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Gramsci
le sue idee nel nostro tempo
Editrice l'Unità, Roma 1987

Blocco storico

Si confonde spesso il concetto gramsciano di blocco storico, che è un concetto storico e analitico, con quello di alleanze sociali, o di blocco sociale. Gramsci aveva posto con grande chiarezza il problema delle alleanze della classe operaia nella sua azione di dirigente del partito comunista, e specialmente negli ultimi anni prima dell'arresto. Nelle tesi del congresso di Lione (gennaio 1926) è affermata la necessità di porre in prima linea, fra gli alleati del proletariato industriale e agricolo, i contadini del Mezzogiorno e delle Isole. Nello scritto sulla Quistione meridionale (novembre 1926) Gramsci indica «il consenso delle larghe masse contadine» come la condizione per mobilitare contro il capitalismo la maggioranza della popolazione lavoratrice. Gli intellettuali hanno nella formazione delle alleanze, nella concreta situazione italiana, un ruolo decisivo. Essi infatti contribuiscono a legare nel Mezzogiorno i contadini ai grandi proprietari terrieri. È necessario spezzare questo legame attraverso la formazione nella massa degli intellettuali di una tendenza di sinistra «nel significato moderno del termine, cioè orientata verso il proletariato rivoluziona­rio».

Su un altro piano, come abbiamo detto, si pone il concetto di blocco storico, che tocca la questione teorica centrale del marxismo: il rapporto fra struttura e soprastruttura, fra teoria e pratica, fra forze materiali e ideologie. Gramsci respinge ogni visione deterministica e meccanicistica di questo rapporto. Non esiste una struttura che muove unilateralmente il sovrastante mondo delle idee, non c'è una semplice connessione di causa ed effetto, ma un insieme di relazioni e reazioni reciproche, che vanno studiate nel concreto svolgimento storico.

È fondamentale a questo proposito la ricerca condotta nei Quaderni del carcere. Gramsci tende a considerare astratta la distinzio­ne fra struttura (i rapporti sociali di produzione) e soprastruttura (le idee, i costumi, i comportamenti morali, la volontà umana). Nella concretezza storica c'è convergenza fra gli uni e gli altri, una convergenza che conosce la distinzione e la dialettica, ma che si risolve in una «unità reale».

«La pretesa (presentata come postulato essenziale del materiali­smo storico) — scrive Gramsci — di presentare ed esporre ogni fluttuazione della politica e dell'ideologia come una espressione immediata della struttura, deve essere combattuta teoricamente come un infantilismo primitivo, o praticamente deve essere combat­tuta come la testimonianza autentica del Marx, scrittore di opere politiche e storiche concrete».

Esiste infatti una difficoltà di identificare di volta in volta, staticamente, la struttura. In realtà la struttura intesa separatamente dal processo storico, in sé, non esiste: e per quanto essa è obiettiva­mente rilevabile, è un movimento entro la storia, non una realtà al di fuori o sottostante la storia. Per queste ragioni la politica deve tener conto delle tendenze di sviluppo della struttura, che non tutte è detto debbano necessariamente realizzarsi. Di qui la possibilità dell'errore politico, che il materialismo storico meccanico invece esclude, rite­nendo che ogni atto politico sia rigidamente determinato dalla struttura. Si tratta invece di cogliere un movimento e le sue contraddizioni.

Lo stesso criterio vale per l'esame delle relazioni fra teoria e pratica. Anche nei nuovi sviluppi del materialismo storico, osserva Gramsci, riferendosi probabilmente all'esperienza sovietica, «l'ap­profondimento del concetto di unità della teoria e della pratica non è ancora che ad una fase iniziale: ancora ci sono dei residui di meccanicismo. Si parla ancora di teoria come "complemento" della pratica, quasi come accessorio».

Tutta la polemica di Gramsci è rivolta contro l'economicismo e il pragmatismo degli interpreti del marxismo della II e della III Internazionale, e al tempo stesso contro ogni concezione idealistica, speculativa, che annulla o subordina i fatti pratici e materiali. C'è, al contrario, una «reciprocità necessaria» fra strutture e soprastrutture: «reciprocità che è appunto il processo dialettico reale».

Sottolineare il valore degli elementi di cultura e di pensiero ha un significato non solo teorico e di metodo storico, e qui ci riallacciamo al problema delle alleanze e degli intellettuali: il consen­so, la direzione politica e culturale, sono «forma necessaria del blocco storico concreto». Nessuna formazione storica dotata di consistenza e di avvenire può prescindere da una sua espressione intellettuale e morale, da un suo cemento di idee e di valori.

Renato Zangheri

docente di storia economica all'Università di Bologna - presidente dei deputati comunisti

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Dominique Grisoni, Robert Maggiori
Guida a Gramsci
BUR, Milano 1975

Blocco storico

Complesso determinato da una specifica situazione storica, costituito dall'unità organica della struttura e della sovrastruttura. Evitando di privilegiare l'una (economismo) o l'altra (ideologismo) che sono l'una rispetto all'altra in un rapporto dialettico di reciprocità e interdipendenza, Gramsci insiste sulla loro unione e sul ruolo degli intellettuali che operano a livello «superstrutturale» e adempiono a una specifica funzione: tessere un legame organico fra i due elementi.

Nella costituzione di questa unità, gli intellettuali organici della classe progressiva devono attrarre a sé gli intellettuali tradizionali, fino a formare un «blocco ideologico» che controllerà la società civile ottenendo così il consenso delle classi subalterne.

La classe dominante che tiene le redini dell'economia, a livello strutturale, si assicura in forza del blocco ideologico anche il predominio a livello sovrastrutturale, assicurando la propria egemonia sull'insieme del corpo sociale: si è in presenza di un blocco storico quando si realizza l'egemonia di una classe sull'insieme della società.

Il blocco storico concepito come un complesso attraverso il quale si attua l'egemonia di una certa classe in una determinata situazione, non ha nulla a che vedere con una «alleanza» fra classi, a meno che non si intenda il termine come il risultato del consenso delle classi subalterne alla classe dirigente e alle classi sue «ausiliarie».

C'è blocco storico quando, attraverso l'egemonia che esercita, la classe dirigente riesce a imporre i propri interessi come interessi dell'intero corpo sociale e la propria visione del mondo, che riflette, giustifica e legittima il suo dominio, come una visione universale (la filosofia si ritrasforma così in «senso comune»,..): non c'è alleanza fra classi, ma il riconoscimento, da parte delle classi non dominanti, della rappresentatività della classe dirigente. In questo senso, sembra anche inutile parlare di «blocco storico dominante»: una determinata situazione storica crea (o non crea) un blocco storico.