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Cattolici integrali, gesuiti e
modernisti.
Q1 §77 [Leone XIII.] Numero commemorativo di «Vita e
Pensiero» per il 25° anniversario della morte di Leone
XIII. Utile l'articolo di padre Gemelli su «Leone XIII e il
movimento intellettuale». Papa Leone è legato, nel
campo intellettuale, alla rinnovazione della filosofia cristiana,
all'indirizzo negli studi sociali, all'impulso dato agli studi
biblici. Tomista, l'idea ispiratrice di Leone XIII fu questa:
«ricondurre il mondo ad una dottrina fondamentale grazie alla
quale l'intelligenza sia resa di nuovo capace di indicare all'uomo
la verità che egli deve riconoscere e ciò non solo
preparando la via alla fede, ma dando all'uomo il mezzo di
orientarsi in modo sicuro su tutti i problemi della vita. Leone XIII
presentava cosí al popolo cristiano una filosofia, la
dottrina scolastica, non come un quadro del sapere, stretto,
immobile ed esclusivo, ma come un organismo di pensiero vivo,
suscettibile di arricchirsi del pensiero di tutti i dottori e di
tutti i padri, capace di armonizzare la speculazione della teologia
razionale con i dati della scienza positiva, condizione per
stimolare e armonizzare la ragione e la fede; la scienza profana e
la sacra; la filosofia e la teologia; il reale e l'ideale; il
passato e le scoperte dell'avvenire, l'orazione e l'azione, la vita
interiore e la vita sociale, i doveri dell'individuo e della
società; i doveri verso Dio e verso l'uomo».
Leone XIII ha rinnovato completamente l'Azione Cattolica. Ricordare
che l'enciclica Rerum Novarum è quasi simultanea al Congresso
di Genova, cioè al passaggio del movimento operaio italiano
dal primitivismo a una fase realistica e concreta, sebbene ancora
confusa e indistinta. La neo scolastica ha permesso l'alleanza del
cattolicesimo col positivismo (Comte, da cui Maurras). Nell'Azione
Cattolica [si è] usciti dal puro astensionismo meccanico di
dopo il '70 e [si è] iniziata [una] attività reale che
portò allo scioglimento del '98.
Q2 §135 Pancristianesimo e propaganda del protestantesimo
nell'America Meridionale. Cfr. l'articolo Il protestantesimo negli
Stati Uniti e nell'America latina, nella «Civiltà
Cattolica» del 1° marzo - 15 marzo - 5 aprile 1930. Studio
molto interessante sulle tendenze espansionistiche dei protestanti
nord-americani, sui metodi di organizzazione di questa espansione e
sulla reazione cattolica.
È interessante notare che i cattolici trovano nei protestanti
americani i soli concorrenti, e spesso vittoriosi, nel campo della
propaganda mondiale e ciò nonostante che negli Stati Uniti la
religiosità sia molto poca (la maggioranza dei censiti
professa di non aver religione): le Chiese protestanti europee non
hanno espansività o minima. Altro fatto notevole è
questo: dopo che le chiese protestanti sono andate sminuzzandosi, si
assiste ora a tentativi di unificazione nel movimento pancristiano.
(Non dimenticare però l'Esercito della Salute, di origine e
organizzazione inglese).
Q3 §164 La redazione della Civiltà Cattolica. Gli
articoli della «Civiltà Cattolica» sono scritti
tutti da padri della Compagnia di Gesú e ordinariamente non
sono firmati. Qualche volta si può sapere chi siano gli
autori, perché negli estratti il loro nome è
pubblicato (non sempre però). Cosí, per es., la
rubrica sulle quistioni operaie è fatta dal padre Angelo
Brucculeri, che deve essere anche il rappresentante italiano nel
Centro internazionale di Malines che ha compilato il Codice sociale.
Bisognerebbe procurarsi il catalogo delle pubblicazioni vendibili
presso la «Civiltà Cattolica» per vedere di quali
quistioni sono messi in vendita gli estratti: è un indice
dell'importanza data alle quistioni stesse. Ricordare che nel 1929
(o ai primi del '30) l'«Amico delle Famiglie»
pubblicò che il padre Rosa aveva lasciato la direzione della
«Civiltà Cattolica» ed era stato inviato dal papa
in Ispagna per una missione, dopo essergli stata donata una medaglia
d'oro in riconoscimento dei servizi resi al Vaticano. L'«Amico
delle Famiglie» è un settimanale cattolico di Genova e
deve aver riprodotto la notizia dalla stampa quotidiana cattolica e
non cattolica. Perché? Di fatto il padre Rosa andò in
Ispagna ed ebbe la medaglia, ma continuò a dirigere la
«Civiltà Cattolica». Evidentemente
l'allontanamento del padre Rosa era desiderato, per l'atteggiamento
preso sull'applicazione del Concordato, talvolta abbastanza aspro:
ma il papa non credette di esaudire il pio desiderio, perché
la linea del padre Rosa era quella del Vaticano e il papa teneva a
farlo sapere.
La «Civiltà Cattolica» pubblica ogni tanto degli
indici analitici delle sue annate: l'ultimo è quello delle
annate 1911-1925 compilato dal Cav. Giuseppe Del Chiaro, segretario
di redazione. Su tutte le quistioni importanti bisognerà
vedere questi indici, perché le pubblicazioni e i commenti
dei gesuiti hanno una certa importanza e possono dare degli spunti:
specialmente sulle quistioni di storia del Risorgimento. Ricordare
la quistione dei Costituti di Federico Confalonieri. Cosí
sulla quistione del brigantaggio dal '60 al '70: ricordare la
quistione dei fratelli La Gala imbarcatisi a Civitavecchia su
battello francese e arrestati a Genova dai Piemontesi, con
conseguente protesta diplomatica del papa e della Francia,
restituzione dei La Gala e loro estradizione ecc. Importanti sono
gli articoli storici della «Civiltà Cattolica»
sui movimenti cattolico-liberali e l'odio dei gesuiti contro
Gioberti che ancora oggi è vituperato banalmente ad ogni
occasione.
Q4 §90 [Ugo Mioni.] Monsignor Ugo Mioni, scrittore di
romanzacci a serie di avventure per i giovanetti, era un tempo
gesuita e ora non lo è piú. Oggi appartiene certamente
agli integralisti, come appare dalla recensione, pubblicata nella
«Civiltà Cattolica» del 20 agosto 1932 del suo
Manuale di sociologia (Torino, Marietti, 1932, in 16°, pp. 392,
L. 12). Nella recensione si osserva che nel Manuale «traspare
qua e là una diffidenza soverchia del nuovo, vero o presunto
che sia. A pag. 121 si inveisce contro la diffusione della cultura:
"Perché non vi potrebbe essere qualche analfabeta? ve ne
furono tanti e tanti nei secoli passati; i quali vissero tranquilli,
sereni e felici!... È poi tanto necessaria la cultura
intellettuale e scientifica dei cittadini? Di alcuni, di parecchi,
sí... Per tutti? No"». «A pag. 135 si legge che:
"la sociologia cristiana è ostile a ogni partecipazione della
donna alla vita pubblica"». La «Civiltà
Cattolica» nega questa affermazione perentoria e ricorda che
«una delle scuole oggi piú rinomate della Sociologia
cristiana (Le settimane sociali francesi) è tutt'altro che
ostile alla partecipazione, di cui ha tanto terrore il nostro
Autore». Cita anche il Précis de la doctrine sociale
catholique (Editions Spes, p. 129) del gesuita Ferdinando Cavallera,
prof. dell'Istituto di Tolosa, dove è scritto: «La
partecipazione della donna alla vita pubblica non solleva alcuna
obbiezione dal punto di vista cattolico». La
«Civiltà Cattolica» rimprovera al Mioni di aver
obliato nel suo trattato la vita internazionale che «ha oggi
cosí decisiva importanza anche nelle questioni sociali»
e di non aver fatto alcun cenno, parlando della tratta delle
bianche, di quanto si è fatto di recente a Ginevra in una
speciale commissione della Società delle nazioni.
L'opposizione al trattato del Mioni è dunque radicale. Questo
trattato del Mioni può assumersi come uno dei documenti
piú importanti ideologici del cattolicismo integrale e
ultrareazionario.
Q5 §1 I «cattolici integrali» ebbero molta fortuna
sotto il papato di Pio X; rappresentarono una tendenza europea del
cattolicismo, politicamente di estrema destra, ma naturalmente erano
piú forti in certi paesi, come l'Italia, la Francia, il
Belgio, dove, in forme diverse, le tendenze di sinistra in politica
e nel campo intellettuale, si facevano sentire piú fortemente
nell'organizzazione cattolica. Nel Belgio, durante la guerra, i
tedeschi sequestrarono una grande quantità di documenti
riservati e segreti degli integrali, in seguito pubblicati e
cosí si ebbe la prova abbondante che gli integrali avevano
costituito una vera e propria associazione segreta per controllare,
dirigere, «purgare» il movimento cattolico in tutti i
suoi gradi gerarchici, con cifrari, fiduciari, corrispondenze
clandestine, agenti per lo spionaggio ecc. Il capo degli integrali
era monsignor Umberto Benigni, e una parte dell'organizzazione era
costituita dal «Sodalitium Pianum» (da Papa Pio V).
Monsignor Benigni, morto nel 1934, era un uomo di grande
capacità teorica e pratica e di una attività
incredibile: ha scritto, tra l'altro, un'opera di grande mole, La
Storia sociale della Chiesa, di cui sono usciti 4 volumi d'oltre 600
pagine l'uno, in gran formato, editi dalla casa Hoepli. Come appare
dalla «Civiltà Cattolica», il Benigni non ha mai
interrotto la sua azione cospirativa nell'interno della Chiesa,
nonostante le difficoltà in cui gli integrali sono venuti a
trovarsi per il corso della politica di Pio XI, esitante, titubante,
timida, ma tuttavia con indirizzo popolare democratico per la
necessità di creare forti masse di Azione Cattolica. Gli
integrali appoggiavano in Francia il movimento dell'Action
Française, furono contro il Sillon: da per tutto sono contro
ogni modernismo politico e religioso.
Di fronte ai gesuiti assumevano un atteggiamento quasi
giansenistico, cioè di grande rigore morale e religioso,
contro ogni forma di lassismo, di opportunismo, di centrismo. I
gesuiti naturalmente accusano gli integrali di giansenismo (di
ipocrisia giansenistica) e ancor di piú, di fare il gioco dei
modernisti (teologanti): 1) per la loro lotta contro i gesuiti; 2)
perché allargavano talmente la nozione di modernismo e quindi
ampliavano talmente il bersaglio, da offrire ai modernisti un campo
di manovra comodissimo. Di fatto è avvenuto che nella loro
comune lotta contro i gesuiti, integrali e modernisti si siano
trovati obbiettivamente nello stesso terreno e abbiano collaborato
tra loro (il Buonaiuti avrebbe scritto nella rivista del Benigni).
Cosa rimane oggi dei modernisti e degli integrali? È
difficile identificare e calcolare la loro forza oggettiva
nell'organizzazione ecclesiastica, specialmente dei modernisti (gli
integrali hanno mantenuto le loro forze quasi intatte, anche dopo la
campagna contro l'Action Française): in ogni modo essi sono
sempre dei «fermenti» che continuano ad operare, in
quanto rappresentano la lotta contro i gesuiti e il loro strapotere,
lotta condotta anche oggi da elementi di destra e di sinistra,
nell'apparente indifferenza della massa del clero e con risultati
non trascurabili nella massa dei fedeli, che ignora queste lotte e
il loro significato, ma appunto perciò non può
raggiungere una mentalità unitaria e omogenea di base.
A queste forze interne, antagonistiche e clandestine o quasi, della
Chiesa (per il modernismo la clandestinità è
indispensabile) conviene avere dei «centri» esterni
pubblici, o con efficacia diretta sul pubblico, con periodici o
edizioni di opuscoli e di libri. Tra i centri clandestini e quelli
pubblici esistono collegamenti clandestini che diventano il canale
delle ire, delle vendette, delle denunzie, delle insinuazioni
perfide, dei pettegolezzi per tenere sempre viva la lotta contro i
gesuiti (che hanno anche loro una organizzazione non ufficiale o
addirittura clandestina, alla quale devono contribuire i cosí
detti «gesuiti laici», curiosa istituzione forse copiata
dai terziari francescani e che numericamente pare rappresentino
circa 1/4 di tutte le forze gesuitiche: questa istituzione dei
«gesuiti laici» merita di essere studiata con
attenzione). Tutto ciò dimostra che la forza coesiva della
Chiesa è molto minore di ciò che si pensa, non solo
per il fatto che la crescente indifferenza della massa dei fedeli
per le quistioni puramente religiose ed ecclesiastiche dà un
valore molto relativo alla superficiale ed apparente
omogeneità ideologica, ma per il fatto ben piú grave
che il centro ecclesiastico è impotente ad annientare le
forze organizzate che lottano coscientemente nel seno della Chiesa.
Specialmente la lotta contro il modernismo ha demoralizzato il
giovane clero, che non esita a pronunziare il giuramento
antimodernista pur continuando a conservare le sue opinioni.
(Ricordare gli ambienti torinesi dei giovani ecclesiastici, anche
domenicani, prima della guerra, e le loro deviazioni che andavano
fino ad accogliere benevolmente le tendenze modernizzanti
dell'islamismo e del buddismo e a concepire la religione come un
sincretismo mondiale di tutte le religioni superiori: dio è
come il sole, di cui le religioni sono i raggi e ogni raggio guida
all'unico sole ecc.).
Da un articolo di padre Rosa (Risposta ad «Una polemica senza
onestà e senza legge», nella «Civiltà
Cattolica» del 21 luglio 1928) sono tolte queste indicazioni:
Monsignor Benigni continua (nel 1928) ad avere una notevole
organizzazione: una collezione intitolata Vérités
è pubblicata a Parigi e vi appaiono le firme Récalde,
Luc Verus, Simon: Luc Verus è lo pseudonimo collettivo degli
«integrali». Il Rosa cita l'opuscolo Les
découvertes du Jésuite Rosa, successeur de Von
Gerlach, Parigi, Linotypie G. Dosne, Rue Turgot 20, 1928, che
attribuisce al Benigni almeno per il materiale. I gesuiti sono
accusati di essere «amici dei massoni e dei giudei» (fa
ricordare la «dottrina» di Ludendorff
sull'«internazionale massonico-giudeo-gesuitica»), sono
chiamati «demagoghi e rivoluzionari» ecc. A Roma il
Benigni si serve dell'agenzia Urbs o Romana e firma le sue
pubblicazioni col nome di suo nipote Mataloni. Il bollettino romano
del Benigni si intitolava «Veritas» (esce ancora o fino
a quando è uscito?) Il Benigni (nel 1928 o prima?) ha
pubblicato un opuscolo Di fronte alla calunnia, di poche pagine, con
documenti che concernono il Sodalizio Piano, opuscolo che è
stato riprodotto in parte e difeso da due periodici cattolici:
«Fede e Ragione» (di Firenze) e la «Liguria del
Popolo» (di Genova). Il Benigni diresse il periodico
«Miscellanea di storia ecclesiastica».
L'opuscolo Una polemica senza onestà e senza legge contro il
p. Rosa è del prof. E. Buonaiuti. Il Rosa parla del libro di
Buonaiuti: Le Modernisme catholique (pubblicato nella collezione
diretta da P. L. Couchoud, edito dal Rieder) e osserva che l'autore
finalmente ammette una serie di fatti che avrebbe sempre negato
durante la polemica modernista (per es. che il Buonaiuti fu l'autore
della campagna modernistica del «Giornale d'Italia»,
ciò che veramente il Buonaiuti nel suo libro non dice
esplicitamente, ma che si può dedurre come verosimile, data
la tortuosità di questi scrittori). Il Benigni
organizzò il servizio stampa contro i modernisti al tempo
dell'Enciclica Pascendi. Nelle sue «Ricerche religiose»
(luglio 1928, p. 335) il Buonaiuti racconta un episodio
caratteristico (riportato dal p. Rosa con espressioni di biasimo
ecc.). Nel 1909 il modernista prof. Antonino De Stefano (attualmente
prete spretato e insegnante di storia all'Università) doveva
pubblicare a Ginevra una «Revue moderniste
internationale»: il Buonaiuti gli scrisse una lettera. A poche
settimane di distanza è chiamato al Sant'Uffizio. L'assessore
del tempo, il domenicano Pasqualigo, gli contestò parola per
parola la lettera al De Stefano. La lettera era stata trafugata a
Ginevra; un emissario romano si era «traforato» in casa
De Stefano ecc. (Naturalmente per il Buonaiuti, Benigni è
stato uno strumento e un complice dei gesuiti, ma pare che nel 1904
il Buonaiuti abbia collaborato nella «Miscellanea» del
Benigni).
Su questo argomento, Cattolici integrali - gesuiti - modernisti, che
rappresentano le tre tendenze «organiche» del
cattolicismo, cioè sono le forze che si contendono l'egemonia
nella Chiesa romana, occorre raccogliere tutto il materiale utile e
costruire una bibliografia. (La collezione della
«Civiltà Cattolica», delle «Ricerche
religiose» del Buonaiuti, della «Miscellanea» del
Benigni, le collezioni di opuscoli polemici delle tre correnti
ecc.).
Da quanto si rileva dalla «Civiltà Cattolica»
pare che «Fede e Ragione» sia oggi la rivista piú
importante dei cattolici integrali. Vedere quali ne sono i
principali collaboratori e in quali punti si pone in contrasto coi
gesuiti: se in punti riguardanti la fede, la morale, la politica
ecc... Gli «integrali» sono forti nel complesso di
qualche ordine religioso rivale dei gesuiti (domenicani,
francescani): è da ricordare che neanche i gesuiti sono
perfettamente omogenei: il cardinale Billot, integrale intransigente
fino ad abbandonare la porpora, era gesuita, e gesuiti furono alcuni
modernisti di grido come il Tyrrell.
Q5 §14 L'articolo: L'equilibrio della verità fra gli
estremi dell'errore, nella «Civiltà Cattolica»
del 3 novembre 1928, prende lo spunto dalla pubblicazione di Nicolas
Fontaine: Saint-Siège, «Action Française»,
et «Catholiques intégraux», Parigi, Gamber, 1928,
di cui, in nota, si dà questo giudizio: «L'autore
è dominato da pregiudizi politici e liberali, massime quando
vede la politica nella condanna dell'Action Française; ma i
fatti e i documenti, da lui allegati, sul famoso "Sodalizio" non
furono smentiti». Ora il Fontaine non ha pubblicato nulla di
completamente inedito (i documenti del Fontaine sugli
«integrali» erano stati pubblicati nell'aprile 1924 dal
«Mouvement»); perché dunque i gesuiti non se ne
sono serviti prima? La quistione è importante e pare possa
essere risolta in questi termini: l'azione pontificia contro
l'Action Française è l'aspetto piú appariscente
e risolutivo di un'azione piú vasta per liquidare una serie
di conseguenze della politica di Pio X (in Francia, ma
indirettamente anche negli altri paesi), cioè Pio XI vuole
limitare l'importanza dei cattolici integrali, apertamente
reazionari e che rendono quasi impossibile in Francia
l'organizzazione di una forte Azione Cattolica e di un partito
democratico-popolare che possa far la concorrenza ai radicali, senza
però attaccarli di fronte. La lotta contro il modernismo
aveva squilibrato troppo a destra il cattolicismo; occorre pertanto
nuovamente «incentrarlo» nei gesuiti, cioè
ridargli una forma politica duttile, senza irrigidimenti dottrinari,
con una grande libertà di manovra ecc.; Pio XI è
veramente il papa dei gesuiti.
Ma lottare contro i cattolici integrali su un fronte organico,
è molto piú difficile che lottare contro i modernisti.
La lotta contro l'Action Française offre un terreno ottimo;
gli integrali sono combattuti non come tali, ma in quanto
sostenitori di Maurras, cioè la lotta è in ordine
sparso, contro singole persone che non obbediscono al papa, che ne
intralciano la difesa della fede e della morale contro un ateo e un
pagano confesso, mentre l'insieme della tendenza è
ufficialmente ignorato. Ecco l'importanza capitale del libro del
Fontaine, che mostra il nesso organico tra Maurras e
l'«integrismo» e aiuta energicamente l'azione del papa e
dei gesuiti (è da notare che il Fontaine a piú riprese
insiste presso i «laicisti» francesi sul fatto che gli
integrali e non i gesuiti sono «antidemocratici», che i
gesuiti, in realtà, aiutano la democrazia ecc.; chi è
il Fontaine? è uno specialista di studi sulla politica
religiosa? non potrebbe essere ispirato dagli stessi gesuiti?)
Questo articolo della «Civiltà Cattolica»,
scritto certo dal p. Rosa, è molto cauto nell'uso dei
documenti ristampati dal Fontaine, evita di analizzare quelli che
non solo screditano gli integrali, ma gettano un'ombra di
comicità e di discredito su tutta la Chiesa (gli integrali
avevano organizzato una vera società segreta con cifrari, in
cui il papa è chiamato «la baronessa Michelina» e
altre personalità con nomi altrettanto romanzeschi,
ciò che mostra la mentalità del Benigni verso i suoi
«gerarchi»).
Sulla quistione «di merito» della politica di Pio XI le
conclusioni non sono facili, come mostra lo stesso corso di questa
politica, corso incerto, timido, titubante per le immense
difficoltà contro cui deve cozzare continuamente. Si è
detto piú volte che la Chiesa cattolica ha virtú di
adattamento e di sviluppo inesauribili. Ciò non è
molto esatto. Nella vita della Chiesa possono essere fissati alcuni
punti decisivi: il primo è quello che si identifica con lo
scisma tra Oriente e Occidente, di carattere territoriale, tra due
civiltà storiche in contrasto, con scarsi elementi ideologici
e culturali, che ha inizio con l'avvento dell'Impero di Carlo Magno,
cioè con un rinnovato tentativo di egemonia politica e
culturale dell'Occidente sull'Oriente; lo scisma avviene in un
periodo in cui le forze ecclesiastiche sono scarsamente organizzate
e si approfondisce sempre piú, automaticamente, per la forza
stessa delle cose, impossibili a controllare, come avviene di due
persone che per decenni non hanno contatti e si allontanano una
dall'altra fino a parlare due lingue diverse. Il secondo è
quello della Riforma, che avviene in ben diverse condizioni e che se
ha come risultato una separazione territoriale, ha specialmente un
carattere culturale e determina la Controriforma, e le decisioni del
Concilio di Trento che limitano enormemente le possibilità di
adattamento della Chiesa Cattolica. Il terzo è quello della
Rivoluzione francese (Riforma liberale-democratica) che costringe
ancor piú la Chiesa a irrigidirsi e mummificarsi in un
organismo assolutistico e formalistico di cui il papa è il
capo nominale, con poteri teoricamente «autocratici», in
verità molto scarsi perché tutto il sistema si regge
solo per il suo irrigidimento da paralitico. Tutta la società
in cui la Chiesa si muove e può evolvere, ha la tendenza a
irrigidirsi, lasciando alla Chiesa scarse possibilità di
adattamento, già scarse per la natura attuale della Chiesa
stessa. L'irrompere di forme nuove di nazionalismo, che poi sono il
termine finale del processo storico iniziatosi con Carlo Magno,
cioè col primo rinascimento, rende non solo impossibile
l'adattamento, ma difficile l'esistenza, come si vede nella Germania
hitleriana. D'altronde il papa non può
«scomunicare» la Germania hitleriana, deve talvolta
persino appoggiarsi ad essa, e ciò rende impossibile ogni
politica religiosa rettilinea, positiva, di un qualche vigore. Di
fronte a fenomeni come l'hitlerismo, anche larghe concessioni al
modernismo non avrebbero nessun significato ormai, ma solo
aumenterebbero la confusione e l'imbroglio. Né è detto
che in Francia le cose siano piú allegre, perché
proprio in Francia è stata creata la teoria di contrapporre
la «religione della patria» a quella
«romana» e si può supporre un incremento di
nazionalismo patriottico, non di cosmopolitismo romano.
Dall'articolo della «Civiltà Cattolica» del 3
novembre 1928 sono tratti questi spunti. Si accenna che anche in
Italia Maurras ha trovato difensori tra i cattolici: si parla di
«imitatori o fautori, palesi od occulti, ma del pari aberranti
dalla pienezza della fede e della morale cattolica, o nella teoria o
nella pratica, pure gridando e anche illudendosi di volerle
difendere integralmente e meglio di qualsiasi altro». l'Action
Française «avventò contro chi scrive queste
righe (il p. Rosa) un cumulo di vilipendii e di calunnie incredibili
(sic), fino a quelle insinuate ripetutamente di assassinii ed
esecuzioni spietate di confratelli!»: (è da vedere
quando e come queste accuse furono fatte al p. Rosa; tra i gesuiti
c'era un'ala integralista e favorevole al Maurras, con uomini di
primo piano come il cardinale Billot, che fu uno dei principali
compilatori dell'enciclica Pascendi e che rinunziò alla
carica di cardinale, cosa rarissima nella storia della Chiesa, che
dimostra l'ostinata pervicacia del Billot e la volontà
risoluta del papa di superare ogni ostacolo nella lotta contro
Maurras).
La «Revue internationale des sociétés
secrètes», diretta dall'abate Boulin, è
«integrale» e accanita antigesuita; il Boulin è
collegato a Benigni-Mataloni e si serve di pseudonimi (Roger
Duguet). L'Action Française e gli integrali si attaccano
disperatamente a Pio X e pretendono di restare fedeli ai suoi
insegnamenti (ciò che nello sviluppo della Chiesa sarebbe un
bel precedente, perché ogni papa, morto, potrebbe offrire il
terreno per organizzare una setta che si riattacca a un suo
particolare atteggiamento; gli «integrali» vogliono
rimettere in onore il Sillabo di Pio IX: nella proposta dell'Action
Française di avere un ecclesiastico per la cattedra del
Sillabo nelle sue scuole, era contenuta un'abile provocazione, ma
Pio XI non solo non vuole ridare attualità al Sillabo, ma
cerca perfino di attenuare ed edulcorare l"enciclica Pascendi).
L'articolo della «Civiltà Cattolica» è
veramente importante e occorrerà rivederlo per il caso di un
approfondimento della questione. Bisognerà vedere tutte le
sfumature dei «distinguo» a proposito della massoneria,
dell'antisemitismo, del nazionalismo, della democrazia ecc. Anche
per i modernisti si distingue tra illusi, ecc., e si prende
posizione contro l'antimodernismo del Benigni ecc.: «Tanto
piú che era da temere e non mancammo di farlo notare fino da
quegli anni a chi di dovere, che siffatti metodi avrebbero fatto il
gioco dei modernisti veri, preparando in futuro gravi danni alla
Chiesa. Il che si vide poi, ed anche al presente si vede, nello
spirito cattivo di reazione, non del vecchio modernismo solamente e
del liberalismo, ma del nuovo altresí e dell'integralismo
stesso. Questo mostrava allora di volersi opporre ad ogni forma o
parvenza di modernismo, anzi presumeva essere, come suol dirsi,
piú papale del papa, ed invece ora con grave scandalo o gli
resiste ipocritamente o apertamente lo combatte, come avviene tra i
fautori rumorosi dell'Action Française in Francia e i
silenziosi loro complici in Italia».
Gli integrali chiamano i gesuiti «modernizzanti» e
«modernizzantismo» la loro tendenza: hanno diviso i
cattolici in integrali e non integrali cioè
«papali» ed «episcopali» (pare che
l'enciclica di Benedetto XV Ad beatissimi abbia notato,
biasimandola, questa tendenza a introdurre tali distinzioni tra i
cattolici, che lederebbero la carità e l'unità dei
fedeli).
La «Sapinière» (da S. P. iniziali del
«Sodalizio Piano») era la società segreta che si
nascondeva dietro il velo del «Sodalizio Piano», ed
organizzò la lotta contro i gesuiti modernizzanti, «in
tutto contrariamente alla prima idea ed al programma officiale
proposto al Santo Pontefice Pio X, indi approvato dal Segretario
della Concistoriale, non certamente perché servisse allo
sfogo di passioni private, alla denuncia e diffamazione di
integerrimi ed anche eminenti personaggi, di Vescovi e d'interi
Ordini religiosi, nominatamente del nostro, che mai finora erasi
veduto in balia a siffatte calunnie, neppure ai tempi della sua
soppressione. Da ultimo poi, finita la guerra e molto piú
dopo lo scioglimento del «Sodalizio Piano» – decretato
dalla Sacra Congregazione del Concilio, non certo a titolo di lode,
ma di proibizione e di biasimo – fu promossa tutta a spese di un
noto e ricchissimo finanziere Simon di Parigi e della sua larga
consorteria, la pubblicazione e la prodiga diffusione gratuita di
libelli i piú ignominiosi e criticamente insipienti centro la
Compagnia di Gesú, i suoi Santi, i suoi dottori e maestri, le
sue opere e le sue costituzioni, pure solennemente approvate dalla
Chiesa. È la nota collezione dei cosí detti
"Récalde", cresciuta già ad oltre una dozzina di
libelli, alcuni di piú volumi, in cui è troppo
riconosciuta e non meno retribuita la parte dei complici romani.
Essa viene ora rinforzata dalla pubblicazione sorella di foglietti
diffamatori, i piú farneticanti, sotto il titolo complessivo
ed antifrastico di "Vérités", emuli dei fogli gemelli
dell'Agenzia Urbs ovvero Romana, i cui articoli ritornano poi
talora, quasi a verbo, in altri fogli "periodici"».
Gli integrali sparsero «le peggiori calunnie» contro
Benedetto XV, come si può vedere dall'articolo comparso alla
morte di questo papa nella «Vieille France» (di Urbain
Gohier ) e nella «Ronda» (febbraio 1922), «anche
questo (periodico) tutt'altro che cattolico e morale, ma onorato
tuttavia dalla collaborazione di Umberto Benigni, il cui nome si
trova registrato nella bella compagnia di quei giovani piú o
meno scapestrati». «Lo stesso spirito di diffamazione,
continuato sotto il presente Pontificato, in mezzo alle file
medesime dei cattolici, dei religiosi e del clero, non si può
dire quanto abbia fatto di male nelle coscienze, quanto scandalo
portatovi e quanta alienazione di animi, in Francia sopra tutto.
Quivi infatti la passione politica induceva a credere piú
facilmente le calunnie, mandate spesso da Roma, dopo che i ricchi
Simon e altri compari, di spirito gallicano e giornalistico (sic),
ne spesarono gli autori e procurarono la diffusione gratuita dei
loro libelli, massime degli antigesuitici sopra menzionati, nei
seminari, nelle canoniche, nelle curie ecclesiastiche, ovunque fosse
qualche probabilità o verosimiglianza che la calunnia potesse
attecchire; ed anche fra laici, massime giovani, e degli stessi
licei governativi, con una prodigalità senza esempio».
Gli autori già sospetti si servono dell'anonimo o di
pseudonimi. «... È notorio, tra i giornalisti
specialmente, quanto poco meriti qualsiasi titolo di onore un
siffatto gruppo col suo principale ispiratore, il piú astuto
a nascondersi, ma il piú colpevole e il piú
interessato nell'intrigo» (si riferisce al Benigni o a qualche
altro pezzo grosso del Vaticano?)
Secondo il p. Rosa, tra l'Action Française e gli
«integrali» non c'era inizialmente «accordo»
ma esso si è venuto formando dopo il 1926; ma questa
affermazione è certo fatta ad arte per escludere ogni movente
politico (lotta contro gli ultrareazionari) dalla lotta contro
l'Action Française, e per diminuire le responsabilità
di Pio X. Nell'ultima nota dell'articolo si dice: «Non si deve
tuttavia confondere l'uno con l'altro partito, come taluno ha fatto,
per es. Nicolas Fontaine nell'opera citata Saint-Siège,
"Action Française" et "Catholiques intégraux". Questo
autore, come notammo, è piú che liberale, ma purtroppo
(sic) informatissimo dei casi niente edificanti della menzionata
società clandestina, detta della
«Sapinière» e dei suoi fautori francesi ed
italiani, ed in ciò è ridicolo rinfacciare il suo
liberalismo: occorre smentire i fatti su cui riparleremo a suo
tempo». In realtà il Fontaine mostra esaurientemente il
nesso tra integrali e Action Française, anche se è
possibile dire che si tratta di due partiti distinti, di cui uno
tende a servirsi dell'altro, e mostra come tale nesso risalga a Pio
X. È curioso quel «purtroppo informatissimo»,
perché il Fontaine si è servito di materiale di
dominio pubblico, come è «curioso» che il p.
Rosa, nella «Civiltà Cattolica» non abbia
piú «riparlato» della
«Sapinière» (fino alla morte di Monsignor
Benigni, che non è stato ricordato; ed è difficile
pensare che ne parli ancora, a meno che al Benigni non succeda
qualche altra forte personalità nella direzione degli
integrali): questo silenzio ha il suo significato. L'articolo
conclude: «Ma la verità non ha da temere: e per parte
nostra, noi siamo ben risoluti a difenderla senza paura né
trepidazione od esitanza, anche contro i nemici interni, siano pure
ecclesiastici facoltosi e potenti, che hanno fuorviato i laici per
trarli ai loro disegni e interessi».
Ricorda un viaggio del Benigni in America (di cui parla la
«Civiltà Cattolica», 1927, IV, p. 399) per la
distribuzione di libelli antigesuiti: a Roma ci sarebbe un deposito
di piú decine di migliaia di copie di questi libelli.
Q5 §16 L'Action Française aveva a Roma un suo redattore,
Havard de la Montagne, che dirigeva un settimanale in lingua
francese «Rome» destinato specialmente ai cattolici
francesi, religiosi o laici, residenti o di passaggio a Roma: era il
portavoce degli integrali e dei maurrassiani, il centro del loro
raccoglimento e del servizio di informazione dell'Action
Française presso il Vaticano, non solo per le questioni
religiose, ma specialmente per quelle politiche francesi e
internazionali di carattere riservato. Non bisogna dimenticare che
il Vaticano ha un servizio d'informazioni talvolta e per certi
argomenti piú preciso, piú largo e piú
abbondante di qualsiasi altro governo. Poter servirsi di questa
fonte era per l'Action Française una ragione non delle minori
di certi suoi successi giornalistici e di molte campagne personali e
scandalistiche. Pare che dopo la rottura del 1926,
«Rome» sia deperito e poi morto.
Q5 §120 Nazionalismo culturale cattolico. È la tendenza
che piú meraviglia nel leggere, per esempio, la
«Civiltà Cattolica»: poiché, se essa
divenisse realmente una regola di condotta, il cattolicismo stesso
diverrebbe impossibile. L'incitamento ai filosofi italiani ad
abbracciare il tomismo, perché S. Tommaso è nato in
Italia e non perché in esso può trovarsi una migliore
via per trovare la verità, come potrebbe servire ai francesi
o ai tedeschi? E non può diventare invece, per logica
conseguenza, un incitamento a ogni nazione di cercare nella sua
propria tradizione un archetipo intellettuale, un
«maestro» di filosofia religiosa nazionale, cioè
un incitamento a disgregare il Cattolicismo in tante chiese
nazionali? Posto il principio, perché poi fissare S. Tommaso
come espressione nazionale e non il Gioberti e il Socini ecc.?
Che i Cattolici e anzi i gesuiti della «Civiltà
Cattolica» siano dovuti e devano ricorrere a una tale
propaganda è un segno dei tempi. C'è stato un tempo in
cui Carlo Pisacane era predicato come l'elemento nazionale da
contrapporre sugli altari ai brumosi filosofi tedeschi; ancor di
piú Giuseppe Mazzini. Nella filosofia attualistica si
rivendica Gioberti come lo Hegel italiano, o quasi. Il cattolicismo
religioso incita (o ha dato l'esempio?) al cattolicismo filosofico e
a quello politico sociale.
Q5 §134 Movimenti religiosi. È da vedere il movimento
pancristiano e la sua organizzazione dipendente: «Alleanza
mondiale per promuovere l'amicizia internazionale per mezzo delle
Chiese». Il movimento pancristiano è significativo per
queste ragioni: 1) perché le Chiese protestanti tendono non
solo a unirsi tra loro, ma ad acquistare, attraverso l'unione, una
forza di proselitismo; 2) delle Chiese protestanti solo quelle
americane, e in minor grado, quelle inglesi, avevano una forza
espansiva di proselitismo: questa forza passa al movimento
pancristiano anche se esso è diretto da elementi europei
continentali, specialmente norvegesi e tedeschi; 3) l'unionismo
può arrestare la tendenza a scindersi sempre piú delle
Chiese protestanti; 4) gli ortodossi partecipano, come centri
dirigenti autocefali, al movimento pancristiano.
La Chiesa Cattolica è molto turbata da questo movimento. La
sua organizzazione massiccia e la sua centralizzazione e
unicità di comando, la poneva in condizioni di vantaggio
nell'opera lenta ma sicura di assorbimento di eretici e scismatici.
L'unione pancristiana turba il monopolio e fa trovare Roma dinanzi a
un fronte unico. D'altronde la Chiesa Romana non può
accettare di entrare nel movimento come uguale alle altre Chiese e
ciò favorisce la propaganda pancristiana che può
rimproverare a Roma di non volere l'unione di tutti i Cristiani per
i suoi interessi particolari, ecc.
Q5 §137 Il caso dell'abate Turmel di Rennes. Nella raccolta di
scritti su L'Enciclica Pascendi e il modernismo il p. Rosa (il libro
è del 1908-1909) dedica alcune pagine
«gustosissime» (non per il garbo e le virtú
stilistiche dell'autore, che è un pedestre scribacchiatore,
molto piú pedestre, incondito e rozzo del suo antagonista
Buonaiuti che pure non scherza) al caso «straordinario»
dell'abate Turmel, modernista, che scriveva libri modernisti e
persino di carattere tutt'affatto ateistico sotto varii pseudonimi e
poi li confutava col suo vero nome. Dal 1908 al 1929 il Turmel ha
continuato nel suo gioco di pseudonimi finché, per un caso,
l'autorità ecclesiastica ebbe le prove palmari di questa
duplicità; ma queste prove non furono subito esibite per
liquidare l'abate: fu prima dato incarico al prof. L. Saltet,
dell'Istituto cattolico di Tolosa, di fare un'ampia dimostrazione
filologico-critico-teologica (nel «Bulletin de
Littérature Ecclésiastique» di Tolosa) della
paternità turmeliana di tutta una serie di scritti pubblicati
con ben 14 pseudonimi, e poi il Turmel fu espulso dalla Chiesa. (Su
questo argomento vedi altra nota, piú oltre). (La quistione
dell'anonimato e degli pseudonimi cui ricorrevano i modernisti per
sfuggire alle misure immediate di repressione è trattata dal
Buonaiuti nel suo libro del 1927 sul Modernismo Cattolico con
qualche sofisma e con una certa imbarazzata reticenza. È
certo che questa tattica da «politicante» nocque molto
specialmente al Buonaiuti, che dagli «idealisti» della
«Voce» fu presentato come una personalità quasi
spregevole. La figura del Buonaiuti non perde, nonostante tutto, una
certa sua aura di grandezza morale e di severità di
carattere, se si pensa che egli è il solo che da piú
di 30 anni si è mantenuto nella sua posizione contro la Curia
e i gesuiti, abbandonato da sostenitori e da amici, che o sono
rientrati nell'ovile o sono passati decisamente nel campo laico.
Né la sua attività è senza conseguenze per la
Chiesa cattolica, se si tiene conto della diffusione dei suoi libri
e del fatto che la Chiesa ripetute volte gli ha offerto dei
compromessi).
Q5 §141 Cfr. l'articolo «La lunga crisi dell'Action
Française» nella «Civiltà Cattolica»
del 7 settembre 1929. Si loda il libro La trop longue crise de
l'Action Française di Mons. Sagot du Vauroux,
évêque d'Agen, Parigi, ed. Bloud, 1929, opera che
«riuscirà utilissima anche agli stranieri, i quali non
riescono a comprendere le origini e meno ancora la persistenza,
congiunta a tanta ostinazione, degli aderenti cattolici che li
acceca fino a farli vivere e morire senza sacramenti, piuttosto che
rinunciare alle odiose esorbitanze di un loro partito e dei suoi
dirigenti increduli». La «Civiltà
Cattolica» cerca giustificarsi del fatto che non si occupa
piú spesso della polemica dell'Action Française e tra
l'altro dice: «Oltre a ciò la prolungata crisi non
tocca l'Italia se non per riverbero, ossia per una lontana (!?)
concomitanza ed analogia, che essa potrebbe (!) avere con le
tendenze generali paganeggianti dell'età moderna».
(Questo maltusianismo polemico costituisce appunto la debolezza
principale della posizione gesuitica contro l'Action
Française ed è la causa maggiore del furore fanatico
di Maurras e dei suoi seguaci: questi sono persuasi, non a torto,
che il Vaticano fa su di loro una esperienza «in corpore
vili», che essi hanno la funzione del ragazzo che, una volta,
accompagnava il principe ereditario inglese e si pigliava le nerbate
per conto del regale padrone; da ciò a far persuasi i seguaci
di Maurras che l'assalto subito è meramente politico,
perché non cattolico o universale che a parole, ci vuol poco.
In verità il papa si è ben guardato, e cosí la
«Civiltà Cattolica», di identificare e
«punire» con le stesse sanzioni, negli altri paesi, gli
elementi individuali o di gruppo che hanno le stesse tendenze di
Maurras e non le nascondono).
Altre indicazioni di «cattolici integrali»: il Bloc
antirévolutionnaire di Felix Lacointe, «degno amico del
citato Boulin e dei suoi soci» (il Boulin dirige la
«Revue Internationale des Sociétés
secrètes»). Il Lacointe avrebbe pubblicato che il
cardinale Rampolla era iscritto alla Massoneria o qualcosa di simile
(al Rampolla si rimprovera la politica del ralliement fatta da Leone
XIII; ricordare a proposito del Rampolla che il veto al Conclave
contro la sua elezione al ponteficato fu fatto dall'Austria, ma per
domanda di Zanardelli; sul Rampolla e la sua posizione verso lo
Stato italiano offre elementi nuovi il Salata nel 1° volume, e
solo pubblicato, dei suoi Documenti diplomatici sulla questione
romana).
Un elemento ideologico molto significativo del lavoro che i gesuiti
esplicano in Francia per costituire una larga base popolare al
movimento cattolico-democratico è questo giudizio
storico-politico: chi è responsabile
dell'«apostasia» del popolo francese? Solo gli
intellettuali democratico-rivoluzionari che si richiamavano al
Rousseau? No. I piú responsabili sono gli aristocratici e la
grande borghesia che hanno civettato con Voltaire: «... le
rivendicazioni tradizionali (dei monarchici) del ritorno all'antico
sono pure rispettabili, quantunque inattuabili, nelle condizioni
presenti. E sono inattuabili anzitutto per colpa di tanta parte
dell'aristocrazia e borghesia di Francia, poiché dalla
corruzione e dall'apostasia di questa classe dirigente fino al
secolo XVIII originò la corruzione e l'apostasia della massa
popolare in Francia, avverandosi anche allora che regis ad exemplum
totus componitur orbis. Il Voltaire era l'idolo di quella parte
dell'aristocrazia corrotta e corrompitrice del suo popolo, alla cui
fede e costumatezza procurando scandalose seduzioni, essa scavava a
se medesima la fossa. E sebbene poi al sorgere del Rousseau con la
sua democrazia sovversiva in opposizione all'aristocrazia
volterriana, si fecero opposizione teorica le due correnti
dell'apostasia – come tra i due tristi corifei – che parevano
muovere da contrari errori, confluirono in una stessa pratica ed
esiziale conclusione: nell'ingrossare cioè il torrente
rivoluzionario ecc. ecc.».
Cosí oggi: Maurras e C. sono avversari della democrazia alla
Rousseau e delle «esagerazioni democratiche»
(«esagerazioni», si badi bene, solo
«esagerazioni») del Sillon, ma sono discepoli e
ammiratori di Voltaire (Jacques Bainville ha curato un'edizione di
lusso degli scritti di Voltaire e i gesuiti non lo dimenticano). Su
questo nesso storico-critico riguardante le origini
dell'«apostasia» popolare in Francia la
«Civiltà Cattolica» cita un articolo della
«Croix» del 15-16 agosto 1929: L'apostasie navrante de
la masse populaire en France che si riferisce al libro: Pour faire
l'avenir del P. Croizier dell'«Action populaire» edito
nel 1929 dalle edizioni Spes di Parigi.
Tra i seguaci di Maurras e C. oltre ai conservatori e monarchici la
«Civiltà Cattolica» (sulle tracce del vescovo di
Agen) rileva altri quattro gruppi: 1) gli snobisti (attratti dalle
doti letterarie, specialmente del Maurras); 2) gli adoratori della
violenza e della maniera forte, «con le esagerazioni
dell'autorità, spinta verso il dispotismo, sotto colore di
resistenza allo spirito di insubordinazione o sovvertimento sociale,
dell'età contemporanea»; 3) i «falsi
mistici», «creduli a vaticinii di straordinarie
ristaurazioni, di conversioni meravigliose o di provvidenziali
missioni» assegnate proprio a Maurras e C. Questi, fin dal
tempo di Pio X, «imperterriti», scusano
l'incredulità di Maurras, imputandola «al difetto della
grazia», «quasi che non fosse data a tutti la grazia
sufficiente per la conversione, né fosse imputabile a chi vi
resiste il cadere o il persistere nella colpa» (sarebbero
questi, pertanto, semieretici, perché, a giustificare
Maurras, ripetono le posizioni giansenistiche o calviniste. A questo
proposito occorre spiegare la pervicacia di Maurras nel non volersi
«convertire» cosa che non può essere solo dovuta
alla «integrità e lealtà etica e
intellettuale» e appunto perciò fa trepidare i gesuiti:
essi comprendono che se il gruppo Maurras prendesse il potere
statale, la situazione di fatto del cattolicismo in Francia
diverrebbe piú difficile dell'attuale. Fa meraviglia
perciò l'atteggiamento del Vaticano verso lo hitlerismo,
nonostante che Rosenberg avesse scritto il suo Mito prima della
presa del potere: è vero che Rosenberg intellettualmente non
è della statura di Maurras ma tutto il movimento hitleriano
è intellettualmente basso e volgare ed era prevedibile
ciò che poi è successo verso il cattolicismo e il
cristianesimo).
Il quarto gruppo (il piú pericoloso per la
«Civiltà Cattolica») sarebbe composto dagli
«integrali» (la «Civiltà Cattolica»
osserva che il vescovo di Agen li chiama anche
«integristi», «ma è notorio che essi non
sono da confondere col partito politico, chiamato degli
"integristi", nella Spagna»). Questi «integrali»,
scrive la «Civiltà», «anche in Italia non
mancarono di favorire i positivisti e increduli dell'Action
Française solo perché violenti contro il liberalismo e
altre forme di errori moderni senza avvertire che essi trascorrevano
ad estremi opposti, del pari erronei e perniciosi ecc.».
«Cosí abbiamo veduto, anche in Italia, qualche loro
foglio accennare appena, come di volo, alla condanna dell'Action
Française, in cambio di pubblicarne i documenti e illustrarne
il senso e la ragione, indugiandosi invece sulla ristampa ed il
commento della condanna del Sillon; quasi che i due moti fra loro
opposti, ma del pari opposti alla dottrina cattolica, non potessero
essere e non fossero egualmente riprovevoli. Cosa questa degna di
nota, perché mentre quasi in ogni numero di siffatte
pubblicazioni non manca qualche accusa o escandescenza contro autori
cattolici, sembra che venga meno o lo spazio o la lena per una
franca ed energica trattazione di condanna contro quelli dell'Action
Française; anzi si ripetono spesso le calunnie, come quella
di una pretesa piega a sinistra, ossia verso il liberalismo,
popolarismo, falsa democrazia, contro chi non seguiva il loro modo
di procedere».
(Nella corrente dei «cattolici integrali» bisogna
mettere anche Henri Massis e il gruppo dei «difensisti
dell'Occidente»; ricordare le frecciate del padre Rosa contro
il Massis nella risposta alla lettera aperta di Ugo Ojetti).
Q6 §151 Santificazione di Roberto Bellarmino, segno dei tempi e
del creduto impulso di nuova potenza della Chiesa cattolica;
rafforzamento dei gesuiti, ecc. Il Bellarmino condusse il processo
contro Galileo e redasse gli otto motivi che portarono Giordano
Bruno al rogo. Santificato il 29 giugno 1930; ma ha importanza non
questa data, ma la data in cui fu iniziato il processo di
santificazione. Cfr. la Vita di Galileo del Banfi (ed. La Cultura) e
la recensione di G. De Ruggiero nella «Critica » in cui
si documentano le gherminelle gesuitiche in cui il Galilei rimase
impigliato. Il Bellarmino è autore della formula del potere
indiretto della Chiesa su tutte le sovranità civili. La festa
di Cristo re (istituita nel 1925 o '26?) per l'ultima domenica di
ottobre di ogni anno.
Q6 §164 [Gesuiti e integralisti in Ispagna.] Vedere l'effetto
che nell'equilibrio delle forze cattoliche ha avuto la crisi
religiosa in Ispagna. In Ispagna la lotta anticlericale ha avuto
come principale bersaglio i gesuiti, ma mi pare che appunto in
Ispagna avrebbero dovuto essere forti gli integralisti, e che i
gesuiti dovevano essere un contrappeso a queste forze: il tentativo
di accordo tra il Vaticano e Alcalà Zamora, troncato dalla
Costituente, doveva appunto tendere a mettere in valore la politica
gesuitica, eliminando o sacrificando gli integralisti (Segura,
ecc.). Ma la situazione spagnola era complicata dal fatto che i
gesuiti svolgevano un'attività capitalistica rilevante: essi
dominavano alcune società importanti tranviarie e d'altro
genere (verificare l'esattezza di questi accenni). In Ispagna i
gesuiti avevano una tradizione particolare: loro lotta contro
l'Inquisizione e i domenicani (vedere che significato ebbe questa
lotta; cfr. il libro del Lea sull'Inquisizione di Spagna).
Q6 §182 Giovanni Papini. Dalla recensione del libro su
Sant'Agostino di Giovanni Papini, pubblicata dalla
«Civiltà Cattolica» del 19 luglio 1930 (p. 155),
appare che i cattolici integrali si sono schierati contro il Papini:
«Le invettive del Tilgher erano poi superate da quelle di uno
scrittore anonimo e di una notoria "Agenzia" clandestina, che le
passava ai giornali di vario colore, come noi sappiamo: e sebbene si
ammantasse di cattolicismo "integrale", essa non aveva certo
né la fede né gli interessi delle anime fra le sue
prime sollecitudini; molto meno poteva o può rappresentare,
con quei suoi metodi di critica, una porzione qualsiasi dei veri e
schietti cattolici. Del bollore di quello zelo critico e della
sincerità di quelle invettive non avevano dunque le persone
saggie da occuparsi; molto meno da edificarsi. E il Papini ha fatto
molto bene a non curarsi di loro; ed anche i suoi amici a non darvi
peso».
La recensione dev'essere del padre Rosa come appare dalla grammatica
alquanto sbilenca e da preziosità come quella di
un'«Agenzia» che è notoria ma è anche
clandestina. Il Papini, cosí difeso dai gesuiti e attaccato
dagli integrali, non essendo modernista, deve essere senza dubbio di
errore catalogato fra i gesuiti.
Q6 §195 Cfr. l'articolo La catastrofe del caso Turmel e i
metodi del modernismo critico, nella «Civiltà
Cattolica» del 6 dicembre 1930. Lo scritto è molto
importante e il caso Turmel è di sommo interesse nella
quistione. Questo Turmel, pur rimanendo sacerdote, per oltre venti
anni, con svariatissimi pseudonimi, scrisse articoli e libri di
carattere eterodosso, fino ad essere apertamente ateistici. Nel 1930
i gesuiti riuscirono a smascherarlo e a farlo dichiarare scomunicato
vitando: nel decreto del Santo Uffizio è contenuta la lista
delle sue pubblicazioni e dei suoi pseudonimi. La sua
attività ha del romanzesco. Risulta cosí che dopo la
crisi modernistica, nell'organizzazione ecclesiastica si formarono
delle formazioni segrete: oltre a quella dei gesuiti (che d'altronde
non sono omogenei e concordi, ma hanno avuto un'ala modernistica –
il Tyrrell era gesuita – e una integralista – il cardinale Billot
era integralista) esisteva ed esisterà ancora una formazione
segreta integralista e una modernista. La identificazione del Turmel
coi suoi pseudonimi ha anch'essa qualcosa di romanzesco:
indubbiamente il centro gesuitico aveva teso intorno a lui una vasta
tela che andò restringendosi mano mano fino a imprigionarlo.
Appare che il Turmel aveva delle protezioni nelle Congregazioni
romane, ciò che dimostra che i modernisti non sono tutti
stati identificati, nonostante il giuramento, ma operano
segretamente ancora. Turmel aveva scritto articoli e libri con
quindici pseudonimi: Louis Coulange, Henri Delafosse, Armand Dulac,
Antoine Dupin, Hippolyte Gallerand, Guillaume Herzog, André
Lagard, Robert Lawson, Denys Lenain, Paul Letourneur, Goulven
Lézurec, Alphonse Michel, Edmond Perrin, Alexis Vanbeck,
Siouville. Avveniva che il Turmel con un pseudonimo confutasse o
lodasse articoli e libri scritti con altro pseudonimo, ecc.
Collaborava alla rivista «Revue d'histoire des
religions» e alla collezione «Christianisme»
diretta dal Couchoud presso l'editore Rieder.
È da tener conto anche di un altro articolo pubblicato nella
«Civiltà Cattolica» del 20 dicembre 1930: Lo
spirito dell'«Action Française» a proposito di
«intelligenza» e di «mistica», dove si parla
del volume di Jean Héritier Intelligence et Mystique (Parigi,
Librairie de France, 1930, in 8°, pp. 230) nella collezione
«Les Cahiers d'Occident» che si propone di diffondere i
principi sulla difesa dell'occidente secondo lo spirito del noto
libro di Henri Massis. Per i gesuiti il Massis e le sue teorie sono
sospette: d'altronde è notorio il contatto tra il Massis e
Maurras. Il movimento del Massis è da porre tra quelli del
«cattolicismo integrale» o del forcaiolismo cattolico.
(Anche il movimento dell'Action Française è da porre
tra quelli sostenuti dall'integralismo). In Francia la nascita
dell'integralismo è da connettere col movimento del
Ralliement propugnato da Leone XIII: sono integralisti quelli che
disobbediscono a Leone XIII e ne sabotano l'iniziativa. La lotta di
Pio X contro il Combismo sembra dar loro ragione e Pio X è il
loro papa, come è il papa di Maurras. In appendice al volume
dell'Héritier sono stampati articoli di altri scrittori che
trattano del Ralliement e sostengono anche nelle quistioni di storia
religiosa la tesi del Maurras sull'anarchismo dissolvente del
cristianesimo giudaico e sulla romanizzazione del cattolicismo.
Q6 §196 Politica del Vaticano. Malta. Cfr. nella
«Civiltà Cattolica» del 20 dicembre 1930: Nel
decimo anno della diarchia maltese. La «Civiltà
Cattolica» chiama diarchia o doppio governo la posizione
politica creata a Malta nel 1921 con la concessione di una
costituzione per cui, pur rimanendo all'Inghilterra la
sovranità, il governo veniva affidato ai cittadini.
Interpretazione evidentemente tendenziosa, ma utile ai cattolici per
impostare le loro agitazioni contro l'Inghilterra protestante e
impedire che i cattolici perdano la supremazia a Malta.
Q7 §88 Roberto Bellarmino. Pio XI il 13 maggio 1923 dette al
Bellarmino il titolo di beato, piú tardi (nel 50°
anniversario del suo sacerdozio, quindi in una data specialmente
segnalata) lo inscrisse nell'albo dei Santi, insieme coi gesuiti
missionari morti nell'America settentrionale; nel settembre 1931 in
fine lo dichiarò Dottore della Chiesa Universale. Queste
particolari attenzioni alla massima autorità gesuitica dopo
Ignazio di Loyola, permettono di dire che Pio XI, il quale è
stato chiamato il papa delle Missioni e il papa dell'Azione
Cattolica, deve specialmente essere chiamato il papa dei Gesuiti (le
Missioni e l'Azione Cattolica, del resto, sono le due pupille degli
occhi della Compagnia di Gesú). È da osservare che
nella lettera apostolica (tradotta) con cui il Bellarmino è
dichiarato Dottore (vedi «Civiltà Cattolica» del
7 novembre 1931) parlandosi della Compagnia in generale, il
Bellarmino è chiamato «vero compagno di
Gesú»: perché «compagno» e non
«soldato», come dovrebbe esattamente dirsi? Il nome
«Compagnia» è solo la traduzione di
«Societas» o non ha il significato militare? La parola
latina «Societas» non può avere significato
militare (almeno mi pare) ma quale fu l'intenzione di Ignazio di
Loyola? (Ricordare la connessione del Bellarmino con il processo di
Galileo). Nell'articolo di commento della «Civiltà
Cattolica» alla Lettera apostolica si accenna al fatto che la
«causa» (di beatificazione e di santificazione) del
Bellarmino era stata arrestata dalle «mene e (dalle) minacce
(!) di quegli sconsigliati politici e avversari del Pontificato,
amici altri dell'assolutismo regio ("gli integrali"), altri del
sovversivismo demagogico ("i modernisti")»; accenna la
«Civiltà Cattolica» a fatti del '700, ma parla
poi dei «loro infelici successori e imitatori odierni».
(Pare che la beatificazione del Bellarmino nel '700 sia stato uno
degli elementi della lotta che portò alla soppressione della
Compagnia per imposizione dei Borboni).
I Gesuiti oggi vedono nella santificazione e nel
«dottorato» una rivincita (sebbene l'ultimo atto papale
coincida con la soppressione dei Gesuiti in Ispagna), ma sono cauti:
«Nessuno certo vuole esagerare oltre misura questo
avvenimento, o troppo allargarne l'importanza, il significato,
l'opportunità o "attualità", rispetto all'ora
presente, e tanto piú rispetto all'insolita bufera che doveva
essere non solo impreveduta ma imprevedibile, quando fu deliberato
prima e discusso poi, ecc., il decreto per la dichiarazione di
Dottore».
Q7 §107 In altra nota è citato il periodico «Fede
e Ragione», come di carattere «integralista» (la
«Civiltà Cattolica» lo cita appunto in una sua
polemica cogli integralisti). «Fede e Ragione» è
un settimanale cattolico che esce a Fiesole da circa 14 anni.
È diretto dal sacerdote Paolo De Toth (almeno era diretto dal
De Toth nel 1925) e l'abbonamento costava nel 1925 15 lire,
ciò che significa che deve trattarsi di una semirivista.
Q9 §31Lotta intorno alla filosofia neoscolastica. Polemiche
recenti di cattolici come Gorgerino e Siro Contri (sono la stessa
persona?) contro padre Gemelli. Il Gemelli ha scritto nel 1932 Il
mio contributo alla filosofia neoscolastica, Milano, Vita e
Pensiero, in 8°, pp. 106, L. 5. Siro Contri scrive che la
filosofia dell'Università Cattolica deve chiamarsi ormai
«Archeoscolastica», perché pare che dopo i
tentativi di conciliare col tomismo prima il positivismo e poi
l'idealismo, per aggiornare il pensiero cattolico alle esigenze
della vita moderna, il Gemelli (aiutato dai gesuiti, che nella
«Civiltà Cattolica» l'hanno difeso contro gli
attacchi del Gorgerino) voglia ritornare al «tomismo»
puro delle origini. È da vedere se questa
«conversione» del Gemelli non sia connessa al
Concordato, e alla posizione eccezionale di monopolio che i
cattolici, date le loro possibilità di concentrazione delle
forze intellettuali, possono conquistare in Italia nel mondo
dell'alta cultura ufficiale e scolastica. Per ciò è
certo necessario tagliare ogni legame e rinunziare a ogni forma di
combinazione con filosofie acattoliche (come invece era necessario
prima fare) e presentarsi come filosofia intransigente ed
esclusivista. Dalle pubblicazioni del Contri appare che il Gemelli
nel cuor suo si infischia santamente di ogni filosofia: per lui la
filosofia è una «balla». I suoi interessi sono
puramente pratici, di conquista del mercato culturale da parte del
cattolicismo e la sua attività è rivolta ad assicurare
al Vaticano quel potere indiretto sulla Società e sullo Stato
che è l'essenziale fine strategico dei gesuiti e fu
teorizzato dall'attuale loro santo Roberto Bellarmino.
(Il Contri ha iniziato o sta per iniziare la pubblicazione di una
nuova rivista «Criterion» di «vera»
neo-scolastica, e ha pubblicato una Piccola Enciclopedia filosofica.
Editore Galleri, Bologna, 121.).
Q14 §20 [Le encicliche contro il pensiero moderno.] La prima
enciclica papale contro le manifestazioni politiche e filosofiche
dell'epoca moderna (liberalismo, ecc.) sarebbe stata del 1832, la
Mirari vos di Gregorio XVI; a cui sarebbe seguita l'Enciclica Quanta
cura di Pio IX dell'8 settembre 1864, accompagnata dal Sillabo;
terza enciclica quella Pascendi di Pio X, contro il modernismo.
Queste le tre encicliche «organiche» contro il pensiero
moderno ma non mi pare che esse siano i soli documenti del genere.
Per il periodo antecedente al 1864 si può vedere nel Sillabo
l'elencazione delle altre encicliche e documenti diversi papali
contro il pensiero moderno. Per il periodo dal '64 al 1907 (8
settembre, come per il Sillabo) non ricordo se ci sono accenni
nell'enciclica Pascendi, che d'altronde ha un suo carattere
particolare, in quanto non tanto combatte il pensiero moderno come
tale, ma per il fatto che è riuscito a penetrare
nell'organizzazione ecclesiastica e nell'attività scientifica
propriamente cattolica. Ma nella letteratura polemica non
sarà difficile trovare le indicazioni bibliografiche (nella
«Civiltà Cattolica» poi le manifestazioni
successive al 1908 che sono ancora piú interessanti in quanto
si riferiscono ad attività statali). In ogni modo queste tre
encicliche del 1832, del 1864 e del 1907 sono le piú
organiche ed estensive teoricamente e a esse occorre riferirsi per
fissare le lotte interne tra integralisti, gesuiti e modernisti.
Non si può accanto a tali encicliche dimenticare le altre
«costruttive», tipiche la Rerum Novarum e la
Quadragesimo anno che integrano le grandi encicliche teoriche contro
il pensiero moderno e cercano risolvere a loro modo alcuni dei
problemi ad esso legati e connessi. (Non bisogna dimenticare che
alcune ricerche per questa rubrica sono connesse a quelle per la
rubrica sulla «Storia dell'Azione Cattolica»;
cioè i due studi sono inscindibili in un certo senso e come
tali devono essere elaborati).
Q14 §52 [Diverse manifestazioni del modernismo.] Nella
«Cultura» dell'ottobre-dicembre 1932 (pp. 846 sgg.)
Luigi Salvatorelli scrive di Joseph Turmel recensendo questi due
libri: 1) Felix Sartiaux, Joseph Turmel, prêtre historien des
dogmes, Paris, Rieder, 1931, pp. 295; 2) J. Turmel, Histoire des
dogmes, I, Le péché originel. La rédemption,
Paris, Rieder, 1931. Il libro del Sartiaux è indispensabile
per la valutazione del caso Turmel. Secondo il Salvatorelli, il
Turmel non sarebbe mai stato un modernista, in quanto non avrebbe
mai «concepito l'idea di una trasformazione della chiesa e del
domma». E qui si pone il problema, per l'esatta compilazione
di questa rubrica, di che cosa debba intendersi per modernista.
È evidente che non esiste un modello fisso e sempre
facilmente identificabile del «modernista» e del
«modernismo», come non esiste per ogni
«-ista» e «-ismo». Si è trattato di
un movimento complesso e molteplice, con varie accezioni: 1) quella
che di se stessi davano i modernisti; 2) quella che dei modernisti
davano i loro avversari, che certo non coincidevano. Si può
dire che del modernismo esistevano diverse manifestazioni: 1) quella
politico-sociale, che tendeva a riavvicinare la chiesa alle classi
popolari, quindi favorevole al socialismo riformista e alla
democrazia (questa manifestazione è forse quella che
piú ha contribuito a suscitare la lotta da parte dei
cattolici integrali, legati strettamente alle classi piú
reazionarie e specialmente alla nobiltà terriera e ai
latifondisti in generale, come mostra l'esempio francese dell'Action
Française e l'esempio italiano del cosí detto
«Centro cattolico») ossia genericamente alle correnti
liberali; 2) quella «scientifico-religiosa», cioè
in sostegno di un nuovo atteggiamento verso il «dogma» e
la «critica storica» in confronto della tradizione
ecclesiastica, quindi tendenza a una riforma intellettuale della
Chiesa. Su questo terreno la lotta tra modernisti e cattolici
integrali fu meno aspra, anzi, secondo i gesuiti, ci fu spesso
alleanza e collusione tra le due forze, cioè le riviste
cattoliche integrali pubblicarono scritti dei modernisti (secondo la
«Civiltà cattolica», la rivista di Mons. Benigni
pubblicò spesso scritti del Buonaiuti contro i gesuiti).
Ciò dietro le quinte, naturalmente, perché sulla scena
la lotta doveva presentarsi specialmente, anzi unicamente, come
religiosa; ciò che non toglie che i cattolici integrali
appoggiassero un ateo dichiarato come il Maurras e che per il
Maurras la quistione non potesse essere che solamente politica e
sociale. Per i Gesuiti Turmel era ed è un modernista in senso
«scientifico» (sebbene il Turmel realmente sia un ateo,
cioè completamente fuori dal campo religioso, nella sua
coscienza, sebbene continui ad essere «prete» per
ragioni subordinate, ciò che pare sia un caso abbastanza
comune nel clero come appare dal libro del Sartiaux o dalle Memorie
del Loisy). Ciò che importa qui notare è che sia il
modernismo, sia il gesuitismo, sia l'integralismo hanno significati
piú vasti che non siano quelli strettamente religiosi: sono
«partiti» nell'«impero assoluto
internazionale» che è la Chiesa Romana ed essi non
possono evitare di porre in forma religiosa problemi che spesso sono
puramente mondani, di «dominio».