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Mill, John Stuart.
Filosofo ed economista (Londra 1806 - Avignone 1873). Figlio
primogenito di James, che ne curò personalmente l'educazione,
fu introdotto dal padre, in giovane età, nell'ambiente dei
filosofi radicali. Frequentò specialmente J. Bentham e
studiò gli scritti di A. Smith e D. Ricardo.
All'età di diciassette anni si impiegò nella Compagnia
delle Indie Orientali (1823). Dal 1826 al 1828 attraversò una
crisi spirituale che, come spiega nella sua Autobiography (1873), lo
avvicinò alla cultura romantica e lo spinse a rifiutare
alcune semplificazioni intellettualistiche rintracciabili
nell'ambiente culturale in cui si era formato.
Abbandonò la Compagnia delle Indie nel 1858; nello stesso
anno, mortagli la moglie, si trasferì in una villa presso
Avignone, dove abitò poi spesso anche se impegnato
nell'attività politica come membro della camera dei Comuni
(1866-68). La sua vasta produzione copre i campi della logica,
dell'etica e della teoria politica ed economica.
La posizione logica e metodologica di M. (svolta in A system of
logic ratiocinative and inductive, 2 voll., 1843) si colloca in una
prospettiva empiristica, che ha recepito la critica di D. Hume, e
intende proporre una logica induttiva in cui ogni proposizione trovi
il suo fondamento nell'esperienza del soggetto conoscente e
nell'attività di associazione che questi è capace di
compiere. Le leggi generali e gli stessi assiomi sono
assolutizzazioni di dati dell'esperienza. Il carattere induttivo
della logica di M. comporta la possibilità di organizzare in
serie continua e complessa le esperienze, partendo dal presupposto
dell'uniformità e costanza della natura. Anche le
verità e gli assiomi della matematica sono casi di
constatazione estremamente uniforme e trovano origine
nell'esperienza (esterna o psicologica).
Ai problemi gnoseologici M. dedicò An ex amination of Sir
William Hamilton's philos ophy (1865): la materia è per M.
una possibilità permanente di sensazioni; il concetto di un
oggetto esistente fuori di noi non viene perciò formulato in
termini di sensazioni effettive (mutevoli, intermittenti e
personali) ma di sensazioni possibili (stabili, permanenti e
pubbliche) che verrebbero esperite qualora si realizzassero talune
condizioni. In M. troviamo un contributo originale all'etica
utilitaristica: là dove J. Bentham considerava come unico
criterio di valutazione morale delle azioni la differente
quantità di piacere prodotto, M. afferma la validità
di una differenziazione anche di tipo qualitativo. Egli ripropone
invece come unico fondamento della morale la "regola aurea"
dell'utilitarismo, che fa coincidere il bene con la massima
felicità del maggior numero di persone (Utilitarianism,
1863). In politica
M. insistette sull'opportunità di un'applicazione radicale
dei principî della libertà (Essay on liberty, 1859), su
di un'organizzazione del potere politico che collegasse le esigenze
locali e quelle nazionali, non perdendo mai di vista i diritti
individuali (Thoughts on parliamentary reform, 1859; Considerations
on representative government, 1863), difendendo inoltre il
parlamentarismo e la democrazia come la migliore forma di governo,
l'unica capace di tutelare l'interesse dell'individuo e di
permetterne la libera espressione. Il sistema della proprietà
privata andava comunque, secondo M., corretto per rendere possibile
una minore sperequazione sociale (di qui la simpatia con cui
guardò al movimento socialista e alle rivendicazioni sociali
del suo paese e del suo tempo). Si batté inoltre per
l'estensione alle donne del voto e dei diritti politici (The
subjection of women, 1869).
In economia M. auspicò un liberismo temperato che conciliasse
il principio della proprietà e della libera produzione con
una certa giustizia distributiva, concependo come fenomeni naturali,
retti da leggi immutabili, i fenomeni della produzione e come
processi storici, soggetti quindi a mutamento in seguito
all'intervento umano, quelli della distribuzione.
Mentre i cinque Essays on some unsettled questions in political
economy (scritti nel 1827-30, ma pubblicati nel 1844) - tra cui
particolarmente significativo quello sulla legge dello scambio
internazionale - sono di netta ispirazione ricardiana, i Principles
of political economy (2 voll., 1848), specie nelle successive
edizioni (7a ed. 1871), risentono anche dell'influenza di J. B. Say,
W. N. Senior, R. Malthus, J. Rae e soprattutto del socialismo
francese (C.-H. Saint-Simon, Ch. Fourier, P.-J. Proudhon, ecc.).
Opera di grande chiarezza e di vasto disegno, che compone in sistema
i risultati dell'economia classica, mettendo in rilievo la
connessione generale dei fenomeni sociali, e che combina l'analisi
di scienza pura con l'indagine sui fatti concreti, i Principles
hanno esercitato un'enorme influenza sul pensiero economico.
Altre opere: Auguste Comte and positivism (1865); England and
Ireland (1868); Chapters and speeches on the Irish land ques tion
(1870); Three essays on religion: the nature, the utility of
religion and theism (post., 1874). In Dissertations and discussions
(3 voll., 1859-67) sono compresi gli scritti minori.