Quaderno 24

Nota di lettura

Il giornalismo "integrale"

Il giornalismo "integrale" cui fa cenno Gramsci nel § 1, un giornalismo orientato alla crescita culturale del suo pubblico, presuppone "che esista, come punto di partenza, un aggruppamento culturale (in senso lato) più o meno omogeneo, di un certo tipo, di un certo livello e specialmente con un certo orientamento generale e che su tale aggruppamento si voglia far leva per costruire un edificio culturale completo, autarchico, cominciando addirittura dalla... lingua, cioè dal mezzo di espressione e di contatto reciproco."

Esso postula un "indirizzo redazionale [che] dovrebbe essere fortemente organizzato in modo da produrre un lavoro omogeneo intellettualmente."

L'impostazione del giornale o della rivista in questione comporterebbe:

1) l'"esame analitico di opere, fatto dal punto di vista dei lettori della rivista che non possono, generalmente, leggere le opere stesse.

2) "un dizionario enciclopedico politico-scientifico‑filosofico, in questo senso: in ogni fascicolo sono da pubblicarsi una (o più) piccola monografia di carattere enciclopedico su concetti politici, filosofici, scientifici che ricorrono spesso nei giornali e nelle riviste e che il lettore medio difficilmente comprende o addirittura travisa."

3) una "rubrica delle biografie"

4) una rubrica "delle autobiografie politico‑intellettuali"

5) "uno spoglio sistematico di giornali e riviste per la parte che interessa le rubriche fondamentali"

6) "recensioni di libri"

7)  "uno spoglio critico bibliografico, ordinato per argomenti o gruppi di quistioni, della letteratura riguardante gli autori e le quistioni fondamentali per la concezione del mondo che è alla base delle riviste pubblicate

8) un Annuario che  "potrebbe essere dedicato a un solo argomento oppure essere diviso in sezioni e trattare una serie organica di quistioni fondamentali"

9) una sezione dedicata all'informazione scientifica "sia come notiziario scientifico-tecnologico, sia come esposizione critica delle ipotesi e opinioni scientifiche più importanti (la parte igienico‑sanitaria dovrebbe costituire una rubrica a sé)."

Il progetto è indubbiamente affascinante, ma non tiene conto del fatto che un giornale-rivista del genere richiede un pubblico che non solo ha fame di informazioni (e di distrazioni...), ma di sapere, di allargare gli orizzonti della propria coscienza, di nutrirsi di cultura, di partecipare attivamente alla vita del mondo e all'evoluzione storica; un pubblico di parte, ma che non sia fazioso; un pubblico, infine, già in qualche misura critico e acculturato.

La fiducia che Gramsci ha nella cultura come strumento di liberazione dal senso comune, dalle tradizioni, dai pregiudizi, ecc. è assoluta, ma non cieca.

Egli scrive: "È puerile pensare che un «concetto chiaro», opportunamente diffuso, si inserisca nelle diverse coscienze con gli stessi effetti «organizzatori» di chiarezza diffusa: è questo un errore «illuministico»...

Ecco dunque che non basta la premessa della «diffusione organica da un centro omogeneo di un modo di pensare e operare omogeneo». Lo stesso raggio luminoso passando per prismi diversi dà rifrazioni di luce diversa: se si vuole la stessa rifrazione occorre tutta una serie di rettificazioni dei singoli prismi."

I prismi di cui parla Gramsci sono riconducibili ai moduli cognitivi di cui oggi parlano gli psicologici, che oppongono resistenza a nuovi apprendimenti se essi determinano uno stato di dissonanza cognitiva, ma non sono immodificabili.

Il problema, però, non è di ordine cognitivo, "illuministico", ma più profondo.

La realtà è che, tranne poche eccezioni, gli esseri umani, posto che sviluppino nelle fasi evolutive, una determinata visione del mondo, funzionale a promuovere la loro integrazione in esso, tendono inconsapevolmente ad alimentarla e a difenderla adottando, in rapporto al flusso delle informazioni, meccanismi selettivi tali per cui le informazioni che la corroborano vengono acquisite, mentre quella che la pongono in tensione e rischiano di mandarla in crisi (quelle che creano, appunto, uno stato di dissonanza cognitiva) vengono estinte o rimosse.

Tutti i sistemi di valore che l'uomo interiorizza nel corso della fase evolutiva, e che rappresentano l'infrastruttura della personalità, hanno una tendenza inerziale più o meno simile a quella della lingua, che è uno di essi.

Per programmare una nuova cultura, insomma, occorre fare i conti con il "conservatorismo" proprio dell'apparato mentale umano naturalmente orientato piuttosto verso la conservazione della visione del mondo acquisita (per quanto essa sia approssimativa e piena di contraddizioni) che non verso l'apprendimento e il cambiamento.

Tale predisposizione naturale al conservatorismo (che affonda le sue matrici nell'inconscio culturalizzato) rende gli esseri umani facili prede di coloro che hanno interesse a che esso si perpetui.