da

Dominique Grisoni, Robert Maggiori
Guida a Gramsci
BUR, Milano 1975


MATERIALISMO

La posizione di Gramsci nei confronti del materialismo come «vera» filosofia del marxismo e punto focale dell'«ortodossia» marxista va confrontata con la tesi sull'autonomia assoluta della filosofia della prassi (cfr. filosofia della prassi). Il marxismo contiene i germi (gli «aforismi» delle tesi su Feuerbach) dello sviluppo ulteriore della sua filosofia e non ha perciò bisogno di ricorrere a «combinazioni» di elementi eterogenei. Che cosa ne è allora del «materialismo»? Gramsci critica soprattutto il «materialismo metafisico» che strappa lo spirito alla trascendenza... per sostituirvi la «Materia». Affermare il primato della materia sullo spirito, dell'essere sul pensiero o sulla coscienza separando i termini delle coppie equivale, secondo Gramsci, a ricadere nella visione di un Dio trascendente che crea prima il mondo, poi l'uomo. Fare del pensiero e della coscienza una manifestazione epifenomenica derivante dalla sostanza-materia significa negare ogni attività, ogni pratica umana creatrice. Rivendicare invece la «creatività» significherebbe tornare a un idealismo che avallerebbe la creazione del mondo esteriore da parte del pensiero. «Ma da quale pensiero e di chi?» (MS, EI p. 22, ER p. 26), ironizza Gramsci. Tale posizione va naturalmente rifiutata. Tuttavia Gramsci non dimentica che, secondo Marx stesso, il marxismo è l'erede della filosofia classica tedesca, dell'idealismo tedesco: Marx riconosce che Hegel ha avuto il merito di individuare che l'uomo è autoproduzione dell'uomo e di rifiutare una concezione della conoscenza come ricettività. L'idealismo ha scoperto l'attività e la soggettività. L'uomo è un produttore, ma l'idealismo identifica tale uomo con l'«autocoscienza», ne fa quindi un puro pensiero e una pura attività spirituale, che torna su se stessa facendo, in ultima istanza, del mondo il... «pensiero del mondo». In questo senso l'uomo dell'idealismo «cammina sulla testa», ma è questo uomo che Gramsci vuole rieducare e rimettere sui piedi, non l'uomo «ricettivo» del materialismo metafisico.

Il marxismo rifiuta dunque le due concezioni e si costituisce «contro» di esse, partendo dalla loro critica. «La nuova filosofia non può coincidere con nessun sistema del passato comunque esso si chiami» (MS, EI p. 151, ER p. 179) o, più esattamente, il marxismo deve esserne la sintesi. Gramsci spiega come Hegel, che aveva sintetizzato il materialismo e lo spiritualismo, aveva fondato un uomo che «cammina sulla testa». I continuatori di Hegel hanno smontato questa sintesi hegeliana e di nuovo si è aperta una fase di sistemi contrapposti, materialistici e spiritualistici. Secondo Gramsci, la filosofia della prassi ha rivissuto l'esperienza dell'hegelismo, del feuerbachismo, del materialismo francese per ricostruirne la sintesi in unità dialettica: «l'uomo che cammina sulle gambe». «Il laceramento avvenuto per l'hegelismo si è ripetuto per la filosofia della prassi, cioè dall'unità dialettica, si è tornati da una parte al materialismo filosofico, mentre l'alta cultura idealistica moderna ha cercato di incorporare ciò che della filosofia della prassi le era indispensabile per trovare qualche nuovo elisir.» (MS, EI p. 87, ER p. 101)

È un passo importante perché sottolinea l'aspirazione gramsciana di ritornare a Marx, poiché questi era stato sottoposto a una duplice revisione, materialistica e idealistica (da parte di Gentile, Croce, Sorel, Bergson, i pragmatisti... MS, EI p. 81, ER p. 94), e la sua volontà di favorire il formarsi di una nuova filosofia completamente indipendente, senza bisogno di alcun sostegno per svilupparsi a partire dai fondamenti posti da Marx. Bisogna dunque respingere ogni monismo materialistico che ponga il primato della materia e annulli la soggettività creativa dell'uomo, come qualsiasi monismo spiritualistico, che ponga il primato dello spirito ma abbandoni la concezione realistica («materialistica») della conoscenza e faccia del reale una creazione del pensiero. Per Gramsci rifiutare il monismo materialistico (secondo il quale la materia esiste indipendentemente dalla nostra coscienza) non significa rifiutare in blocco il materialismo, perché ciò equivarrebbe a rifiutare l'oggettività della natura, dell'origine naturale dell'uomo, e, più in generale, la concezione realista della conoscenza. Il materialismo ha significato il rifiuto di ogni trascendenza, il rifiuto del paradiso in nome della terra, il realismo politico e gnoseologico, e come consolidamento teorico di una tendenza «immanentista» deve essere mantenuto: «la filosofia della prassi... è il "materialismo" perfezionato dal lavoro della stessa filosofia speculativa e fusosi con l'umanismo» (MS, EI p. 43, ER p. 51).

Dopo questi perfezionamenti del vecchio materialismo, dice Gramsci nella stessa pagina, resterà solo il realismo filosofico. Ciò che Gramsci rifiuta è dunque l'affermazione acritica del primato della materia sulla coscienza, che perviene alla definizione di una oggettività extra-umana ed extra-storica, in realtà surrettizia. Ciò non lo induce a escludere il «realismo», il peso da attribuire alle determinazioni reali, né a negare la necessità di riferirsi costantemente al reale (in filosofia come nella politica e nelle scienze naturali) non come ci si rifa a una «divinità nascosta», ma come a un fatto storico, a un rapporto umano, al luogo in cui si esplica la prassi umana; essere materialista, per Gramsci, significa affermare che il reale esiste non indipendentemente dalla nostra coscienza, perché in questo caso sarebbe inconoscibile, né come creazione dell'Io o dello Spirito, ma in quanto è implicato nell'attività teorica e sperimentale degli uomini concretamente inseriti nel processo produttivo. Gramsci propone la sintesi originale fra un anti-Croce e un anti-Bucharin; questa proposta si legge fra le righe di uno dei suoi passi più caratteristici: «Che cosa significherà... il termine di "monismo"? Non certo quello materialista, né quello idealista, ma identità dei contrari nell'atto storico concreto, cioè attività umana (storia-spirito ') in concreto, connessa indissolubilmente a una certa "materia" organizzata (storicizzata), alla natura trasformata dall'uomo» (MS EI p. 44, ER p. 52).