Quaderno 7

Nota di lettura

Egemonia e Conformismo


Due note, implicitamente correlate tra loro, danno la misura dell'evoluzione del pensiero gramsciano riguardo al problema del cambiamento sociale. Si tratta del § 10, dedicato al problema della struttura e della sovrastruttura, e del § 12, dedicato al conformismo, il cui titolo è L’uomo-individuo e l’uomo-massa.

Nel primo l'analogia tra guerra militare e lotta politica, ricorrente nei Quaderni, dà luogo alla distinzione tra guerra manovrata e guerra di posizione.

A lungo, la strategia marxista in Occidente ha assunto come modello di riferimento della rivoluzione l'esempio della presa di potere di Lenin in Russia. Anche Gramsci, nella sua fase militante giovanile (dal 17 al 20) ha ceduto al fascino di quell'evento epocale.

La riflessione in carcere lo porta a capire qual è stato l'errore a riguardo: aver considerato l'elemento economico - vale a dire la situazione di disagio degli operai e dei contadini - come "l'artiglieria campale nella guerra il cui ufficio era quello di aprire un varco nella difesa nemica, sufficiente perché le proprie truppe vi facessero irruzione e ottenessero un successo strategico definitivo o almeno nella linea necessaria del successo definitivo." Aperto il varco, sarebbe occorso, sul piano politico, "di organizzare fulmineamente le proprie truppe, di creare i quadri, o almeno di porre i quadri esistenti (elaborati fino allora dal processo storico generale) fulmineamente al loro posto di inquadramento delle truppe disseminate; di creare fulmineamente la concentrazione dell’ideologia e dei fini da raggiungere."

L'errore, insomma, consiste nel non avere tenuto conto che "per ciò che riguarda gli Stati più avanzati [...] la «società civile» è diventata una struttura molto complessa e resistente alle «irruzioni» catastrofiche dell’elemento economico immediato (crisi, depressioni ecc.): le superstrutture della società civile sono come il sistema delle trincee nella guerra moderna."

Per riproporre un progetto rivoluzionario "si tratta dunque di studiare, con profondità, quali sono gli elementi della società civile che corrispondono ai sistemi di difesa nella guerra di posizione."

Il discorso al riguardo è, ovviamente, complesso perché i sistemi di difesa della società capitalistica sono molteplici. Gran parte delle riflessioni di Gramsci sull'ideologia liberale, sui partiti politici che la sostengono, sul ruolo della Chiesa cattolica, sulla funzione degli intellettuali moderati o conservatori, sulla stampa, ecc. si possono ritenere orientate ad illuminarli e analizzarli.

Nel Quaderno 7, l'attenzione di Gramsci si concentra, per l'appunto, su uno di essi, forse il più inquietante: la "tendenza al conformismo nel mondo contemporaneo più estesa e più profonda che nel passato" in conseguenza della quale "la standardizzazione del modo di pensare e di operare assume estensioni nazionali o addirittura continentali".

Tale tendenza è riconducibile sostanzialmente, secondo Gramsci, ai nuovi  processi che investono il mondo della produzione - "grandi fabbriche, taylorizzazione, razionalizzazione ecc." - la cui incidenza sulla psicologia individuale è tale da dare luogo all'uomo-collettivo, il cui modo di sentire, di pensare e di agire è conforme ai fini del sistema.

Gramsci afferma giustamente che "il  conformismo è sempre esistito". Di fatto, ogni società tende a produrre gli individui di cui ha bisogno per mantenere la sua identità, la sua coesione, il suo modo di produzione, e per perpetuarsi (riproduzione sociale).

È pur vero, però che il conformismo proprio di una società di massa, come era già quella all'epoca dei primi decenni del Novecento, presenta caratteristiche differenziali rispetto al passato. Esso, infatti, è caratterizzato da una maggiore pressione normativa operata dal modello dominante borghese che, in una certa misura, orienta tutti i membri della società ad acquisire l'etica del lavoro e a sforzarsi di raggiungere se non uno status una mentalità piccolo-borghese, incentrata sul valore supremo della rispettabilità e foriera di ulteriori avanzamenti nella scala sociale.

All'epoca di Gramsci, però, quel modello è andato in crisi per la pressione esercitata per un verso dal socialismo e dal comunismo - con le loro valenze comunitaristiche universali - e, per un altro, dal fascismo - con le sue valenze comunitaristiche nazionalistiche.

Scrivendo che il problema è da ricondurre alla "lotta tra «due conformismi» cioè di una lotta di egemonia, di una crisi della società civile", Gramsci semplifica un po' le cose. Tanto più che egli riconduce la crisi al fatto che "[i] vecchi dirigenti intellettuali e morali della società sentono mancarsi il terreno sotto i piedi, si accorgono che le loro «prediche» sono diventate appunto «prediche», cioè cose estranee alla realtà, pura forma senza contenuto, larva senza spirito; quindi la loro disperazione e le loro tendenze reazionarie e conservative: poiché la particolare forma di civiltà, di cultura, di moralità che essi hanno rappresentato si decompone, essi gridano alla morte di ogni civiltà, di ogni cultura, di ogni moralità e domandano misure repressive allo Stato o si costituiscono in gruppo di resistenza appartato dal processo storico reale, aumentando in tal modo la durata della crisi, poiché il tramonto di un modo di vivere e di pensare non può verificarsi senza crisi."

In realtà i "vecchi dirigenti intellettuali e morali della società" con il loro  conformismo borghese non solo riescono ad arginare la spinta del socialismo alleandosi con il fascismo, ma riescono anche ad inquinare le istanze di questo a loro originariamente ostili, e a sopravvivere ad esso (cosa che Gramsci ovviamente non può sapere).

Esclusa una rivoluzione sotto forma di guerra manovrata, il superamento del conformismo borghese si pone come un problema estremamente arduo. Di sicuro si tratta di una lotta per l'egemonia, ma, a ben vedere, tra un'egemonia profondamente radicata nel sistema socio-economico e politico e nella psicologia individuale e collettiva, e un'egemonia - quella legata al marxismo - che fa presa sostanzialmente su di una minoranza della popolazione.

La lotta per l'egemonia, all'epoca come in parte ancora oggi, è impari. All'inizio del Novecento, il capitalismo ha già alle spalle due secoli. Ha avuto tutto il tempo, dunque, di mascherare la sua logica intrinseca sotto il velo di valori -  proprietà, libertà, merito individuale - che sono immediatamente suggestivi. Il marxismo, invece, eccezion fatta per il concetto di sfruttamento, è una filosofia piuttosto complessa, che postula l'affrancamento da diverse forme di alienazione - economica, politica, religiosa - che non sono immediatamente vissute dai soggetti.

Il conformismo borghese alimenta la cura da parte dell'individuo dei suoi interessi privati, corrobora, insomma, come accennato in un'altra nota, una logica ego-centrica se non addirittura egoistica, mentre il marxismo promuove la subordinazione di tale logica alla logica sovraindividuale del bene comune.

Sventolare il vessillo della proprietà e della libertà - valori che hanno un'immediata risonanza nella mente umana e comportano anche la possibilità di ascendere socialmente (in gran parte teorica o comunque limitata solo a pochi membri dei ceti subordinati) -, è molto più facile che far capire cosa significa sul piano individuale e collettivo un tragitto di liberazione individuale e collettivo dall'alienazione.

Il presupposto di tale tragitto, infatti, è la consapevolezza dell'alienazione stessa, che il conformismo tende ad inibire.

L'analisi gramsciana del conformismo è di ordine filosofico, politico ed ideologico.

Oggi essa non può prescindere dalla scoperta dei neuroni specchio, che ne fornisce la matrice psicobiologica. I neuroni specchio sono deputati a promuovere l'imitazione del comportamento altrui, che ha una enorme rilevanza in fase evolutiva, ma si mantiene nel corso di tutta la vita. È evidente che la capacità imitativa favorisce l'acquisizione del senso comune e promuove una tendenza automatica ad omologarsi alla cultura del gruppo con cui si interagisce piuttosto che a differenziarsi.

I neuroni specchio, ovviamente, non contengono alcuna visione del mondo: essi, però, rispecchiano la visione del mondo più diffusa in un determinato contesto e la "normalizzano". Scrive M. Iacoboni: "La ricerca sui neuroni specchio implica che la nostra socialità, forse la più alta conquista degli esseri umani, sia anche un fattore limitante della nostra autonomia di singoli individui."

È anche un fattore limitante nella transizione da un'egemonia fondata su interessi particolari ad un'egemonia di carattere universale.