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La Stampa
La Stampa fu fondata a Torino il 9 febbraio 1867 con il nome di
Gazzetta Piemontese dal giornalista e romanziere Vittorio Bersezio.
Il motto del giornale era «Frangar non flectar» ("Mi
spezzerò ma non mi piegherò") e il prezzo era di 5
centesimi di lire. Nei primi anni di vita il giornale uscì
dalla tipografia Casimiro Favale, in via Dora Grossa[3], ebbe una
tiratura di 7-8000 copie e due edizioni giornaliere, mattutina e
pomeridiana. Nel 1880 la «Gazzetta Piemontese» fu
acquistata dal deputato liberale Luigi Roux, che ne assunse anche la
direzione. Tra i collaboratori del giornale spiccano i nomi dei
deputati Silvio Spaventa e Ruggiero Bonghi.
Nel 1894 divenne comproprietario l'imprenditore e giornalista
Alfredo Frassati[4], che affiancò Roux nella direzione. Da
condirettore decise di rilanciare il giornale. La testata fu
modificata in La Stampa Gazzetta piemontese, mentre motto e prezzo
restarono immutati. Il quotidiano apparve con la nuova testata il 2
gennaio 1895; il vecchio nome, pur retrocesso a sottotitolo, era
più evidente del nuovo. Le proporzioni vennero invertite dal
30 marzo 1895. La testata mantenne il doppio nome fino al 1908.
Frassati trasferì poi la sede in un palazzo di piazza
Solferino. Introdusse anche nuove tecnologie: arrivò la
linotype, una delle prime in Italia (le linotype raggiungeranno il
numero di trentasette).
In pochi anni la tiratura de La Stampa salì a 50.000 copie.
Nel 1900 Roux cedette la proprietà della testata[5]: due
terzi a Frassati e un terzo al finanziere E. Pollone. Frassati
assunse così la carica di direttore e poté scegliere
in autonomia la linea editoriale. Impresse una linea politica di
sostegno a Giovanni Giolitti, di cui divenne uno dei maggiori
sostenitori. Dette vita a un supplemento illustrato sportivo e alla
rivista La Donna, dedicata al mondo femminile. Il 12 agosto 1908
sparì il sottotitolo «Gazzetta piemontese» e
rimase solo in evidenza La Stampa come unico titolo del quotidiano.
Il 20 maggio 1915 le copie raggiunsero il record di trecentomila[6].
In occasione dell'entrata dell'Italia nella Prima guerra mondiale
mantenne una posizione neutrale.
Nel 1920 la quota di Pollone fu rilevata dal gruppo
finanziario-industriale Agnelli-Gualino. Dopo l'assassinio di
Giacomo Matteotti (11 giugno 1924) il quotidiano si schierò
su posizioni antimussoliniane. Per aver preso questa posizione,
Frassati dovette dimettersi e vendere il giornale. Il 29 settembre
1925 il giornale venne sospeso (fu un avvertimento del regime).
Quandò tornò in edicola, il 3 novembre, Frassati non
era più alla direzione. Il 9 novembre 1925 Alfredo Frassati
rassegnò le dimissioni dal giornale. Nel suo ultimo anno alla
guida del quotidiano, La Stampa si era assestata su una tiratura di
176.000 copie. Nel 1926 la FIAT (ovvero la famiglia Agnelli) ne
rilevò la proprietà con l'avallo delle autorità
fasciste. Il nuovo direttore, Andrea Torre, allineò il
giornale alle direttive del regime, ma il quotidiano perse copie, a
favore del diretto concorrente la Gazzetta del Popolo, che lo
superò come primo quotidiano torinese.
Nel 1934 la sede del quotidiano fu trasferita in un grande palazzo
che s'affacciava su via Roma con ingresso dalla Galleria San
Federico. Con la direzione di Alfredo Signoretti le vendite de La
Stampa cominciarono ad aumentare, dopo le sensibili riduzioni della
tiratura verificatesi all'inizio del decennio. Dopo la Liberazione
il CLN ottenne la sospensione de La Stampa per connivenza con il
regime fascista. Grazie all'appoggio degli alleati, il quotidiano
ritornò nelle edicole il 18 luglio. Tre giorni dopo Frassati
dovette cambiare la testata in La Nuova Stampa.