da
Dominique Grisoni, Robert Maggiori
Guida a Gramsci
BUR, Milano 1975
CATARSI
Gramsci mutua il concetto di catarsi dalla terminologia
aristotelica. Aristotele concepiva la tragedia come una catarsi o
«purificazione delle anime» che permetteva agli
spettatori di liberarsi delle proprie passioni, per esempio
criminose, provandole, artificialmente, dinanzi alla finzione
scenica. Gramsci conserva l'idea di purificazione, ridefinendo la
catarsi come «il passaggio dal momento meramente economico (o
egoistico-passionale) al momento etico-politico, cioè
l'elaborazione superiore della struttura in superstruttura nella
coscienza degli uomini» (MS, EI p. 40, ER p. 47). La
«catarsi» è dunque il superamento, da parte
dell'individuo, del livello del «sentire» o del
«registrare» (che noi potremmo ancora definire
tradeunionista, in termini leninisti) e la sua assunzione a livello
ideologico: per il proletariato ciò significa presa di
coscienza come classe «per sé». La
«catarsi» è la trasformazione critica
dell'«istinto», che è il livello più basso
della coscienza, in concezione proletaria del mondo. In questo
passaggio e in questo superamento, un momento fondamentale
perché collega dialetticamente struttura e
«superstruttura» si situa, per Gramsci, «il punto
di partenza di tutta la filosofia della prassi» (MS, EI p. 40,
ER p. 47).