Mass-media

Q3 §83

Il principio di insegnare il giornalismo e di non lasciare che il giornalista si formi da sé attraverso la pratica vitale e si andrà sempre più imponendo, a mano a mano che il giornalismo diventa un’industria complessa e un organismo più responsabile. La quistione in Italia trova i suoi limiti nel fatto che non esistono grandi concentrazioni giornalistiche, per il decentramento della vita nazionale, e che i giornali sono pochi. Il personale giornalistico è scarso e quindi si alimenta normalmente attraverso le sue stesse gradazioni di importanza: i giornali meno importanti servono da scuola per i giornali più importanti e reciprocamente. Un redattore di secondo ordine del "Corriere" diventa direttore o redattore capo di un giornale di provincia; un redattore di primo ordine di un giornale di provincia diventa redattore di secondo ordine di un grande giornale ecc. 

Non esistono in Italia centri come Parigi, Londra, Berlino ecc., che accolgono migliaia di giornalisti, costituenti una vera categoria professionale economicamente importante, e le retribuzioni in Italia, come media, sono molto basse: in Germania poi il numero dei giornali che si pubblicano in tutto il paese è imponente e alla concentrazione di Berlino corrisponde un’ampia stratificazione nazionale. Mi pare che, per certi tipi di giornale, il problema deve essere risolto nella stessa redazione, trasformando le riunioni periodiche redazionali in scuola organica di giornalismo, ad assistere alle cui lezioni dovrebbero essere invitati estranei: giovani e studenti, fino ad assumere il carattere di vere scuole politico-giornalistiche, con lezioni generali (di storia, di economia, di diritto costituzionale ecc.) affidati a estranei competenti ma che sappiano investirsi dei bisogni del giornale. Ogni redattore del giornale, fino ai reporters, dovrebbe essere messo in grado di fare tutte le parti del giornale, così come, subito, ogni redattore dovrebbe diventare un reporter, cioè dare tutta la sua vita al giornale, ecc.

 

Q6 §58

Storia del giornalismo italiano. [...] Un quotidiano ben fatto e che tenda a introdursi attraverso i supplementi anche dove difficilmente penetrerebbe come quotidiano dovrebbe avere una serie di supplementi mensili, di formato diverso da quello del quotidiano ma col titolo del quotidiano seguito dalla speciale materia che vuole trattare. I supplementi principali dovrebbero essere almeno: 

1) letterario, 

2) economico industriale sindacale, 

3) agricolo. 

Nel letterario dovrebbe essere trattata anche la filosofia, l’arte, il teatro. Il più difficile da farsi è quello agrario: tecnico-agrario o politico agrario per i contadini più intelligenti? Questo secondo tipo dovrebbe avvicinarsi a un settimanale politico, cioè riassumere tutta la politica della settimana e in più avere una parte specificatamente agricola (non del tipo della "Domenica dell’Agricoltore"): sarebbe agricolo solo nel senso principale che è destinato ai contadini che non leggono i quotidiani, quindi tipo "Amico delle famiglie" più parte tecnica agricola più popolare. Supplemento sportivo ecc. Il supplemento letterario dovrebbe avere anche la parte scolastica, ecc. Tutto di diverso formato, secondo il contenuto, e mensili. (Il letterario come l’"Ordine Nuovo" settimanale ecc., agrario come "Amico delle famiglie", economico come "Times" letterario ecc.).

 

Q6 §29

È da notare come in Italia il concetto di cultura sia prettamente libresco: i giornali letterari si occupano di libri o di chi scrive libri. Articoli di impressioni sulla vita collettiva, sui modi di pensare, sui "segni del tempo", sulle modificazioni che avvengono nei costumi, ecc., non se ne leggono mai.

 

Q6 §120

Le riviste di per sé sono sterili, se non diventano la forza motrice e formatrice di istituzioni culturali a tipo associativo di massa, cioè non a quadri chiusi. Ciò deve dirsi anche per le riviste di partito; non bisogna credere che il partito costituisca di per sé l’"istituzione" culturale di massa della rivista. Il partito è essenzialmente politico e anche la sua attività culturale è attività di politica culturale: le "istituzioni" culturali devono essere non solo di "politica culturale", ma di "tecnica culturale". Esempio: in un partito ci sono degli analfabeti e la politica culturale del partito è la lotta contro l’analfabetismo. 

Un gruppo per la lotta contro l’analfabetismo non è ancora precisamente una "scuola per analfabeti"; in una scuola per analfabeti si insegna a leggere e a scrivere; in un gruppo per la lotta contro l’analfabetismo si predispongono tutti i mezzi più efficaci per estirpare l’analfabetismo dalle grandi masse della popolazione di un paese, ecc.

 

Q8 §57

Individualmente nessuno può seguire tutta la letteratura pubblicata su un gruppo di argomenti e neanche su un solo argomento. Il servizio di informazione critica, per un pubblico di mediocre cultura o che si inizia alla vita culturale, di tutte le pubblicazioni sul gruppo di argomenti che più lo possono interessare, è un servizio d’obbligo. Come i governanti hanno una segreteria o un ufficio stampa che periodicamente o quotidianamente li tengono informati di tutto ciò che si pubblica per loro indispensabile da sapere, così una rivista fa per il suo pubblico. Fisserà il suo compito, lo limiterà, ma questo sarà il suo compito: ciò domanda però che si dia un corpo organico e completo di informazioni: limitato, ma organico e completo.

Le recensioni non devono essere casuali e saltuarie, ma sistematiche, e non possono non essere accompagnate da "rassegne riassuntive" retrospettive sugli argomenti più essenziali. Una rivista, come un giornale, come un libro, come qualsiasi altro modo di espressione didattica che sia predisposto avendo di mira una determinata media di lettori, ascoltatori ecc., di pubblico, non può accontentare tutti nella stessa misura, essere ugualmente utile a tutti ecc.: l’importante è che sia uno stimolo per tutti, poiché nessuna pubblicazione può sostituire il cervello pensante o determinare ex novo interessi intellettuali e scientifici dove esiste solo interesse per le chiacchiere da caffè o si pensa che si vive per divertirsi e passarsela buona. 

Perciò non bisogna turbarsi della molteplicità delle critiche: anzi la molteplicità delle critiche è la prova che si è sulla buona strada; quando invece il motivo di critica è unico, occorre riflettere: 1) perché può trattarsi di una deficienza reale, 2) perché ci si può essere sbagliati sulla "media" dei lettori ai quali ci si riferisce, e quindi si lavora a vuoto, "per l’eternità".