione per le indagini sul reddito. A tale
proposito, Marshall osserva che "il lavoro e il capitale del paese,
attraverso la loro azione sulle sue risorse naturali, producono
annualmente un certo aggregato netto di merci, materiali e
immateriali, comprendente servizi di ogni tipo. Il termine di
qualificazione 'netto' è richiesto allo scopo di tener conto
dell'utilizzazione di merci grezze e semilavorati, nonché del
logoramento e deprezzamento delle attrezzature impiegate nella
produzione: tutti questi consumi [di materiali e attrezzature]
debbono naturalmente essere sottratti dal prodotto lordo prima che
sia possibile identificare il reddito vero e proprio, o reddito
netto" (v. Marshall, 1890, ed. 1961, p. 523). Le osservazioni di
Arthur Cecil Pigou sul 'national dividend' richiamano esplicitamente
l'analisi di Marshall, e la precisano attraverso il confronto tra il
concetto di reddito complessivo appropriato nell'analisi di
un'economia stazionaria e quello utile nel caso di un sistema
economico in condizioni di espansione. In un'economia stazionaria
"la creazione di nuove macchine e attrezzature in ciascuna industria
coincide esattamente, e non le supera, con le perdite dovute al
logoramento" (v. Pigou, 1929³, p. 35) e il 'national dividend'
di Marshall coincide materialmente con la quantità di beni di
consumo effettivamente disponibili. Al contrario, in un sistema
economico caratterizzato da un saggio positivo di espansione, il
'national dividend' (o reddito complessivo) del sistema coincide con
la somma dei beni destinati al consumo finale e dei beni impiegati
nell'accrescimento delle attrezzature produttive (ibid., parte I,
cap. 3). Il collegamento della concezione di reddito proposta da
Marshall e da Pigou con aspetti fondamentali della teoria economica
classica è chiaramente individuato da John Maynard Keynes:
"Il dividendo nazionale, come definito da Marshall e dal professor
Pigou, misura la grandezza della produzione corrente, o reddito
reale, e non il valore della produzione, o reddito monetario.
Inoltre esso dipende, in qualche modo, dalla produzione netta - vale
a dire, dall'incremento netto delle risorse della comunità
che sono disponibili per il consumo o per la conservazione nello
stock di capitale" (v. Keynes, 1936, pp. 37-38).
Si può ritenere che questo punto di vista sia alle origini
del concetto di reddito utilizzato dallo stesso Keynes (ibid., cap.
6) e recepito nei moderni schemi di contabilità nazionale.
Una caratteristica importante di tale approccio è infatti
l'attenzione per il reddito della singola impresa come "eccedenza
del valore [...] del prodotto finito venduto durante il periodo
preso in considerazione rispetto al suo costo primo", e cioè
rispetto alla somma del costo dei fattori produttivi acquistati e
del costo dell'utilizzazione dell'attrezzatura produttiva esistente
(al netto del suo mantenimento). Una volta accolta questa
definizione del reddito d'impresa, il reddito totale di una
comunità è definito da Keynes come la differenza tra
il valore del prodotto finito complessivamente scambiato (attraverso
vendite ai consumatori oppure transazioni fra imprenditori) e il
costo complessivo di utilizzazione delle attrezzature già
esistenti (ibid., pp. 53-54).
Le sistemazioni concettuali della contabilità nazionale negli
anni trenta e quaranta di questo secolo riflettono in parte la
concezione keynesiana del reddito e delle sue componenti e per suo
tramite, la persistenza di tematiche classiche nell'economia
politica inglese (Edgeworth, Marshall). Questa influenza è
particolarmente evidente nei contributi di Richard Stone e del
Department of applied economics dell'Università di Cambridge.
Tali contributi, che furono inizialmente stimolati dalle riflessioni
di Keynes sui presupposti economici dello sforzo bellico durante il
secondo conflitto mondiale (v. Keynes, 1940; v. Meade e Stone, 1941;
v. Stone e altri, 1942), ebbero occasione di svilupparsi in
direzione di un'integrazione con gli schemi per l'analisi empirica
delle interdipendenze fra settori di un sistema economico elaborati
in quello stesso periodo da Wassily Leontief (v., 1941).Alla base
delle connessioni tra analisi del reddito, schemi di
contabilità nazionale e modelli di interdipendenze settoriali
si trovano elementi messi in luce nella contabilità
keynesiana del reddito e derivanti dai requisiti logici di coerenza
che è necessario soddisfare nel passaggio da grandezze
individuali (o settoriali) a grandezze aggregate, o viceversa. Ad
esempio, "la spesa non può essere definita indipendentemente
dal risparmio e dal reddito perché spesa e risparmio si
sommano nel reddito, e il consumo non può essere definito
indipendentemente dalla produzione e dall'accumulazione
perché, nel caso di ciascun bene, consumo e accumulazione si
sommano nella produzione" (v. Stone, 1961, p. 25). L'attenzione per
le caratteristiche del reddito al netto delle spese di produzione e
dei costi di mantenimento suggerisce la considerazione dei flussi di
prodotti finiti e semilavorati da un soggetto (o settore di
attività economiche) all'altro, anche al fine di evitare che
una data quantità di valore possa figurare più di una
volta nello stesso schema contabile. Questa esigenza implica, fra
l'altro, "il passaggio da una singola grandezza, la misura
complessiva del reddito, a una struttura in cui tale grandezza
è collegata ad altre simili" (v. Stone e Stone, 1977, p.
161).
La struttura delle relazioni intersettoriali considerata negli
schemi analitici proposti da Leontief può soddisfare
l'obiettivo appena menzionato, nel senso di collegare "la domanda
finale per i prodotti delle diverse industrie con i fattori
produttivi primari impiegati in quelle industrie attraverso l'intera
rete delle domande intermedie espresse da ciascuna industria per i
prodotti delle altre" (v. Stone, 1961, p. 15). Questo metodo di
analisi consente di "collegare la domanda ai requisiti di fattori
produttivi in modo tale che le implicazioni [di un dato livello di
domanda complessiva] per le diverse industrie sono individuate
separatamente" (ibid.). È così possibile superare una
limitazione delle analisi del reddito in termini globali, dal
momento che 'difficoltà' e tensioni in genere si manifestano
in parti specifiche del sistema produttivo, cosicché limiti
di capacità, anticipi e ritardi, livelli di stock e
sostituzione delle importazioni debbono essere esaminati industria
per industria e sono spesso privi di significato se si considera la
produzione nel suo complesso (ibid.).
La moderna analisi del reddito complessivo di un sistema economico
(reddito nazionale) riflette in gran parte la struttura logica della
concezione keynesiana e degli schemi di contabilità nazionale
elaborati sotto la sua influenza. Questa caratteristica si manifesta
soprattutto nell'importanza attribuita alla logica residuale
nell'identificazione del reddito (sia di una singola impresa sia di
un'intera comunità) e nella centralità della teoria
del valore nella misurazione degli aggregati (una volta che si sia
usciti dall'ambito dei confronti tra livelli di reddito
corrispondenti a uno stesso stock di beni capitali).
12. Investimenti, consumi e struttura del reddito:
contributi all'analisi macroeconomica di occupazione e
capacità produttiva
Si è già richiamato nel capitolo precedente il
nesso fra gli schemi concettuali della teoria economica classica e i
contributi alla teoria macroeconomica e strutturale della formazione
del reddito complessivo (John Maynard Keynes, Richard Stone). Tale
nesso è evidente soprattutto nel rilievo che assume,
all'interno di questa tradizione analitica, il concetto di 'prodotto
netto' e quindi il collegamento tra formazione del potere d'acquisto
(reddito) e misurazione della capacità produttiva (il fondo
di mezzi di produzione prodotti e non prodotti all'origine della
formazione di reddito). Questo quadro teorico costituisce la
premessa di un'analisi delle grandi componenti aggregate del reddito
complessivo, e delle loro relazioni lungo la dimensione temporale.In
questa prospettiva la formazione di reddito coincide con la
formazione di prodotto netto, e le relazioni fra consumi e
investimenti aggregati possono essere considerate sulla base delle
connessioni fra produzione e consumo in un'economia circolare. Il
carattere sintetico del nesso fra consumi e investimenti aggregati
può essere studiato facendo riferimento ad alcuni recenti
sviluppi relativi alla rappresentazione analitica di un sistema
economico per mezzo dell'integrazione verticale dei processi
produttivi (v. Pasinetti, 1973 e 1988; v. Scazzieri, 1990). Il
concetto di reddito può essere quindi direttamente formulato
nei termini della condizione di mantenimento di una capacità
produttiva costante, e si pongono le premesse per una trattazione
unitaria delle relazioni fra componenti aggregate del reddito
complessivo in termini di compatibilità con determinati
requisiti di riproduzione, consumo finale e conservazione
ambientale. Le caratteristiche essenziali di questo schema
concettuale possono essere presentate partendo dalla considerazione
dei 'subsistemi di prodotto netto', in cui si introduce (per
ciascuna merce prodotta) una distinzione precisa tra la quota di
prodotto totale necessaria alla reintegrazione della capacità
produttiva utilizzata nel sistema economico e la quota che
costituisce il prodotto netto del particolare subsistema preso in
considerazione.
Un'interessante proprietà dei subsistemi ottenuti in questo
modo è che nessuna merce può contemporaneamente
costituire il prodotto netto di un subsistema e far parte della
capacità produttiva di un altro subsistema. Questa
proprietà si rivela utile nella derivazione di grandezze
quale il reddito totale di un sistema economico (e i principali
'redditi sociali' che lo compongono) a partire dai flussi di
produzione e consumo all'interno di un sistema economico di tipo
circolare. Infatti, come risultato del particolare criterio seguito
nella costruzione dei subsistemi di prodotto netto, nessun elemento
costitutivo del reddito può apparire simultaneamente dal lato
del valore aggiunto e dal lato dei costi di produzione.
La costruzione del reddito totale e dei principali redditi sociali
(salari, profitti, rendite) a partire dai subsistemi di prodotto
netto può essere condotta nel modo seguente. Sia
Formula
la relazione tra i prodotti netti dei diversi subsistemi Yi e il
prodotto netto complessivo Y. La seguente eguaglianza
Formula
esprime la relazione logica esistente fra il 'valore aggiunto' dei
diversi subsistemi di prodotto netto (il valore della frazione di
prodotto che costituisce i rispettivi prodotti netti) e il 'valore
aggiunto' o reddito dell'intero sistema economico.
Il valore aggiunto di ciascun subsistema può essere scritto
come somma dei redditi sociali (salari, profitti, rendite) che lo
compongono:
(ν iw + phi π + qi ρ) =
pYi,
dove indichiamo con νi, phi e qi rispettivamente le quantità
di lavoro, capacità produttiva prodotta e 'terra'
direttamente e indirettamente richieste nell'intero sistema
economico per ottenere un'unità del bene iesimo. Il valore
aggiunto per l'intero sistema economico si ottiene naturalmente
sommando le espressioni ottenute per i diversi subsistemi:
Formula
Abbiamo prima notato che è possibile sommare i diversi
subsistemi di prodotto netto ottenendo il reddito totale del sistema
economico. Questa proprietà (additività dei subsistemi
di prodotto netto) implica la possibilità di sommare tra loro
le distinte componenti del valore aggiunto di tali subsistemi,
ottenendo espressioni per i salari (W), profitti (P) e rendite (R)
che costituiscono il reddito totale del sistema. Lo stesso reddito
totale può infine essere espresso nel modo seguente:
pY = W + P + R.
Il semplice schema logico appena presentato mette in evidenza in che
modo i salari, profitti e rendite che concorrono a determinare il
valore dei prodotti netti nei diversi subsistemi si sommano a
formare i salari, profitti e rendite corrisposti nell'intero sistema
economico. Per questa stessa via si è anche dimostrato che il
reddito totale del sistema può anche essere espresso come
somma dei salari, profitti e rendite complessivi. In altri termini,
il reddito totale di una comunità può essere
considerato simultaneamente dai due punti di vista, distinti e
complementari, della formazione di prodotto netto e della sua
distribuzione fra grandi categorie di redditi sociali. La formazione
di reddito attraverso la struttura circolare del sistema di
produzione realizza una condizione di sostenibilità dei
redditi percepiti, dal momento che la somma di salari, profitti e
rendite non può eccedere (per via del procedimento logico
seguito) il valore complessivo dei prodotti netti. In questo caso la
formazione di reddito è compatibile con il mantenimento della
capacità produttiva del sistema economico, considerata sotto
il profilo dei flussi di beni intermedi di cui è necessario
assicurare la produzione perché il sistema sia in grado di
riprodursi inalterato nel tempo. D'altra parte i consumi personali
compatibili con il mantenimento della capacità produttiva del
sistema economico possono essere identificati attraverso la
considerazione del livello di domanda effettiva 'finale' che il
sistema può sostenere una volta soddisfatti i requisiti di
mezzi di produzione (si tratterebbe quindi di un livello di domanda
compatibile con la condizione hicksiana di capacità di
consumo costante).
Se indichiamo con ci (i=1,...,m) il consumo pro capite (o consumo
medio) del bene iesimo, con pi il corrispondente prezzo, e con N il
numero complessivo di consumatori, la condizione hicksiana di
reddito sostenibile può essere espressa nel modo seguente:
Formula
In altri termini, l'espressione pY denota simultaneamente il massimo
consumo totale che è possibile realizzare nel sistema
economico senza deteriorare la sua capacità produttiva, e il
reddito totale compatibile con le condizioni di riproduzione fisica
dei flussi di beni.
La riformulazione di un sistema circolare di relazioni di produzione
e consumo in base a un modello per settori verticalmente integrati
consente la definizione dell'investimento aggregato come vettore
delle quantità fisiche di merci direttamente e indirettamente
necessarie a un'espansione della capacità produttiva, e del
consumo aggregato come vettore delle quantità fisiche di
merci che non accrescono la capacità produttiva del sistema
economico. Questo punto di vista è implicito nella
generalizzazione dinamica del concetto di settore verticalmente
integrato proposta da Luigi Pasinetti (v., 1988) con l'introduzione
dei "subsistemi in condizioni di crescita" (growing subsystems), e
ne costituisce una logica derivazione.La prospettiva appena
delineata consente di mettere in risalto le caratteristiche di
alcune relazioni macroeconomiche fondamentali quali quelle espresse
attraverso i concetti di acceleratore e moltiplicatore. Nel primo
caso (acceleratore) si mette in evidenza la connessione fra
l'aspettativa di crescita del reddito complessivo a un certo tasso
(poniamo g) e l'incremento effettivo della capacità
produttiva a un tasso più elevato (poniamo g* > g) (v.
Aftalion, 1908-1909 e 1927; v. Clark, 1917; v. Pasinetti, 1974, pp.
48-50). Nel secondo caso (moltiplicatore) si considera il nesso tra
nuovo investimento (espansione della capacità produttiva) e
formazione di reddito (potere d'acquisto addizionale: v. Kahn, 1931;
v. Pasinetti, 1974, pp. 36-41).
In entrambi i casi si mette in risalto una relazione asimmetrica tra
variazione della capacità produttiva e variazione del
reddito, che a sua volta può essere collegata a una sorta di
'disequilibrio tecnologico' fra due diverse categorie di mezzi di
produzione: i capitali fissi e i capitali circolanti. L'investimento
di Aftalion e di Clark riguarda in primo luogo i capitali circolanti
(gli stocks di materie prime e semilavorati) e soltanto in un
secondo momento arriva a interessare le macchine e gli altri
capitali fissi (v. anche Fanno, 1931). Invece l'investimento di Kahn
e di Keynes riguarda inizialmente i capitali fissi ed esercita i
propri effetti sul reddito complessivo attraverso l'esistenza di
capitali circolanti disponibili e sottoutilizzati (v. Hicks, 1974,
pp. 9-30).
Relazioni di causalità sequenziale (come è definita in
Hicks, 1979; v. anche Amendola e Gaffard, 1988, pp. 35-52) sono alla
base sia dell'acceleratore sia del moltiplicatore. Tuttavia il
'percorso' della sequenza è diverso nei due casi. Un
incremento del reddito complessivo attraverso il processo
dell'acceleratore parte da un impulso relativo alla domanda
aggregata, interessa in primo luogo i capitali circolanti e si
propaga gradualmente alle fasi produttive più lontane
rispetto al consumo finale (capitali fissi). Al contrario, un
incremento di reddito complessivo attraverso il processo del
moltiplicatore parte da un impulso relativo ai capitali fissi e si
propaga passando per stadi di produzione sempre più vicini al
consumo finale. Il carattere sequenziale della propagazione di
impulsi attraverso acceleratore e moltiplicatore riflette in ultima
analisi la struttura temporale dei processi produttivi, da cui
dipende l'ordinamento gerarchico delle fasi di propagazione (che
viene percorso in un verso oppure nell'altro a seconda delle
caratteristiche dell'impulso iniziale).
La definizione di consumi e investimenti aggregati sulla base di uno
schema analitico per settori verticalmente integrati costruito a
partire dai flussi di un'economia circolare (v. sopra) mette in
evidenza le relazioni strutturali di carattere dinamico fra
componenti del reddito complessivo. Investimenti e consumi sono
identificati in base alle caratteristiche della formazione di
prodotto netto (reddito) piuttosto che attraverso la considerazione
di processi individuali di scelta. In questo modo il contributo dei
singoli beni alla formazione del reddito e alla sua dinamica viene a
dipendere dalla tecnologia di produzione e dalle specifiche
modalità di riproduzione dei flussi di quantità
fisiche. Ciascun settore verticalmente integrato individua una
particolare componente nel processo di formazione del prodotto netto
(e del reddito complessivo). Ciascuna componente (subsistema di
prodotto netto) comprende un insieme di quantità fisiche di
beni direttamente oppure indirettamente richiesti nella produzione
di una data quantità di bene finale (quantità che non
concorre al mantenimento della capacità produttiva
complessiva). In questo modo ciascun subsistema di prodotto netto
può essere scomposto in un certo numero di fasi produttive
connesse fra loro secondo un criterio di precedenza che vincola la
sequenza effettiva di propagazione di un impulso.
Il processo di formazione del prodotto netto e del reddito viene
così collegato al processo di propagazione degli impulsi
macroeconomici (acceleratore e moltiplicatore), anche attraverso i
collegamenti fra composizione del prodotto netto complessivo e
distribuzione del valore aggiunto fra grandi categorie di reddito
(salari, profitti e rendite). Come si è visto, a ciascuna
particolare composizione del prodotto netto in termini fisici
corrisponde una particolare distribuzione del reddito complessivo
(nell'ipotesi che rimanga immutato il sistema dei prezzi e delle
variabili distributive). In questo modo diviene possibile esaminare
gli effetti di un impulso macroeconomico sulla struttura di
produzione e distribuzione e sui livelli di occupazione secondo la
sequenza del particolare processo di propagazione che viene
considerato.Il quadro precedente suggerisce la possibilità di
considerare, secondo un'ottica strutturale, gli effetti del
cambiamento negli assetti produttivi (introduzione di nuovi processi
produttivi e nuovi beni) per quanto riguarda la formazione di
reddito e la determinazione del livello di occupazione. Infatti
impulsi provenienti dal progresso tecnico possono operare sia a
partire dagli investimenti in attrezzature produttive
(moltiplicatore) sia a partire dalla domanda per beni di consumo
(acceleratore). In entrambi i casi è possibile individuare la
sequenza di stadi attraverso cui si realizza la propagazione
dell'impulso iniziale nei diversi subsistemi di prodotto netto (v.
Sylos Labini, 1990, per un'analisi delle innovazioni indotte e dei
loro collegamenti con un'espansione della domanda oppure una
riduzione dei costi di produzione). La combinazione di sequenze
indotte da impulsi positivi sulla domanda e sequenze indotte da
impulsi negativi (ad esempio per la sostituzione di macchine a
lavoro) consente, in linea di principio, di individuare gli effetti
complessivi su livello di occupazione e livello di reddito.
13. Reddito sostenibile, istituzioni e 'capitale
naturale'
Lo schema analitico introdotto nel capitolo precedente
consente di mettere in evidenza il collegamento fra reddito totale e
stock di risorse richieste per lo svolgimento dei processi
produttivi, così da chiarire in che senso sia possibile la
persistenza nel tempo di un livello di reddito compatibile con il
mantenimento della capacità produttiva nella sua dimensione
di fondo anziché di flusso.
Il concetto di reddito sostenibile consente di individuare una
connessione importante tra formazione di potere d'acquisto e
mantenimento della capacità di spesa nel tempo, connessione
che suggerisce alcune interessanti implicazioni sia a livello
individuale sia a livello sociale. Infatti, lo studio dei flussi di
reddito (individuale e sociale) presuppone la considerazione di uno
standard sulla cui base possa essere identificato un potere
d'acquisto di carattere non meramente accidentale. Questo requisito
è comune a diverse formulazioni della teoria del reddito,
benché la sua concreta applicazione possa variare in modo
anche rilevante da uno schema analitico all'altro.
Ad esempio, nella teoria economica classica il reddito sociale
è generalmente identificato sulla base di una misura delle
spese complessive per la reintegrazione dei mezzi di produzione
necessari per ottenerlo (v. Smith, 1776; v. Storch, 1815; v.
Ricardo, 1817; v. Malthus, 1820). Nella tradizione postclassica
(soprattutto inglese) rimane centrale la considerazione del reddito
come grandezza netta, e quindi il riferimento a una misura dei
consumi produttivi diretti o indiretti (v. Marshall, 1890; v.
Edgeworth, 1925; v. Keynes, 1936). Infine, il reddito atteso come
risultato del possesso di determinate attività patrimoniali
ha come termine di riferimento le attività alle quali
è imputabile la percezione del reddito, benché il
valore capitale di queste ultime sia continuamente soggetto a
variare (v. Fisher, 1906). La definizione hicksiana di reddito
può essere considerata come il risultato di un'integrazione
fra la concezione classica e quella fisheriana, poiché
l'attenzione per il flusso dei redditi attesi è combinata con
l'introduzione di un requisito di reddito costante (v. Hicks, 1939,
p. 172; v. sopra, cap. 3).
Un elemento comune alle teorie del reddito appena menzionate
è la considerazione del reddito come flusso di potere
d'acquisto sostenibile in un intervallo temporale sufficientemente
lungo (il requisito della sostenibilità suggerisce una
prospettiva di medio e lungo periodo, e richiama per questo motivo
le connessioni tra flussi e stocks di ricchezza, come sottolineato
da Baranzini: v., 1991, p. 12). Alcuni schemi analitici sottolineano
il collegamento tra sostenibilità dei flussi di reddito e
condizioni tecnico-sociali di riproduzione dei sistemi economici
(economisti classici). Altri schemi considerano direttamente il
nesso fra sostenibilità del reddito e disponibilità di
risorse non prodotte (v. Pigou, 1929³ e 1935). Infine, il punto
di vista introdotto da Hicks richiama l'attenzione sulle condizioni
che permettono di avere un'aspettativa di reddito costante: "Se una
persona non si attende alcun cambiamento nelle condizioni
economiche, e si aspetta di ricevere un flusso costante di entrate,
in ogni settimana futura lo stesso ammontare di questa settimana,
è ragionevole affermare che quell'ammontare è il suo
reddito. Ma supponiamo che quella persona si attenda di ricevere
nelle settimane future un ammontare minore di quello percepito
questa settimana [...] allora non potremmo più considerare
l'ammontare complessivo delle sue entrate come [il suo] reddito; una
parte di quelle entrate dovrebbe essere assegnata al conto capitale"
(v. Hicks, 1939, p. 172).
Il concetto di reddito sostenibile suggerisce all'analisi del
reddito un quadro concettuale unitario e insieme consente l'indagine
sistematica di questioni talora non esaminate in modo approfondito
nella teoria economica. In particolare, i fondi (non prodotti) di
capacità produttiva possono essere collegati a una
definizione di reddito sostenibile sia sul piano delle relazioni
fisiche sia su quello delle relazioni in termini di valore. Nel
primo caso il vincolo risulta direttamente dalla considerazione dei
requisiti di capacità produttiva per unità di prodotto
e dalle dotazioni complessive di ciascun fondo produttivo (come la
terra). Sia r il vettore dei requisiti di capacità produttiva
(non prodotta) per unità di merce e Λ la corrispondente
dotazione complessiva (nell'ipotesi semplificata che vi sia una sola
categoria di fondi non prodotti). È evidente che il livello
di reddito (pY) compatibile con il fondo esistente di
capacità produttiva dovrà soddisfare la seguente
condizione:
Formula
dove le variabili χi denotano i livelli complessivi di produzione
delle diverse merci che concorrono alla formazione del prodotto
netto.
Nel secondo caso il vincolo risulta indirettamente dalla
considerazione dei vincoli distributivi collegati a un dato livello
di reddito totale e a una particolare configurazione istituzionale.
Sia ϱ il saggio di rendita corrisposto come remunerazione degli
impieghi di capacità produttiva non prodotta (ad esempio come
remunerazione dell'impiego di terra coltivabile nel caso che siano
messi a coltura soltanto due tipi di terra e che soltanto un tipo di
terra dia luogo alla formazione di rendita differenziale di tipo
ricardiano). Il vincolo di reddito sostenibile introduce un limite
superiore alla rendita che si avrà in corrispondenza
dell'impiego di capacità non prodotta, se consideriamo fissi
i requisiti fisici ri di risorsa per unità di prodotto e il
saggio di rendita: la massima rendita sostenibile coincide
evidentemente con la remunerazione complessiva di una
capacità non prodotta uguale a Λ. Le considerazioni
precedenti mettono in risalto il carattere essenzialmente unitario
delle diverse concezioni di reddito sostenibile discusse nella
teoria economica, benché ciascuna definizione metta a fuoco
un particolare insieme di contesti e problemi. La definizione
classica sottolinea il collegamento fra sostenibilità e
'stato reintegrativo' nel caso di sistemi economici perfettamente
circolari (assenza di risorse non prodotte). La definizione
hicksiana mette in evidenza la connessione fra reddito e
sostenibilità intertemporale di un dato livello di consumi.
La definizione di reddito sostenibile nel caso di economie che
richiedano l'utilizzazione di fondi non prodotti (come la terra)
rinvia alla considerazione di vincoli fisici che potrebbero far
emergere un limite superiore per il livello di reddito totale
compatibile con la tecnologia del sistema.Le conclusioni precedenti
non considerano in modo esplicito la possibilità di crescita
di un sistema. Lo studio della dinamica economica suggerisce alcune
integrazioni alle definizioni prima considerate, soprattutto per
quanto riguarda il collegamento fra crescita del reddito e
mantenimento della capacità produttiva (prodotta e non
prodotta), e la stessa distinzione tra flussi di reddito e fondi di
ricchezza (un esempio è la duplice natura, di flusso oppure
di fondo, che il risparmio assume a seconda che si considerino i
nuovi risparmi in corso di formazione oppure i risparmi
precedentemente accumulati e investiti: v. Fanno, 1935). In
particolare, lo schema analitico per settori verticalmente integrati
mette in evidenza l'esistenza di un limite superiore al saggio di
crescita del reddito totale, data la tecnologia del sistema e la
dotazione di fondi produttivi non prodotti (v. Quadrio Curzio, 1986;
v. Pasinetti, 1988; v. Quadrio Curzio e Pellizzari, 1996). Lo stesso
schema analitico individua la possibilità di sentieri di
crescita sostenibili in cui il reddito totale del sistema economico
può aumentare in modo compatibile con la dotazione di fondi
non prodotti a condizione che opportuni cambiamenti della tecnologia
consentano di 'liberare' risorse non prodotte oppure di reintegrare
(attraverso processi di rinnovo indipendenti dall'intervento umano)
il capitale naturale già degradato (v. Perrings, 1987; v.
Scott, 1989; v. Georgescu-Roegen, 1990; v. Nordhaus, 1994).In questo
modo l'analisi del reddito richiama l'attenzione
sull'opportunità di integrare la considerazione del prodotto
netto e del consumo finale (caratteristici, rispettivamente, della
teoria economica classica e di quella neoclassica) con l'indagine (a
suo tempo avviata da alcuni economisti preclassici) sulle condizioni
da soddisfare perché un dato fondo di capacità
produttiva (prodotta e non prodotta) possa essere mantenuto nel
tempo, così da assicurare la sopravvivenza delle generazioni
future.(Si ringraziano Mauro Baranzini e Paolo Sylos Labini per aver
letto e commentato questo articolo. Ogni responsabilità
rimane ovviamente dell'autore).