da
Gramsci
le sue idee nel nostro tempo
Editrice l'Unità, Roma 1987
Parlamentarismo «nero»
Con l'espressione parlamentarismo nero (ma anche tacito o implicito)
deve intendersi quello scontro tra interessi contrastanti che si
manifestano, appunto, in modo tacito o implicito, senza
cioè emergere con manifeste contrapposizioni in quei regimi
nei quali il parlamento non è costituito dai diversi partiti,
ormai vietati, ma invece da un partito unico, e nei quali
perciò il parlamentarismo non si può manifestare nelle
forme tradizionali.
Il parlamentarismo, cioè, sopravvive sia pure con
manifestazioni nuove perché «non è possibile
abolire una pura forma, come è il parlamentarismo, senza
abolire radicalmente il suo contenuto, l'individualismo nel suo
preciso significato di appropriazione individuale» (Quaderno
14, 74, p. 1742). E perciò, non essendo mutata la
società nella sua struttura di classe (il riferimento e
all'Italia), il parlamentarismo tradizionale viene sostituito
da un parlamentarismo nero, che consente a questo individualismo di
trovare soddisfacimento; così come funzionano le borse nere e
il lotto clandestino dove e quando la borsa ufficiale e il lotto di
Stato sono per qualche ragione tenuti chiusi (idem).
La definizione di parlamentarismo nero, che si trova in una nota del
Quaderno 14 sotto il titolo «L'autocritica e l'ipocrisia
dell'autocritica», va rapportata ad altri elementi della
più generale riflessione storica e politica di Gramsci. Nella
stessa nota è detto infatti che «l'argomento è
da rivedere» e che «il parlamentarismo nero pare un
argomento da svolgere con certa ampiezza, anche perché porge
l'occasione di precisare i concetti politici che costituiscono la
concezione parlamentare».
In realtà l'argomento non è stato ulteriormente
approfondito; anche se viene illuminato da altre riflessioni,
precedenti e successive, che riguardano la storia italiana anteriore
all'avvento del fascismo e in particolare il periodo giolittiano —
nel quale, al di là delle apparenze, il vero modo di
manifestarsi del parlamentarismo era in realtà, anche allora,
un parlamentarismo nero: lotta sotterranea di interessi che
determinava le scelte governative in una realtà
parlamentare dominata da Giolitti — ma che riguardano anche la
sfiducia in un sistema politico che abbia la sua centralità
nelle tradizionali istituzioni rappresentative, e la
necessità perciò di rifiutare un «ritorno al
parlamentarismo tradizionale», in quanto «sarebbe un
regresso antistorico, poiché anche dove questo funziona
pubblicamente, il parlamentarismo effettivo è quello
nero» (idem), per andare verso forme più organiche di
partecipazione.
Gramsci avverte però che la critica al parlamentarismo non
deve in alcun modo apparire un appoggio sia pure larvato alle nuove
tendenze assolutiste, le quali non fanno epoca, in quanto non
introducono elementi di rottura e perciò di
novità strutturali rispetto all'epoca precedente. E, seppure
hanno la possibilità di durare, questo avviene solo
perché il nuovo assolutismo «è forte dell'altrui
debolezza»; il che implicitamente sta a significare che
è possibile abbattere anche i regimi dittatoriali più
duri a condizione che si sappia impostare una giusta e non
avventuristica politica di opposizione.
Infatti il passaggio dal regime parlamentare al regime assoluto
è la conseguenza della impossibilità di risolvere sul
terreno legale tradizionale le istanze che vengono poste dal
«risveglio di forze sociali latenti e sonnecchianti», e
quindi l'abolizione del regime parlamentare «è sintomo
(o previsione) di intensificarsi delle lotte e non viceversa. Quando
una lotta può comporsi legalmente, essa non è certo
pericolosa; diventa tale appunto quando l'equilibrio legale è
riconosciuto impossibile» (idem).
Non sembra che la riflessione sul parlamentarismo nero debba essere
riferita soltanto al fascismo, ma anche, probabilmente, alla
realtà dell'Unione Sovietica, dove l'affermarsi dello
stalinismo e «la liquidazione di Leone Davidovi (Trotsky)
poteva essere considerata una liquidazione anche del parlamento nero
che sussisteva dopo l'abolizione del parlamento legale».
Girolamo Sotgiu
docente di storia moderna all'Università di Cagliari