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La Repubblica di San Marco fu uno Stato, costituito a Venezia a
seguito dell'insurrezione della città contro il governo
austriaco il 17 marzo 1848. La repubblica è durata poco
più di un anno, fino al 22 agosto 1849.
Storia
« [...] Sulle tue pagine scolpisci, o Storia,
l'altrui nequizie e la sua gloria,
e grida ai posteri tre volte infame
chi vuol Venezia morta di fame!
Viva Venezia! L'ira nemica
la sua risuscita virtude antica;
ma il morbo infuria, ma il pan le manca...
Sul ponte sventola bandiera bianca! »
(Arnaldo Fusinato)
In seguito alla rivolta, i due patrioti Daniele Manin e
Niccolò Tommaseo, che si trovavano rinchiusi nelle prigioni
austriache, vennero liberati e si posero alla guida del nuovo
Governo Provvisorio, proclamato il 22 marzo. La nuova Repubblica di
San Marco richiamava nel nome l'antica Serenissima, scomparsa mezzo
secolo prima.
Il 23 marzo si ebbe una prima organizzazione del governo,
ripartendolo in otto ministeri: Esteri e Presidenza; Culto ed
Istruzione; Giustizia; Finanze; Guerra; Marina; Interno e
Costruzioni; Commercio.
Il 5 luglio l'Assemblea dei Deputati della provincia di Venezia
decideva l'annessione della repubblica al regno di Sardegna.
Nell'occasione, si ebbe una nuova riforma del potere esecutivo,
articolato ora in sei dipartimenti: Presidenza, Giustizia e Culto;
Interno, Costruzioni e Istruzione; Finanze; Marina; Guerra;
Commercio; Arti ecc. Il 7 agosto furono nominati, in vece di re
Carlo Alberto, tre regi commissari (Vittorio Colli di Felizzano,
Luigi Cibrario e Iacopo Castelli) con un'ulteriore riforma del
potere che ridusse a tre i dipartimenti: Guerra, Marina, Porto,
Relazioni politiche ecc.; Finanze, Commercio, Industria, Poste ecc.;
Culto, Grazia e Giustizia, Interno, Costruzioni ed Istruzione.
Il Piemonte, già provato dalla battaglia di Custoza del 27
luglio, ritirò il suo sostegno dopo l'armistizio di Salasco
del 9 agosto. L'11 agosto, ad appena quattro giorni dalla nomina, i
commissari regi lasciarono Venezia e, nel frattempo, se ne andava la
flotta sarda. In questa situazione disperata, Manin assunse la
dittatura per quarantotto ore e, il 13 agosto, il potere venne
affidato ad un triumvirato formato, oltre che dallo stesso Manin
(questioni civili), da Giovanni Battista Cavedalis (Guerra) e Leone
Graziani (Marina).
Un valido aiuto giunse invece dal generale napoletano Guglielmo
Pepe, mandato inizialmente dal suo sovrano a combattere al fianco
dei piemontesi, che rifiutò di obbedire all'ordine di rientro
e si unì ai Veneziani con duemila volontari, prendendo il
comando dell'esercito che difendeva la città.
Frattanto, nonostante l'eroica resistenza dei volontari, la
terraferma era stata rioccupata dall'esercito austriaco. Il 4 maggio
1849 gli austriaci iniziarono le ostilità contro forte
Marghera, presidiato da 2.500 uomini al comando del colonnello
napoletano Girolamo Ulloa. La difesa fu accanita, ma la notte del
26, d'accordo col governo, Ulloa dovette dare l'ordine di evacuare
il forte. Gli austriaci avanzarono allora lungo il ponte della
ferrovia ma, trovando anche qui una forte resistenza, iniziarono un
pesante bombardamento contro la città stessa. Una prima
richiesta di resa da parte del comandante in capo delle forze
austriache, feldmaresciallo Radetzky, fu sdegnosamente respinta.
L'episodio del bombardamento di Venezia del 1849 merita una menzione
particolare: infatti in quel frangente, accanto all'artiglieria, gli
austriaci impiegarono per la prima volta dei palloni aerostatici nel
tentativo di portare a termine un bombardamento aereo. L'uso dei
palloni per scopi bellici non era del tutto nuovo, poiché fin
dal 1794 i francesi avevano costituito una Compagnia aerostieri con
palloni ancorati a terra da cavi, con scopi di ricognizione; ma il 2
luglio le mongolfiere austriache furono caricate con bombe
incendiarie, collegate a micce a tempo che avrebbero dovuto lasciar
cadere l'esplosivo esattamente quando i palloni fossero giunti sopra
la città. Tuttavia il vento respinse i palloni, facendoli
tornare verso le linee austriache, cosicché il primo
tentativo di bombardamento aereo della storia risultò
fallimentare.
Alla lunga comunque la situazione della città divenne
insostenibile (a complicare le cose si aggiunse anche un'epidemia di
colera), ed ai primi di agosto lo stesso Manin, vista
l'impossibilità di resistere ad oltranza, iniziò a
parlare di resa, e offrì anche di farsi da parte se invece si
fosse deciso di combattere fino all'ultimo. L'Assemblea
confermò la fiducia al Manin, e gli affidò pieni
poteri per trattare la resa, che venne firmata il 22 agosto 1849 a
villa Papadopoli. Il 27 gli austriaci entravano a Venezia, mentre
Manin, Tommaseo, Pepe e molti altri patrioti prendevano la via
dell'esilio.
Dopo la caduta della Repubblica Romana, Giuseppe Garibaldi, alla
testa di un gruppo di volontari, fuggì da Roma alla volta di
Venezia, unica città italiana che continuava la lotta, ma
venne fermato dagli Austriaci presso Comacchio.