Quaderno 11

Nota di lettura

Il problema della falsa coscienza

Gramsci ha un'acuta consapevolezza, in gran parte intuitiva, dell'insufficienza dell'antropologia marxista per quanto concerne la soggettività individuale.

Egli è lucidissimo nell'affermare che ogni uomo ha una visione del mondo, ed è dunque, lo sappia o no, un filosofo:

"§12 Occorre distruggere il pregiudizio molto diffuso che la filosofia sia un alcunché di molto difficile per il fatto che essa è l’attività intellettuale propria di una determinata categoria di scienziati specialisti o di filosofi professionali e sistematici. Occorre pertanto dimostrare preliminarmente che tutti gli uomini sono «filosofi», definendo i limiti e i caratteri di questa «filosofia spontanea», propria di «tutto il mondo»."

La filosofia spontanea di un singolo individuo è il prodotto dell'appartenenza ad un gruppo familiare (dato che è la famiglia che trasmette ai figli la sua visione del mondo) e ad un gruppo sociale (o classe):

"§ 12 Per la propria concezione del mondo si appartiene sempre a un determinato aggruppamento, e precisamente a quello di tutti gli elementi sociali che condividono uno stesso modo di pensare e di operare. Si è conformisti di un qualche conformismo, si è sempre uomini‑massa o uomini‑collettivi. La quistione è questa: di che tipo storico è il conformismo, l’uomo‑massa di cui si fa parte?"

L'omologazione culturale che, in una qualche misura è inevitabile dato che l'individuo viene al mondo sprovvisto di una visione del mondo, ma non è insormontabile. Essa, almeno per alcuni aspetti, può essere criticata e sormontata:

"§ 12 Criticare la propria concezione del mondo significa dunque renderla unitaria e coerente e innalzarla fino al punto cui è giunto il pensiero mondiale più progredito. Significa quindi anche criticare tutta la filosofia finora esistita, in quanto essa ha lasciato stratificazioni consolidate nella filosofia popolare."

Come si passa dallo stato di coscienza omologato a quello di coscienza critica? Gramsci scrive:

"L’inizio dell’elaborazione critica è la coscienza di quello che è realmente, cioè un «conosci te stesso» come prodotto del processo storico finora svoltosi che ha lasciato in te stesso un’infinità di tracce accolte senza beneficio d’inventario."

E aggiunge:

"Non esiste infatti la filosofia in generale: esistono diverse filosofie o concezioni del mondo e si fa sempre una scelta tra di esse. Come avviene questa scelta? È questa scelta un fatto meramente intellettuale o più complesso? E non avviene spesso che tra il fatto intellettuale e la norma di condotta ci sia contraddizione? Quale sarà allora la reale concezione del mondo: quella logicamente affermata come fatto intellettuale, o quella che risulta dalla reale attività di ciascuno, che è implicita nel suo operare?"

Qui Gramsci intuisce un aspetto molto importante della soggettività (in una certa misura anticipato da Marx): tra quello che l'individuo pensa e quello che fa ci può essere uno scarto più o meno rilevante. Quello che fa, il modo cioè in cui oggettiva il suo essere nel mondo, è più importante di quello che pensa; è di fatto la sua identità:

"§ 65 In ogni personalità c’è una attività dominante e predominante: è in questa che occorre ricercare il suo pensiero, implicito il più delle volte e talvolta in contraddizione con quello espresso ex professo."

Ma com'è possibile che un soggetto non si renda conto di  questa contraddizione? La risposta gramsciana è estremamente interessante:

"§58 1) Ognuno è indulgente con se stesso, perché quando opera non «conformisticamente» conosce il meccanismo delle proprie sensazioni e dei propri giudizi, della catena di cause ed effetti che l’hanno portato ad operare, mentre per gli altri è rigorista, perché non ne conosce la vita interiore"

Da queste notazioni, riesce chiaro che, sia pure intuitivamente, Gramsci avanza fondati sospetti sul funzionamento della coscienza che, oltre ad essere normalmente mistificata culturalmente, lo è anche per motivi che attengono il desiderio del soggetto di coltivare un'immagine di sé che non corrisponde alla realtà, com'essa si ricava dal suo agire nel mondo.

È inutile sottolineare l'importanza di questo problema dal punto di vista politico. Esso, infatti, non solo getta più di un'ombra sulla possibilità che un adulto, culturalmente omologato e dotato di una falsa immagine cosciente di sè, possa raggiungere uno statuto critico. Si dà anche la possibilità che un soggetto, convinto di averlo raggiunto, si illuda al riguardo.

È inutile sottolineare quanto questo problema abbia inciso nella storia sociale del comunismo. Molti soggetti, nel corso del tempo, hanno aderito al comunismo sulla base di un'illuminazione cognitiva (spesso legata solo alla lettura del Manifesto) che ha prodotto la presunzione di avere raggiunto la "verità" riguardo alla storia, alla società, alla vita, agli altri e a se stessi. Tale presunzione è convissuta con orientamenti interiori (spesso inconsci) tradizionalisti, intolleranti, sprezzanti nei confronti dei potenti e della gente comune, con comportamenti pubblici e privati autoritaristici e violenti, ecc.

La falsa coscienza, identificata stereotipicamente con il modo di essere borghese, in realtà è stata sempre parecchio rappresentata nelle file dei comunisti, e ciò ha impedito di identificare in essi i rappresentanti di una civiltà di livello superiore.

Perché questa linea di pensiero non è stata approfondita da Gramsci?

La risposta più semplice fa capo al fatto che dei tre maestri del sospetto - Marx, Nietzsche e Freud - che, sia pure da prospettive e con intenti diversi, hanno gettato dense ombre sul funzionamento della coscienza, Gramsci dà credito solo a Marx, il quale, semplificando un po' le cose, riteneva che la normale alienazione ideologica della coscienza, dovuta all'influenza dell'ambiente e dell'ideologia dominante, fosse facile da sormontare per chi acquisiva l'arma della critica prodotta dalla filosofia marxista.

Gramsci, insomma, è giunto sulla soglia di una teoria della falsa coscienza, solo in parte riconducibile all'influenza ideologica dell'ambiente, ma non riesce a sormontarla perché dovrebbe fare i conti con pensatori (Nietzsche, Freud) che non conosce bene e non ama.