Si è già accennato al singolare interesse che Gramsci riserva a
Niccolò
Machiavelli. Tale interesse è riferito soprattutto al realismo politico
del Machiavelli, che ha il culto della realtà effettuale, della realtà
concreta, storica, e con il Principe, tenta di analizzare le strategie
attraverso le quali si possa incidere su di essa al fine di raggiungere
gli obiettivi che ci si prefigge. Commisurare i mezzi ai fini e
organizzare una volontà collettiva che li persegua consapevolmente è la
trasposizione contemporanea che Gramsci opera del pensiero del
Machiavelli: trasposizione che comporta la sostituzione del Principe
con il Partito.
Il problema, come già detto, è che il Machiavelli non è affatto un
realista, ma un utopista. Questa di fatto è la critica che gli viene
rivolta, sul piano della contemporaneità, dal Guicciardini.
L'evento storico che Gramsci ricostruisce nel § 3 è, per l'appunto,
espressivo del conflitto tra una visione utopistica - quella del
Machiavelli che, su sollecitazione del Papa, intende avviare
l'unificazione dell'Italia a partire dalla Romagna - e una visione
realistica e scettica - quella del Guicciardini, consapevole del
discredito di cui la Chiesa gode in Romagna e della presenza di un
forte gruppo di ghibellini, dare armi ai quali per indurli a lottare
contro l'Imperatore è un'assurdità.
Al di là dell'evento storico, è la psicologia dei personaggi che
interessa. L'orientamento utopistico del Machiavelli è attestato da un
altro episodio riportato nel Quaderno 14. Machiavelli ha scritto un
trattato minuzioso sull'Arte della guerra, ma, nel momento in cui tenta
di applicare i suoi principi ad una moltitudine di soldati fallisce,
mentre Giovanni delle Bande Nere ci riesce in un batter d'occhio.
Gramsci giustifica Machiavelli facendo presente che egli non era un
militare di professione. Il problema è che non era neppure un politico
di professione, bensì un diplomatico che, estromesso dalla sua carica,
si trasforma in un teorico della politica.
Anche il Guicciardini è un diplomatico, che giunge però a ricoprire
cariche di governo (governatore di Modena, Reggio e Parma; commissario
generale dell'Esercito della Chiesa; Presidente della Romagna). E' un
diplomatico e un politico disincantato, calato nel presente, che non
crede, come il Machiavelli, alla possibilità di sovrapporre regole alla
storia, di orientarla, di dare ad essa degli obiettivi.
Entrambi muovono da un'antropologia sostanzialmente pessimistica, ma il
Machiavelli sovrappone ad essa l'ottimismo della volontà, vale a dire
la convinzione che gli esseri umani possano agire ed incidere
sull'evoluzione della realtà, mentre il Guicciardini è scettico a
riguardo. Egli ritiene che la realtà storica sia determinata da una
serie indefinita di variabili tal che l'agire umano non può andare al
di là di un ragionevole e vantaggioso adattamento: una navigazione a vista, verrebbe da dire..
Utopista il Machiavelli, realista disincantato, e a dire il vero un po' gretto il Guicciardini. Non ci
vuole molto a capire perché Gramsci parteggi per l'uno, e non
manifesti alcuna predilezione per l'altro.
Il problema, attuale ancora oggi, è se il realismo e l'utopia siano
dimensioni antitetiche o non possano essere integrate dialetticamente. Si può insomma vivere ed agire calati nel proprio tempo, senza sovrapporre alla realtà effettuale alcun illusione, e, al tempo stesso, coltivare un orizzonte previsionale che fa riferimento ad un mondo possibile migliore di quello attuale?
Il marxismo non può rinunciare a pensare che questo sia possibile.
Ma ciò significa, né più né meno, riconoscere nella realtà esistente l'oggettivazione di una quota di potenzialità inerenti la natura umana e nell'utopia il riferimento ad altre potenzialità umane, rimaste finora inespresse, che potranno ulteriormente oggettivarsi.
Non è improprio, a questo punto, fare riferimento ad un termine coniato da un biologo evoluzionista, peraltro di formazione marxista se non marxista tout court. Si tratta di S. Y. Gould. Il termine è exaptation. Esso fa riferimento al fatto che, mentre nella cornice dell'ortodossia darwiniana, le potenzialità cerebrali sono state selezionate per il loro significato adattivo originario, nella cornice di Gould il cervello umano è carico di potenzialità ridondanti, vale a dire prodotte dall'evoluzione per puro caso, senza che esse abbiano mai avuto un significato adattivo. Quali siano tali potenzialità è difficile stabilirlo.
La suggestione dell'ipotesi gouldiana è, però, molto elevata per chiunque pensi che se la storia dell'umanità non è destinata ad approdare ad un livello di civiltà superiore, che essa si estingua, con il suo carico di tragedie e di miserie, è l'augurio migliore che si possa fare.